memòria (filosofia)

Indice

una serie di fenomeni relativi alla conservazione, nella coscienza, di fatti, azioni, luoghi e conoscenze che appartengono al passato (il vero e proprio “atto” della memoria, consistente nel “ricordare”) nonché i contenuti stessi di questi atti, come insieme di ricordi di carattere pratico o intellettuale, che possono collocarsi a un più o meno alto livello di coscienza. In ogni caso, la memoria appare inscindibilmente connessa con ogni altro tipo di attività mentale e intellettuale, in quanto da un lato è un fattore di organizzazione e di sistematizzazione dei dati ritenuti dal soggetto pensante, che vengono volta a volta da essa forniti secondo le necessità del momento, e, dall'altro, in quanto, proprio nel ripresentare questi dati, fornisce ulteriori elaborazioni ed esperienze a questi connesse. Quali fossero non solo la funzione e le caratteristiche della memoria, ma la sua stessa natura, è stato un problema lungamente e costantemente dibattuto in filosofia. Platone fondò sul concetto della reminiscenza o “anamnesi” tutta la sua dottrina della conoscenza, affermando che solo dalla memoria scaturisce la conoscenza: l'anima, in una vita precedente a quella terrena, ha conosciuto, più o meno chiaramente, il mondo della verità o delle “idee”, e, sulla terra, a contatto con diverse esperienze e soprattutto nel dialogare filosofico, “ricorda” questa sua conoscenza sì che le idee si ripresentano alla mente nella loro verità. Il conoscere è dunque, per Platone, essenzialmente un ricordare. In Aristotele, la conoscenza si basa sul ricordo delle sensazioni e delle esperienze fatte, che contribuiscono alla formazione di concetti elaborati dalla mente umana; questo ricordo è il risultato della sensazione, e memoria è il passaggio all'atto di un ricordo puramente potenziale; gli stoici, come altre correnti postaristoteliche, insisteranno particolarmente sul ricordo come “impronta” relativa a un oggetto. Contro Aristotele, Plotino ripone l'accento sull'attività dell'anima umana nel ricordare; non ne nega il rapporto con la sensazione, ma sottolinea l'aspetto della ricostruzione attiva che la mente compie nel ricordo. Queste concezioni classiche permangono nella filosofia moderna fino al Settecento: per Hobbesmemoria è ricordo dell'esperienza del movimento dell'anima nel processo della conoscenza; nell'empirismo di Locke la memoria è la capacità di far ritornare a nuova vita idee momentaneamente dimenticate, mentre Leibniz pare propendere piuttosto per una ritenzione globale delle esperienze e dei pensieri passati che, se solo volta a volta vengono riattualizzati e portati alla coscienza, sono pur tuttavia sempre tutti presenti. In Kant la funzione della memoria è svolta, nella sua filosofia, dall'immaginazione riproduttiva; Bergson considera la memoria come fatto psicofisico, come coscienza delle rappresentazioni relative alle modificazioni del corpo umano; coscienza che diviene puro ricordo, non è più rappresentazione, ma resta a livello incosciente e può tuttavia, nella reminiscenza attiva, essere interpretata a un più alto livello coscienziale. Bergson ottiene così di preservare la purezza del ricordo come fatto psichico senza eliminare la sua dipendenza dal fattore psichico-sensoriale. In Husserl l'analisi della memoria appare sostanzialmente come un aspetto di una più vasta analisi del concetto di “tempo” o di “coscienza”. Oggi tale problema è pressoché universalmente riconosciuto come di competenza delle scienze mediche e psicologiche.

D. Rapaport, Emotions and Memory, New York, 1950; B. R. Gomulicki, The Development and Present Status of the Trace Theory of Memory, Cambridge, 1953; W. von Leydon, Remembery: a Philosophical Problem, Londra, 1961; F. C. Bartlett, La memoria, Milano, 1974; C. Cornoldi, Modelli della memoria. Struttura e leggi della memoria umana, Firenze, 1978; T. Landon, Memory, Londra, 1987.

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