indulto (sostantivo)

[sec. XV; dal latino tardo indultum]. Provvedimento di clemenza concesso con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale (art. 79 della Costituzione, così sostituito dalla legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1). Ha carattere generale (e non particolare, come la grazia) e fa venir meno l'effetto di una condanna, col condono della pena o la diminuzione di essa, senza estinguere (come avviene per l'amnistia) il reato. Dopo anni di acceso dibattito, che ha coinvolto la politica e l'intera società, il 1° agosto 2006 è entrata in vigore la legge di concessione dell'indulto 31 luglio 2006, n. 241, la prima dalla riforma costituzionale del 1992. Il provvedimento riguarda tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006, puniti entro i tre anni di pena detentiva e con pene pecuniarie non superiori a 10.000 euro, sole o congiunte a pene detentive (non si applica, tuttavia, a reati quali l'associazione mafiosa, la strage, il sequestro di persona, la prostituzione e pornografia minorile, il traffico di droga ecc.). Il beneficio è revocato se chi ne ha usufruito commette entro cinque anni un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.§ Nel diritto canonico si definisce indulto ogni specie di provvedimento di grazia della Santa Sede, recante una dispensa del diritto comune, sotto forma di bolla o, più sovente, di breve. La concessione degli indulti è frequente nella prassi della Curia Romana. Nei tempi passati il termine significava in modo particolare certi privilegi accordati ai principi in materia di nomina ai benefici, di feste di precetto e come deroga all'astinenza e al digiuno o ad altre leggi ecclesiastiche.

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