legazìa

sf. [da legato]. Ufficio di legato. In particolare, legazia apostolica, prerogativa accordata al conte di Sicilia Ruggero I, con la bolla Qui prudentiam, da papa Urbano II, di non inviare nelle terre di Calabria e di Sicilia, senza il suo consenso, legati a latere e di assegnare al conte le mansioni affidate a costoro. Inoltre nessun vescovo poteva allontanarsi dallo Stato senza il consenso di Ruggero. Confermata da Pasquale II nel 1117, la legazia diede luogo a conflitti tra Chiesa e Stato, la prima cercando di ridurre quanto aveva concesso, il secondo tendendo ad applicarla nei più vasti limiti possibili. E così la legazia fu operante quando lo Stato fu forte, con Guglielmo I di Altavilla, Federico II di Svevia e con gli Aragonesi; ben poco quando lo Stato fu debole, con Tancredi, durante la minore età di Federico II e con gli Angioini. Gli Spagnoli con Filippo II (1579) rafforzarono il potere statale abolendo il diritto degli ecclesiastici di appellarsi a Roma e istituendo il Tribunale Regio. Abolita da papa Clemente XI nel 1715, approfittando della precaria posizione in Sicilia di Vittorio Amedeo II di Savoia, essa fu ripristinata sotto Carlo d'Asburgo nel 1728. Venne soppressa dalla Chiesa nel 1864 e dallo Stato italiano nel 1871 con la legge delle Guarentigie.

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