Descrizione

sm. [XX sec.; da nano-+tubo]. Nanoparticella caratterizzata da una struttura allungata, simile a un piccolissimo cilindro cavo, avente diametro dell'ordine di grandezza dei nanometri (generalmente da 0,5 a 30 nm) e lunghezza di vari ordini di grandezza superiore (centinaia o migliaia di nanometri, ma sono stati anche preparati nanotubi con lunghezza superiore al millimetro). La classe di nanotubi più importante è quella dei nanotubi di carbonio, costituiti interamente da atomi di carbonio. Il primo di questi nanotubi è stato ottenuto nel 1991, e da quel momento questi sistemi sono diventati oggetto di un notevole interesse da parte della ricerca, anche perché, a differenza dei fullereni, dotati di struttura simile (ma sferica), i nanotubi si sono dimostrati più promettenti dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche. Si tratta di strutture formate da una estesa rete di anelli esagonali, simili a quelli che costituiscono i piani della grafite, la forma del carbonio stabile nelle condizioni ordinarie di temperatura e pressione. I nanotubi di carbonio si possono pensare come originati dall'"arrotolamento" di un piano di grafite in modo da formare una struttura, appunto, di tipo tubolare. I nanotubi di carbonio possono essere suddivisi in due classi: quelli a parete singola (SWNT, Single-Walled NanoTubes) e quelli a più pareti (MWNT, Multiple-Walled NanoTubes). Questi ultimi sono costituiti da vari cilindri concentrici, spaziati l'uno dall'altro all'incirca quanto i diversi piani nella struttura della grafite. I nanotubi di carbonio si possono ottenere producendo un arco elettrico tra due elettrodi di grafite (il materiale nanotubolare si deposita generalmente sul catodo) in atmosfera di elio. Per ottenere gli SWNT in alta resa occorre aggiungere un opportuno catalizzatore metallico, che viene posto in un foro praticato nell'anodo. Oltre all'arco elettrico, altri metodi per la preparazione di nanotubi di carbonio si basano sull'ablazione laser e sulla deposizione chimica da vapore. Appena preparati, generalmente i nanotubi sono chiusi alle due estremità da "tappi" a cupola costituiti da frammenti di fullerene. In condizioni ossidanti, però, questi "tappi" possono essere aperti, consentendo di "riempire" il nanotubo con specie chimiche di vario tipo. I nanotubi rappresentano una delle classi di fibre più resistenti oggi note. Essi sono caratterizzati da elevata anisotropia strutturale, buon rapporto durezza/peso, bassa difettività, notevole inerzia chimica. A queste proprietà si aggiungono l'elevata area superficiale e, soprattutto, le inusuali proprietà elettroniche. Queste ultime dipendono fortemente dalla dimensione e dalla topologia della struttura, in particolare dal modo in cui le unità esagonali tipiche della grafite si attorcigliano lungo la parete dei nanotubi: esse infatti possono "arrampicarsi" formando o meno un'elica. I nanotubi con struttura a elica possono avere comportamento di metallo o di semiconduttore, quelli privi di elicità mostrano solo comportamento metallico. La conducibilita elettrica tanto degli MWNT quanto degli SWNT può essere aumentata introducendo nella struttura altri atomi (drogaggio). Drogando, per esempio, degli SWNT con metalli alcalini è possibile aumentarne la conducibilità di un ordine di grandezza. Negli SWNT è stato dimostrato che la conduzione avviene attraverso stati elettronici discreti. I vari metodi di preparazione dei nanotubi di carbonio permettono di ottenere, in generale, degli agglomerati costituiti da molti nanotubi uniti tra loro, spesso con proprietà non omogenee (per esempio, nanotubi con conducibilità di tipo metallico e nanotubi semiconduttori). Tecniche di preparazione avanzate hanno reso possibile all'inizio del sec. XXI la costruzione in via sperimentale dei primi dispositivi elettronici basati su singoli nanotubi di carbonio semiconduttori. Così, nel 2001 è stato realizzato il primo invertitore di tensione basato su un nanotubo, modificato in modo tale da comportarsi per una parte come semiconduttore di tipo n, per la restante parte come semiconduttore di tipo p. I nanotubi di carbonio si sono andati così proponendo come i componenti fondamentali di una nuova generazione di calcolatori, il cui punto di forza è la miniaturizzazione, spinta oltre i limiti insiti nella tecnologia del silicio su cui si basano i calcolatori attuali.

Nanotubi con elementi diversi dal carbonio

Sebbene il maggiore interesse applicativo sia stato dedicato ai nanotubi di carbonio, sono stati prodotti nanotubi costituiti da specie chimiche differenti, sia di tipo inorganico sia di tipo organico. Tra i primi, per esempio, vi sono quelli costituiti da nitruro di boro e da solfuri di molibdeno o tungsteno. Questi ultimi sono considerati con interesse per le loro proprietà lubrificanti: quando aggiunti a materiali ceramici porosi, renderebbero possibile la produzione di componenti dotati di capacità "autolubrificanti". Per quanto riguarda i nanotubi organici (o molecolari), si tratta di specie organiche che vengono costruite assemblando in successione, una sopra l'altra, un certo numero di molecole cave a forma di disco o di toro. Se le varie subunità sono tenute insieme tra loro da legami covalenti il nanotubo è costituito da un'unica, estesa entità macromolecolare; se invece esse sono legate attraverso interazioni non covalenti si ha un nanotubo supramolecolare composto dalle diverse subunità, ciascuna con la propria identità, ma fortemente unite in modo da assicurare la stabilità della struttura tubolare. Esempi rappresentativi dei due casi sono forniti rispettivamente da nanotubi polimerici formati per polimerizzazione di a-ciclodestrine e da nanotubi costituiti da successioni di oligopeptidi ciclici tenuti uniti mediante legami idrogeno. Alcune caratteristiche dei nanotubi molecolari sono regolabili scegliendo opportunamente le molecole di partenza. Per esempio, è possibile sintetizzare nanotubi peptidici con diverso diametro interno e con diverse caratteristiche chimiche della superficie esposta del tubo. Così, nanotubi con gruppi chimici idrofobi sulla superficie possono essere inseriti in una barriera lipidica e funzionare da canali di passaggio per specie ioniche, simulando quanto avviene nel doppio strato lipidico della membrana cellulare. Nanotubi con pori leggermente più grandi possono invece agire da trasportatori di molecole neutre di dimensioni maggiori, come per esempio il glucosio. Una volta realizzate le condizioni opportune (per esempio, modificando il pH della soluzione di sintesi) l'assemblaggio delle singole molecole a dare la struttura nanotubolare può avvenire anche spontaneamente (autoassemblaggio), grazie alle interazioni (spesso legami idrogeno) che si sviluppano tra di loro.

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