ippopòtamo

Indice

Lessico

sm. [sec. XIV; dal greco hippopótamos, propr. cavallo di fiume]. Nome comune delle due specie di Artiodattili della famiglia degli Ippopotamidi, l'ippopotamo comune o anfibio (Hippopotamus amphibius) e l'ippopotamo nano (Choeropsis liberiensis), entrambi esclusivi dell'Africa. Nel linguaggio comune, con riferimento alla mole e alla lentezza di movimenti dell'animale, è usato, in senso fig. e in similitudine per indicare persona rozza, pesante, sgraziata. Nell'antico Egitto l'ippopotamo era considerato animale nocivo e tifonico, connesso con il dio nemico Seth che, sotto le spoglie di un ippopotamo, viene trafitto da Horus con l'arpione. L'ippopotamo femmina è simbolo di fecondità e una dea ippopotamo Tauret (Toeri) è paredra di Bes e patrona delle partorienti.

Zoologia

L'ippopotamo comune, che vive nell'Africa a S del Sahara, ha corporatura massiccia, con tronco voluminoso, sostenuto da arti grossi e corti. Lungo fino a 4,20 m, è alto 1,60 m e può pesare sino a 3,2 t. Il capo è caratteristico per la larghezza del muso e per la posizione “periscopica” degli occhi, degli orecchi e delle narici. Gli arti sono muniti di 4 dita riunite da membrana; i denti sono 38, con gli incisivi e i canini a crescita continua: i canini inferiori, ricurvi di lato, possono raggiungere anche la lunghezza di 1 m, radice compresa, e pesare oltre 3 kg. L'avorio di questi denti è più duro di quello delle zanne dell'elefante. L'ippopotamo ha uno stomaco enorme, diviso in 3 parti e la cui grande curvatura misura ben 4 m di lunghezza; l'intestino è lungo 50-60 metri. L'ippopotamo può raggiungere i 40-50 anni d'età. L'ippopotamo nano, specie assai rara, ha mole molto inferiore, con tronco anch'esso molto voluminoso, è lungo 1,50-1,75 m, alto alle spalle sino a 1 m al massimo; pesa sino a 275 kg. Vive nelle foreste costiere di alcune zone dell'Africa occidentale nelle vicinanze dei corsi d'acqua. Notturno e solitario, ha un solo piccolo per parto, che nasce a terra.

Etologia

L'ippopotamo anfibio trascorre gran parte della giornata immerso nell'acqua di fiumi e laghi. Occasionalmente, discendendo il corso dei fiumi, penetra in mare. Predilige le acque limpide, ma talvolta ama rotolarsi nel fango delle pozze. L'acqua è, per l'ippopotamo, indispensabile alla termoregolazione in quanto, al contrario di altri animali pure di grandi dimensioni, egli non possiede sistemi fisiologici per eliminare l'eccesso di calore eventualmente immagazzinato. Le secrezioni della pelle, analoghe al nostro sudore ma di colore sanguigno (si dice che l'ippopotamo sudi sangue), che sono prodotte durante i brevi periodi in cui l'animale si espone al sole, non sono sufficienti a rinfrescare l'organismo se non per un breve tempo. All'ambiente acquatico l'ippopotamo è adattato egregiamente: la posizione degli occhi, delle orecchie e delle narici sulla parte più alta del capo e del muso permette all'animale di restare quasi completamente immerso continuando a respirare e mantenendo il controllo sensoriale dell'ambiente circostante. Ma, costretto talvolta all'immersione totale dalla presenza di predatori, mostra adattamenti altrettanto validi alla permanenza sott'acqua di quelli di altri animali acquatici, come le lontre, le foche, i coccodrilli, ecc.: i condotti nasali e uditivi, infatti, possono essere chiusi da particolari muscoli costrittori e l'ippopotamo può restare in apnea fino a quasi mezz'ora, anche se in situazioni normali non supera i pochi minuti. Le zampe palmate sono validi strumenti sia per nuotare sia per camminare sulle rive o sui fondi fangosi delle pozze. L'ippopotamo dorme sul fondo, salendo a respirare periodicamente senza neanche svegliarsi. In acqua, l'ippopotamo è perfettamente capace di evoluire, di camminare sul fondo, di galleggiare, ecc. Il periodo diurno di immersione è per lui essenzialmente di riposo; l'alimentazione, l'attività principale, si svolge di notte a terra, sulle praterie che costeggiano l'acqua o in luoghi lontani dall'acqua anche parecchi chilometri. Il nutrimento dell'ippopotamo è costituito in gran parte da piante erbacee, ma anche da radici scavate nella terra morbida. Gli spostamenti fra l'acqua e il pascolo, e viceversa, sono compiuti lungo percorsi fissi, sentieri aperti dall'animale stesso, attraverso la fitta vegetazione prossima all'acqua, e che, spesso, sono le uniche vie di accesso all'acqua anche per molti altri animali. L'ippopotamo anfibio vive in branchi che contano da pochi a un centinaio di individui. I branchi sono suddivisi in branchi minori, formati rispettivamente: dalle femmine con i piccoli ancora non svezzati; dalle femmine non madri e dai giovani di ambedue i sessi; e dai maschi adulti, che si dispongono a circondare i primi due. I maschi adulti sono territoriali e difendono dall'invasione di altri ippopotami superfici che contengono sia una parte di acqua sia una di terra, adiacenti le une alle altre, incluso il sentiero per transitare da una all'altra. Fra i maschi vige una sorta di ordinamento gerarchico per cui i più forti, in acqua, possono avvicinarsi maggiormente alle femmine e, di conseguenza, possono accedere a esse più facilmente nella stagione dell'estro. A terra, i confini territoriali e il sentiero sono marcati con mucchi di escrementi, depositati in punti in cui sono facilmente visibili. Una sorta di territorialità collettiva esiste anche nei gruppi di giovani o di femmine. Gli invasori dei confini sono subito identificati e scacciati. Perfino i maschi adulti possono sostare nei territori collettivi solo se assumono atteggiamenti di sottomissione, generalmente sdraiandosi a terra, altrimenti vengono attaccati da parecchi membri del gruppo e costretti alla fuga. Anche i maschi non più giovani che intraprendono la conquista di un'area territoriale vengono spesso attaccati dai maschi adulti che già ne possiedono una. La grande bocca dell'ippopotamo, dai denti assai lunghi, è un'arma da combattimento impiegata nelle lotte territoriali. Prima della lotta vera e propria gli ippopotami, come in genere molti animali, minacciano i rivali, spalancando al loro indirizzo la bocca come in una sorta di smisurato sbadiglio. La carica, in genere arrestata prima del contatto, è un'altra forma comune di intimidazione. La resa viene comunicata abbassando il capo, oppure il contendente, deciso ad accettare il confronto, minaccia a sua volta. I due si scambiano morsi sul collo o sulle zampe, che talvolta menomano gravemente l'avversario e, seppure raramente, possono portarlo a morte. I vincitori hanno più facile accesso alle femmine, con le quali, nel periodo degli amori, convivono nel proprio territorio. Alcuni ippopotami si mostrano aggressivi anche con le loro compagne e la stabilità delle coppie si basa sul grado di tolleranza reciproca dei partner. L'accoppiamento avviene in acqua e, successivamente, i due partner tendono a frequentarsi sempre meno, fino a che la femmina, prossima al parto, si riunisce al gruppo delle femmine. I piccoli, normalmente 1 per parto, raramente 2, sono partoriti in acqua dopo una gravidanza di 230-240 giorni e, quasi subito, sono capaci di nuotare, camminare e succhiare. La madre si tiene sempre in loro prossimità e non permette ad alcun individuo di avvicinarli. I pericoli maggiori, per i piccoli, sono rappresentati dai grandi predatori, come leoni e coccodrilli, tuttavia tenuti agevolmente a bada dagli adulti; dal disseccamento della pelle, meno frequente nella stagione delle piogge, ed eventualmente dall'eccessivo affollamento, intorno a essi, di adulti che, inavvertitamente, possono schiacciarli. I piccoli si tengono sempre a stretto contatto con le madri fino all'età di alcuni anni, gli ultimi nati sempre più vicini dei più grandicelli, sia sulla terra sia in acqua. Nei gruppi di femmine, i piccoli sono curati collettivamente, sicché le madri possono a turno allontanarsi per mangiare. Con la crescita, i rapporti dei figli con le madri si allentano progressivamente, fino a che essi entreranno nella comunità dei giovani, nella quale il gioco, che comprende evoluzioni nell'acqua e, fra i maschi, la lotta, rappresentano le attività principali. Alcuni pesci e uccelli sono simbionti dell'ippopotamo. Dei primi, alcuni si nutrono degli escrementi abbandonati in acqua, mentre altri si affollano intorno ai grandi corpi in cerca di alghe, detriti e parassiti che vi aderiscono, praticando un'accurata pulizia di tutta la pelle, incluse le parti intorno alle narici, agli occhi e alle orecchie. Sulle schiene semiemerse degli ippopotami usano sostare diverse specie di uccelli, per riposarsi o praticare una ricerca di parassiti e di altro cibo rimasto intrappolato nelle alghe aderenti alla pelle. Oggetto di studio è la comunicazione tra gli individui, che si avvale di un certo numero di suoni, prodotti sott'acqua con il naso, e che hanno elementi in comune con quelli emessi da alcuni Cetacei.

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