mormóne

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sm. e f. [sec. XIX; dall'angloamericano Mormon]. Appartenente alla Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints (Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell'Ultimo giorno), setta religiosa fondata negli USA da Joseph Smith (1805-1844), che, in seguito a una serie di “visioni”, pubblicò nel 1830 il Book of Mormon, sorta di trattato profetico-apocalittico. La nuova confessione, che mirava a un ritorno alla purezza originaria del Vangelo, si sviluppò dapprima nell'Illinois, dove i mormoni fondarono la fiorente città di Nauvoo. Dopo la morte di Smith, ucciso in prigione dal popolo, i mormoni, scacciati dall'Ohio, dal Missouri e dall'Illinois, costituirono nell'Utah una comunità teocratica, sotto la guida di Brigham Young (1801-1877), successore di Smith. Qui, presso il Grande Lago Salato, fondarono la città di Salt Lake City, centro del loro Stato, dando alla loro setta un'organizzazione comunistica e dedicandosi alla pratica della poligamia: osteggiati dal governo statunitense, solo nel 1865 entrarono a far parte degli Stati Uniti, accettandone dal 1890 anche la legge matrimoniale. Una larga attività missionaria li ha portati a una diffusione mondiale. I mormoni non sono considerati una Chiesa cristiana perché inseriscono la loro interpretazione della Bibbia entro un quadro deformante di speculazioni extrabibliche. Notevole è tuttavia l'importanza dei mormoni nella storia americana: a loro si deve, tra l'altro, il primo esperimento di economia pianificata realizzato negli Stati Uniti.

Th. F. O'Dea, The Mormons, Chicago, 1957; W. Turner, The Mormon Establishment, New York, 1966; R. Mullen, The Mormons, Londra, 1967; E. Rostan, Chi sono i mormoni, Torino, 1975; P. Gramaglia, Confronto con i mormoni, Casale Monferrato, 1985.

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