Lessico

sm. [sec. XIII; dal latino canonnis, che risale al greco kanon-ónos, propr. canna, regolo].

1) Regola, norma fondamentale, criterio da seguire in un dato ramo di attività: canone letterario, canone artistico, estetico, ecc.; obbedire ai nuovi canoni della moda; attenersi al canone della morale comune.

2) Serie di modelli in cui si trova più compiutamente realizzata l'esigenza espressa da una certa regola. In particolare: A) Elenco di autori e opere proposti come esempi di riferimento e oggetto d'imitazione per un genere letterario, uno stile, una scuola, ecc. B) Raccolta normativa degli scritti ispirati. Per l'Antico Testamento ne conosciamo due: quello palestinese, stabilito dal sinodo rabbinico di Jamnia verso la fine del sec. I d. C., e quello alessandrino, di cui non conosciamo alcuna sanzione ufficiale, ma attestato dalla versione greca dei Settanta e diffuso specialmente tra il giudaesimo d'Alessandria d'Egitto e della diaspora. Dato l'uso fatto della versione greca da parte della Chiesa primitiva, anche il canone alessandrino divenne ben presto normativo nella Chiesa. Per il Nuovo Testamento la formazione completa del canone (27 libri) si ebbe solo nel sec. IV (sinodi di Roma, 382, e d'Africa, 393, 397, 419). Per la classificazione e l'elenco dei Libri Sacri contenuti nel canone, vedi Bibbia.

3) In diritto canonico il termine servì per indicare le norme relative alla fede e alla disciplina della Chiesa, fissate dai concili sia ecumenici sia particolari, a partire dal sec. IV. Per estensione fu poi usato anche per le altre norme giuridiche della Chiesa universale, emanate dai pontefici (epistulae decretales) o dall'autorità dottrinale dei Padri o scrittori ecclesiastici dei primi sei o sette secoli (sententiae Patrum), sicché diritto canonico si disse il complesso di tali norme. Al Concilio di Trento (1545-63) il termine canone fu riservato alle decisioni teologico-dogmatiche, mentre per quelle disciplinari fu usato il nome di decreti. Il Codex iuris canonici del 1917 usava nuovamente il termine canone per indicare i singoli articoli che lo componevano.

4) Per estensione, prestazione periodica e costante dovuta a una persona fisica o giuridica in corrispondenza al godimento di una cosa o comunque al vantaggio che da essa se ne trae. Tale rapporto costituisce un vincolo reale (vedi anche enfiteusi e rendita). In base alla sua periodicità, il termine canone è usato anche nel contratto di locazione e di affitto, per i servizi di gas, luce e telefono, per i depositi onerosi, per l'abbonamento alla televisione e ai giornali. Il canone è pagabile in denaro, in derrate o in altri beni fungibili, in alcuni casi. Il versamento avviene annualmente o ad altre scadenze minori. In particolare, canone di leasing, che rappresenta il costo per l'utilizzo di un fattore produttivo acquisito mediante il contratto di leasing che consente, oltre che l'impiego del bene per un certo periodo di tempo predeterminato, la facoltà di riscatto, ossia la possibilità di acquisire il bene alla scadenza contrattuale dietro pagamento di una somma prestabilita.

5) Nella liturgia della Messa, il canone ne costituisce la parte centrale, essenziale e invariabile. Preceduto dal prefazio, che termina con il triplice “Santo”, il canone ha il suo centro (intorno al quale si raccolgono le preghiere d'intercessione per i vivi e per i morti, nonché le richieste a Dio di accettare l'offerta) nelle parole della consacrazione degli elementi eucaristici. Il canone si chiude con la dossologia finale.

6) Nella poesia liturgica bizantina, tipo di composizione cantata costituita di solito da 9 odi, ciascuna di 3, 4 o 6 tropari, di uguale struttura ritmica. La strofe modello è detta irmòs; tutte le odi, sovente collegate fra loro dall'acrostico, sono cantate sullo stesso tono. Principali autori di canoni sono Andrea di Creta, S. Giovanni Damasceno, Cosma Gerosolimitano, Teodoro Studita, Giuseppe l'Innografo.

Arte

Nella terminologia artistica, la parola va intesa nel senso di norma modello. Nel mondo greco il canone era in origine empirico, basato cioè sulla natura o sull'esperienza. Nel sec. V a. C., con Policleto, si ha la razionalizzazione del canone per la scultura per cui la simmetria del corpo umano corrisponderebbe a sette volte e mezza l'altezza delle testa. Policleto fu autore di un trattato sul canone e di una statua che lo illustrava, il Doriforo, e il suo canone non sembra più basato sulla testa o sul piede, ma sul dito della figura. Con l'ellenismo, il concetto di canone viene a mutare sia presso gli scultori sia presso gli architetti, anche in relazione ai valori ottici e alla visione prospettica (vedi proporzione).

Filosofia

Il termine è particolarmente significativo in quella epicurea e in quella kantiana. Secondo Epicuro, i canoni sono gli elementi della logica (o canonica), scienza che ricerca il particolare muovendo da un'intuizione della totalità. Secondo Kant, il canone è il criterio, fondato a priori, in base al quale è possibile un retto uso “di certi poteri della conoscenza in generale”. Tale è, per esempio, il potere della ragione di produrre “idee” che trascendono l'esperienza: compito del canone sarà quello di mostrarne il retto uso nel campo della morale.

Letteratura

Indica l'insieme delle norme cui una composizione artistica deve conformarsi per realizzare un'armoniosa e proporzionata creazione. Conseguentemente le opere stesse che le teorizzano, gli scrittori e le opere che più perfettamente realizzarono quei modelli normativi. Opera canonica per eccellenza fu la Poetica di Aristotele, poi l'Ars poetica di Orazio, le Artes dictandi medievali, le Leys d'amour (inizio sec. XIV), il De vulgari eloquentia di Dante e i trattati degli interpreti cinquecenteschi di Aristotele, da quello di Robortello a quello di L. Castelvetro. Anche l'età romantica, così insofferente d'ogni normatività estetica, ebbe i suoi scrittori canonici, Dante, Shakespeare, che sostituirono quelli dell'ordine classicistico in cui figuravano Omero, Virgilio, Orazio e i tragediografi francesi.

Musica

Composizione polifonica in cui ogni voce esegue lo stesso disegno iniziandolo in un momento diverso: si tratta dunque di un'applicazione sistematica del principio dell'imitazione. La parte che dà inizio al canone viene chiamata dux o antecedente, quella (o quelle) che la imita comes o conseguente. I vari tipi di canone possono essere classificati: secondo i rapporti di intervallo tra antecedente e conseguente (alla quarta, alla quinta, all'unisono, ecc., in relazione all'intervallo che corre tra la prima nota del dux e la prima del comes); secondo i particolari artifici con cui si applica l'imitazione (per aumentazione o diminuzione; per moto contrario, o inverso, cioè invertendo la direzione degli intervalli; retrogrado, cioè procedendo dall'ultima nota alla prima, ecc.). Forme di canone sono già nella polifonia medievale, con la rota o rondellus e la caccia; la forma viene applicata con particolare frequenza e complessità nella polifonia fiamminga e resta nei secoli seguenti di uso comune. Nel XX sec. ha condiviso la fortuna e il prevalente uso di procedimenti polifonici che caratterizza le scelte linguistiche dei compositori seguaci della dodecafonia seriale. § Per gli antichi greci canone era il monocordo base per misurare i rapporti matematici tra i suoni.

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora