Definizione

sm. [sec. XIX; da relativo]. Teoria, concezione o atteggiamento del pensiero che afferma il valore soltanto relativo di dottrine, metodi, criteri. In particolare, in filosofia: relativismo gnoseologico, che considera la conoscenza incapace di comprendere la realtà nella sua assolutezza oggettiva e nega perciò la possibilità di verità assolute; relativismo etico, che non ammette valori stabili e oggettivi in sede morale. Il relativismo etico sostiene l'impossibilità teoretica sia di ricondurre a un unico principio la molteplicità dei valori etici tra loro contrastanti presenti nelle società pluralistiche contemporanee sia di dare fondamento universale ai valori propri di una determinata civiltà. § Relativismo culturale, teoria elaborata dall'antropologo statunitense M. J. Herskovits, il quale sulla base della duplice premessa del carattere universale della cultura e della specificità di ogni singola cultura afferma che le molteplici manifestazioni culturali elaborate con caratteri propri da ciascun popolo si giustificano nel loro contesto specifico e non possono essere quindi giudicati in base a criteri che appartengono ad altre culture (vedi etnocentrismo).

Filosofia

Si possono distinguere quattro tipi o gradi di relativismo: il relativismo individualistico dei sofisti e dello scetticismo greco, per cui, secondo il celebre detto di Protagora, ogni singolo uomo “è misura di tutte le cose”, cioè per ciascuno è vero ciò che gli appare e le apparenze e i giudizi sono vari e contrastanti; il relativismo storico, che ha già una precisa formulazione in Montaigne, per il quale “che non ci possa essere scienza assoluta e sicura, ce lo prova il succedersi continuo di varie dottrine fisiche, che si distruggono a vicenda”, mentre in etica “tutti i sentimenti morali variano secondo i popoli”; il relativismo empirista (humiano e posthumiano) e il relativismo pragmatista, secondo i quali le conoscenze possono essere soltanto, rispettivamente, più o meno probabili e più o meno utili; il relativismo kantiano, che pur ammettendo una conoscenza universalmente valida della sfera del fenomenico, garantita dalla costanza delle forme e delle categorie a priori dell'Io, considera inconoscibile la “cosa in sé” causa del fenomeno. Larga influenza sulla cultura contemporanea ha avuto il relativismo elaborato dallo storicismo tedesco (W. Dilthey, M. Weber, G. Simmel e O. Spengler), che nega il carattere unitario e progressista del processo storico e considera ogni civiltà come un'entità in sé conchiusa con i suoi tratti specifici. Tra gli indirizzi filosofici che contestano il relativismo, partendo anche da opposti punti di vista, vi sono lo spiritualismo e il marxismo. Il primo fa appello all'assolutezza delle verità metafisiche e dei principi morali garantiti dalla Rivelazione; il secondo si oppone al relativismo gnoseologico con la tesi della verità come processo illimitato di approfondimento e adeguamento all'oggettività e al relativismo etico con la concezione unitaria e progressista della storia. Il relativismo è ampiamente diffuso nella cultura e nella filosofia contemporanee. Il pensiero postmoderno ha elaborato diverse concezioni che si rifanno a posizioni relativiste: la teoria del pensiero debole, il decostruzionismo, il post-strutturalismo, il neocostruttivismo di G. Deleuze, e alcune conclusioni dello storicismo.L'atteggiamento antimetafisico della filosofia del Novecento si rispecchia nella varietà di espressioni del relativismo: nel campo della sociologia, dell'etnologia e dell'antropologia; in fisica con la teoria della relatività di A. Einstein e con il principio di indeterminazione di W. Heisenberg.

Sociologia

L'espressione relativismo culturale assume in sociologia valenze diverse. Anzitutto, se intesa come asserzione di fatto, indica la convinzione che valori, norme, bisogni e comportamenti possono essere giudicati solo nel contesto sociale e culturale in cui sono inseriti. Tale asserzione comporta da un lato l'impossibilità di comparare tra loro le culture e dall'altro il rigetto dell'idea stessa di progresso come evoluzione. Questo è il motivo per cui il relativismo culturale viene rifiutato da gran parte delle scuole sociologiche, soprattutto contemporanee, che individuano invece, pur nella contestualizzazione tipica di sistemi locali, la presenza di elementi culturali e strutturali simili nella maggior parte delle società conosciute. Come prospettiva metodologica, il . culturale afferma che l'osservatore deve studiare le azioni di individui appartenenti a una data società riferendosi alle norme e alle motivazioni in vigore in tale società e non a quelle della propria. Questa linea è seguita dai principali indirizzi sociologici contemporanei, dal funzionalismo all'interazionismo simbolico, alla sociologia fenomenologica.

Bibliografia

P. Rossi, Lo storicismo tedesco contemporaneo, Torino, 1956; G. Lukács, La distruzione della ragione, Torino, 1959; P. Rossi, Storia e storicismo nella filosofia contemporanea, Milano, 1960; N. Abbagnano, Il relativismo culturale, in “Problemi di sociologia”, Torino, 1966; L. Zanzi, Dalla storia all'epistemologia: lo storicismo scientifico, Milano, 1991.

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