Definizione

sf. [sec. XIV; da locare]. Contratto mediante il quale una parte (locatore) concede a un'altra (locatario, conduttore o inquilino) il godimento di una cosa mobile o immobile contro il pagamento di un canone. Comune, il dare o prendere in godimento un bene mediante tale contratto: locazione di un appartamento, di un negozio; quota di locazione.

Diritto romano

Locazione-conduzione era un contratto consensuale, iuris gentium, mediante il quale un soggetto, locatore, metteva a disposizione di un altro, conduttore, un bene, affinché questi se ne servisse per un certo tempo o ne facesse oggetto di lavorazione o trasformazione. Nel concetto di locatio romana rientrano varie figure, diversamente inquadrate nella moderna sistematica. Infatti, accanto alla locatio rei, che corrisponde all'attuale locazione, si parla, nelle fonti romane, di locatio operum, in pratica un contratto di lavoro, in cui il bene locato era l'attività manuale del locatore, e di locatio operis faciendi, corrispondente a una pluralità di figure che, in termini moderni, si potrebbe chiamare contratto d'opera, d'appalto, di trasporto. Nell'ultimo caso, il corrispettivo, a differenza dei primi due, era pagato dal locatore, anziché dal conduttore, e cioè dal soggetto che riceveva il vantaggio dall'utilizzazione della cosa.

Diritto civile

La dottrina vigente ha definito la locazione un contratto tipico (cioè espressamente regolato dalla legge), a titolo oneroso e con carattere di durata. Data la sua notevole diffusione, il Codice Civile disciplina questo tipo di contratto partitamente, dedicandogli 84 articoli (dal 1571 al 1654). La forma della locazione non è solenne e non è richiesto, per la sua validità, l'atto scritto, potendosi validamente concludere il contratto anche oralmente. La forma scritta è obbligatoria solo per i contratti di durata superiore ai nove anni, per i quali è necessaria anche la trascrizione ai Registri Immobiliari. Deroga a tale principio la legge 9 dicembre 1998, n. 431, sulla locazione di immobili adibiti a uso abitativo, in base alla quale per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta. Oggetto della locazione è il godimento e l'uso della cosa locata. I limiti dell'utilizzazione variano secondo la destinazione contrattuale: vi sarà quindi l'uso per abitazione, per ufficio, per esercizio commerciale, ecc. La durata del contratto è fissata dal Codice (art. 1573) nel tempo massimo di trent'anni, essendo nulla qualsiasi pattuizione per un periodo superiore. Le principali obbligazioni e i corrispettivi diritti per le parti sono: A) per il locatore, consegna al conduttore della cosa locata in buono stato di manutenzione, esente da vizi o difetti (salvo quelli già conosciuti dal conduttore o di facile riconoscibilità) e munita degli accessori che normalmente l'accompagnano; mantenimento della cosa locata in modo che possa servire all'uso convenuto, eseguendo cioè le riparazioni necessarie, escluse quelle di piccola manutenzione o conseguenti a guasti prodotti dal conduttore, dai suoi familiari o dipendenti; dove si tratti di riparazioni urgenti e indifferibili il conduttore può eseguirle direttamente, a spese del locatore, purché dia a questi immediato avviso; il locatore, infine, deve far godere pacificamente la cosa data in locazione al conduttore, evitandogli molestie, sia proprie sia di terzi, e astenendosi dal compiere innovazioni che possano diminuire da parte del conduttore il godimento. B) Per il conduttore, la presa in consegna del bene locato e il custodirlo con diligenza; pagamento regolare alle date pattuite del corrispettivo della locazione; godimento della cosa, senza oltrepassare i limiti contrattuali (per esempio adibendola a uso diverso da quello pattuito o sublocandola contro la volontà del locatore); restituzione, infine, al locatore della cosa al termine del contratto, nello stesso stato, salvo il normale deperimento d'uso, in cui la ricevette. Integrano le norme del Codice Civile le disposizioni previste dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, conosciuta come legge sull'equo canone, il decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, meglio nota come disciplina dei patti in deroga e la legge 9 dicembre 1998, n. 431, che riforma la regolamentazione della locazione e del rilascio degli immobili adibiti a uso abitativo (per tutto ciò che riguarda tale istituto v. equo). La riforma delle locazioni si è arricchita sul finire del Novecento di alcuni nuovi tasselli che si innestano nella riforma del 1998, attuata con la legge 9 dicembre 1998, n. 431. La prima novità è costituita dall'anticipo, al periodo di imposta 1999, della detrazione ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, che viene riconosciuta ai conduttori di immobili utilizzati come abitazione principale. A ciò si è provveduto con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 327, che rapporta la detrazione spettante al periodo di durata del contratto di locazione; conseguentemente il conduttore decade dal diritto di fruire della detrazione per tutto il periodo in cui non adibisca l'immobile ad abitazione principale. Si è fatto ancora una volta ricorso alla leva fiscale per cercare di far decollare un mercato, come quello degli affitti, che, anche con la nuova riforma, non ha trovato una normativa che fosse satisfattiva in modo pieno delle contrapposte esigenze di proprietari e inquilini. La detrazione di imposta riconosciuta dal decreto n. 327 suddetto è infatti riservata ai soli conduttori con contratto a canone cosiddetto convenzionato. La legge delega 431 del 9 dicembre 1998, non faceva tra l'altro alcuna riserva su questo tipo di agevolazione. La misura della detrazione è rapportata al reddito complessivo del conduttore e non è prevista nel caso di redditi superiori ai sessanta milioni di lire. Altra novità è l'approvazione della convenzione nazionale con la quale sono stati individuati i criteri generali, che costituiscono la base per la realizzazione di appositi accordi da predisporre in sede locale ai fini della definizione dei canoni di locazione. Conclusa nel febbraio del 1999, i criteri in essa previsti sono stati formalizzati con il decreto ministeriale 5 marzo 1999; a livello locale vengono previste aree omogenee determinate attraverso vari parametri quali il valore di mercato, la dotazione infrastrutturale (trasporti pubblici, aree verdi, servizi scolastici, attrezzature commerciali, ecc.), i tipi di costruzione, evidenziando zone di particolare pregio o di degrado. Nella definizione del canone effettivo si terrà perciò conto della tipologia dell'immobile, dello stato di manutenzione, delle pertinenze, degli spazi comuni e della dotazione di servizi tecnici. Tale canone oscillerà dunque tra un valore minimo e massimo determinato alla luce dei criteri suddetti. Norme particolari sono inoltre previste per quanto riguarda gli sfratti.

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