poligamìa

Indice

Lessico

sf. [sec. XVII; dal greco polygamía, da polýs, molto+gámos, nozze].

1) Forma matrimoniale caratterizzata dal rapporto tra un solo uomo e due o più donne (poliginia) o da una sola donna e due o più uomini (poliandria).

2) In etologia, sistema sociale di natura riproduttiva in cui un individuo di un sesso è legato a due o più individui del sesso opposto. Si distingue una poliginia, quando vi è un maschio con più femmine, e una poliandria nella situazione opposta. La poliandria è piuttosto rara ed è nota di alcuni uccelli (tra i quali prevale la monogamia) come lo jacana; al contrario, la poliginia è comunissima (soprattutto fra i Mammiferi) ed è correlata con una scarsissima o nulla partecipazione del maschio alla cura della prole; esistono tuttavia eccezioni a questa regola: lo spinarello, per esempio, si accoppia con più femmine durante ogni stagione riproduttiva e si assume anche tutte le cure parentali. La poligamia (poliginia) si presenta in due forme: nella prima, che si ritrova in molti mammiferi, il maschio si accoppia con un numero disparato di femmine senza formare legami stabili con alcuna di esse; nella seconda il maschio convive con un gruppo di femmine (harem) per la durata di una stagione riproduttiva (antilopi, cervi, foche, ecc.) o per tutto il tempo in cui è in grado di mantenerne il possesso (per esempio babbuini e altre scimmie). In alcune specie la poligamia può essere facoltativa, come in diversi uccelli, fra cui lo scricciolo, nei quali una femmina può optare fra il legame con un maschio possessore di un territorio di scarsa qualità, e quindi essere probabilmente l'unica compagna di lui, o con un maschio che possiede un ottimo territorio, e quindi condividerne i benefici con altre femmine che lo stesso maschio è capace di attrarre.

3) In botanica, condizione delle specie vegetali i cui esemplari producono sia fiori unisessuali, maschili e femminili, sia fiori ermafroditi.

Etnologia

La poligamia non ha mai trovato interdizioni se non quelle dettate da uno stato di necessità (misere condizioni economiche, carenza di donne, ecc.): la normativa che ha portato al matrimonio monogamico è, infatti, abbastanza recente e prende origine in Grecia per svilupparsi in pieno nel diritto romano; altrove la poliginia non solo era (o è) ammessa ma anche considerata un vero e proprio istituto sociale. La poliandria, come istituto matrimoniale, non è mai esistita: i casi finora riscontrati sono dovuti a uno stato permanente o transitorio di carenza di donne (per esempio fra i Tibetani, i Nayar del Malabar, gli Eschimesi, i Čiukči, ecc.). Secondo i rapporti numerici maschi-femmine, i rapporti di parentela e le strutture socio-economiche si distinguono forme diverse di poligamia: la poligamia sororale o adelfica istituisce la poliginia tra un uomo e più donne fra loro imparentate (sorelle, oppure appartenenti alla medesima classe matrimoniale o allo stesso clan matrilineare). In tal caso tutte le mogli hanno uguali diritti, il fratello del marito ha l'obbligo di subentrargli nella famiglia in caso di morte di questi, l'eredità è spesso regolata per via materna; tipica derivazione è il sororato, istituto sostitutivo in quei gruppi che non ammettono poligamia. La poligamia libera, che ammette la poliginia fra un uomo e più donne non imparentate fra loro, può essere considerata forma derivata dalla precedente (o ad essa analoga) e la si riscontra spesso nei gruppi patrilineari. Secondo questo istituto le mogli hanno tutte uguali diritti ma il rapporto non richiede particolari obblighi, se non quelli previsti dalle consuetudini sociali del gruppo (evitazione, levirato, tabù sessuali). La poligamia disparata è tipica delle società patriarcali e ammette il rapporto di un uomo con una moglie riconosciuta quale avente tutti i diritti derivanti dal suo rango e una o più donne (concubine) mogli agli effetti dei loro doveri ma prive di diritti o con diritti via via più ridotti rispetto alla prima.

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