isoniazide

sf. [da isoni(cotinico)+(idr)azide]. Farmaco antitubercolare di sintesi derivato idrazidico dell'acido isonicotinico. La sua azione è elevata sui ceppi tubercolari umani, minore su quelli della TBC bovina, quasi nulla sui ceppi della tubercolosi aviaria. L'isoniazide possiede un'elevata affinità per i metalli pesanti, specie per il ferro e per il rame. Si ritiene che nei germi sensibili il farmaco si combini con particolari metallo-proteine endocellulari con funzione enzimatica, bloccando reazioni metaboliche essenziali per la vita e la riproduzione batterica. L'isoniazide svolge molteplici azioni anche sull'organismo ospite: a livello cerebrale blocca l'attività dell'enzima mono-amminossidasi, con perturbazioni del metabolismo delle catecolammine; a tale effetto si possono associare eccitazione psichica, euforia, alterazioni della memoria, disturbi a carattere maniacale. A parte l'azione psicofarmacologica, l'isoniazide possiede una non trascurabile tossicità sulle strutture nervose periferiche (polineuriti), sul fegato (ittero, steatosi, insufficienza epatica), sul tubo digerente (nausea, vomito, diarrea). In seguito a somministrazione prolungata si osservano talora fenomeni di disvitaminosi. Allo scopo di ridurre la tossicità di questo farmaco, che spesso è prezioso nel trattamento della tubercolosi, sono stati studiati e introdotti in commercio alcuni derivati (quali la gliconiazide, l'amiloniazide, il metan-solfonato calcico di isoniazide), meno tossici dell'isoniazide, ma che risultano meno efficaci.

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