Lessico

sm. [sec. XIV; latino volg. levítum, per il classico levātum, da levāre, lievitare].

1) Specie fungina costituita da individui microscopici unicellulari, capaci di moltiplicarsi per gemmazione e dotati, grazie alla presenza di particolari enzimi, di attività biochimiche quali la fermentazione e l'ossidazione.

2) Fig., ciò che stimola o intensifica uno stato d'animo; causa di fermento e di agitazione: l'ingiustizia è il lievito della discordia.

Biologia: classificazione e caratteristiche

Nel loro insieme i lieviti costituiscono un gruppo eterogeneo, per cui non rappresentano una categoria sistematica definita. Se ne distinguono due gruppi: i lieviti sporigeni (o ascosporei), rappresentati principalmente dai Saccaromiceti, produttori di ascospore; e i lieviti asporigeni (o anascosporei) dei quali non si conosce la forma sessuata e che si possono includere nei Deuteromiceti. I primi comprendono la maggior parte dei lieviti di interesse pratico o industriale (lieviti veri o perfetti); i secondi, nella maggior parte dei casi, sono privi di attività fermentative, ma talvolta interessano il campo medico (Candida). Le cellule dei lieviti sono caratterizzate da una morfologia molto diversificata: hanno forma rotondeggiante (Torulaspora rosei), subsferica (Saccharomyces cerevisiae), ellittica (Saccharomyces ellipsoideus), allungata (Schizosaccharomyces), dimensioni variabili tra i 2 e i 40 micron e colorazioni tra le più diverse. Caratteristiche dei lieviti sono la capacità di svilupparsi su una grande quantità di substrati differenti e la velocità di riproduzione in presenza di idonee condizioni di sviluppo (temperatura, luce, nutrimento). Sulla capacità dei lieviti di fermentare gli zuccheri fino alla produzione di alcol e di anidride carbonica si basa la loro utilizzazione in diversi settori dell'industria alimentare: in particolare, nell'ambito del settore enologico (Saccharomyces cerevisiae e ellipsoideus, Saccharomyces oviformis, Saccharomyces bayanus, Kloeckera magna e Kloeckera apiculata), nel settore della birra (Saccharomyces cerevisiae e Saccharomyces carlsbergensis) e in quello della panificazione (Saccharomyces cerevisiae). I lieviti naturalmente presenti sugli acini d'uva durante la pigiatura passano nel mosto, avviando i processi di fermentazione che portano alla produzione del vino: in questa fase è possibile, controllando appositamente alcuni fattori operativi (temperatura, antifermentativi, chiarificanti) o impiegando specifici ceppi di lieviti selezionati, indurre delle modifiche nella composizione dell'aroma finale del vino, favorendo lo sviluppo di sostanze (i prodotti secondari della fermentazione) responsabili del bouquet e del profumo caratteristico.

Tecnica: impiego dei lieviti

Nell'ambito della panificazione l'impiego del lievito naturale o di quello industriale comporta delle differenze sia nella tecnologia adottata sia nelle caratteristiche organolettiche finali del prodotto. La lievitazione naturale, infatti, ha una maggiore durata e consente l'azione degli enzimi proteolitici che arricchiscono quindi il prodotto di sostanze azotate quali gli amminoacidi, con conseguente aumento sia della digeribilità sia delle caratteristiche finali di fragranza e appetibilità; sono soprattutto alcuni amminoacidi (lisina, prolina, valina) che, durante la cottura realizzano, reagendo col glucosio, la formazione di sostanze responsabili del profumo e del sapore del prodotto. I prodotti da forno ottenuti tramite l'impiego del lievito naturale godono anche di una maggiore serbevolezza (la maggiore acidità dell'impasto riduce lo sviluppo delle muffe) e di un'alveolatura più regolare dovuta a una più lenta produzione di anidride carbonica durante la fermentazione. Di contro, l'impiego del lievito industriale consente un più rapido e regolare svolgimento del processo di fermentazione e una maggiore uniformità delle caratteristiche dei prodotti. Da citare, infine, le possibilità d'impiego dei lieviti (generi Candida e Torula) a scopo alimentare diretto, soprattutto in funzione del loro elevato tenore proteico: adottando appositi substrati artificiali (prevalentemente costituiti da residui vegetali provenienti da varie lavorazioni o da idrocarburi) che forniscano la sostanza organica necessaria, i lieviti vengono fatti sviluppare in appositi reattori, che consentono di controllare e modificare le condizioni operative (temperatura, pH, ossigeno) più idonee per l'accrescimento e lo sviluppo. Il prodotto ottenuto (dopo centrifugazione, lavaggio, ed essiccazione) può essere destinato all'alimentazione animale e umana, nonostante alcune controversie riguardo la presenza di sostanze nocive per quelle colture sviluppatesi su substrati di origine petrolifera.

Classificazione: lievito di birra

Coltura opportunamente purificata di Saccaromyces cerevisiae; viene utilizzato nella produzione della birra, nella panificazione e nella produzione di paste alimentari. Contiene un complesso enzimatico, detto zimasi, che scinde i monosaccaridi e i disaccaridi con formazione di alcol e di anidride carbonica (fermentazione alcolica). Viene utilizzato anche per curare diverse malattie della pelle e dell'apparato gastro-intestinale.

Classificazione: lievito minerale

Miscela di opportuni composti chimici, come bicarbonato di sodio e acido tartarico, impiegata nella preparazione di prodotti di panificazione per migliorarne la sofficità e porosità grazie alla liberazione di biossido di carbonio.

Classificazione: lievito naturale

Impasto di farina nel quale per la moltiplicazione della microflora spontanea presente si formano colture di lieviti tali da indurre una rapida fermentazione in un nuovo impasto per semplice aggiunta.

Classificazione: lievito pressato o compresso

Colture di Saccaromiceti ottenute con tecniche particolari su scala industriale, messe in commercio dopo filtrazione e centrifugazione in blocchi al 30% ca. di sostanza secca o anche in polvere.

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