Definizione

sf. [sec. XIX; oceano + -grafia]. Parte della geofisica che studia gli oceani e i mari dal punto di vista geomorfologico, chimico-fisico e biologico; si occupa quindi della morfologia dei bacini e dei fondi oceanici, della natura e dei tipi di sedimenti, delle caratteristiche chimiche e fisiche delle acque e dei loro movimenti, delle interazioni tra oceano e atmosfera e dell'ambiente marino in rapporto alle forme di vita vegetale e animale. Sinonimi di oceanografìa sono i termini talassografia e oceanologia; per alcuni autori il significato di oceanografìa dovrebbe essere ristretto allo studio fisico del mare e l'oceanologia comprendere anche l'aspetto biologico.

Cenni storici

Benché non manchino nella letteratura scientifica del passato descrizioni di tipo geografico del mare e osservazioni sulle correnti e sulle maree, l'oceanografìa come scienza autonoma, svincolata dalla geografia fisica, è relativamente recente e risale agli inizi del sec. XVIII. È di questo periodo la pubblicazione della Storia fisica del mare (1725), scritta dal naturalista L. F. Marsili, che può essere considerato il fondatore dell'oceanografia. I primi viaggi oceanici furono intrapresi dapprima come esplorazioni geografiche volte alla ricerca di nuove rotte: i dati allora raccolti sulle proprietà del mare così come i prelievi di campioni biologici erano però privi del necessario carattere di sistematicità proprio della moderna ricerca oceanografica. Più vicini in questa direzione sono gli studi dei naturalisti G. Ehrenberg e A. von Humboldt, e ancor più di E. Forbes che, verso la metà del sec. XIX, diede il primo schema valido della distribuzione verticale e orizzontale delle caratteristiche ambientali del mare e delle diverse forme di vita presenti, e di F. Maury cui si deve, negli stessi anni, la prima carta batimetrica dell'Atlantico e la classica opera Physical Geography of the Sea (Geografia fisica del mare) che contiene, oltre a tutte le conoscenze di oceanografìa fisica del tempo, indicazioni sui metodi di ricerca e sulla necessità di una stretta cooperazione e coordinazione degli studi a livello internazionale. Le teorie e i metodi propugnati da Forbes e Maury furono favorevolmente accolti nell'ambiente scientifico e verso la fine dell'Ottocento furono organizzate le prime lunghe crociere oceanografiche. Dopo le campagne batimetriche in Atlantico della Lightning (1868) e della Porcupine (1869-70), si svilupparono le spedizioni della Challenger I (1872-76) che segnarono un momento fondamentale dell'oceanografìa sia per la grande quantità di dati raccolti sia perché si realizzò per la prima volta in campo oceanografico la collaborazione tra geografi, fisici, chimici e biologi e l'integrazione tra oceanografìa fisica e biologia marina. Ai viaggi della Challenger I fecero seguito numerose altre campagne oceanografiche tra cui sono da ricordare quelle della Vittor Pisani (1882-85), della Valdivia (1898-99), delle Hirondelle I e II, Princesse Alice I e II guidate dal principe Alberto I di Monaco, considerato uno dei fondatori della moderna oceanografìa, dell'Albatross I (1888-1905), della Thor (1908-10), della Meteor (1925-27), della Carnegie (1909-29), e le numerose spedizioni polari organizzate nella prima metà di questo secolo. Nel secondo dopoguerra grandi spedizioni furono quelle dell'Albatross II (1947-48) e della Challenger II (1950-52). Negli ultimi decenni però la moderna oceanografìa si è orientata a organizzare e sviluppare la ricerca non tanto con singole e saltuarie spedizioni, ma con un lavoro pressoché continuo basato sull'utilizzazione di navi, appositamente attrezzate e facenti capo a istituti permanenti e tra loro collegati. Si ricordano la Atlantis II della Woods Hole Oceanographic Institution, la Horizon della Scripps Institution, la Vema del Lamont Geological Observatory, la Calypso che si appoggia al Museo oceanografico di Monaco, la Glomar Challenger che fa capo al JOIDES (Joint Oceanographic Institutions Deep Earth Sampling project), le russe Vitiaz e Lomonosov dell'Accademia delle Scienze di Mosca, l'italiana Bannock del CNR; nello stesso tempo, accanto alla ricerca di superficie, si è sviluppata con grandi mezzi la ricerca diretta sottomarina con batiscafi e laboratori sommersi , rivolta sia a scopi strettamente scientifici, sia allo sfruttamento delle risorse marine.

Ricerca

La ricerca oceanografica si basa su un insieme di mezzi speciali di esplorazione, di superficie e sottomarina, di cui i principali sono le navi oceanografiche, le boe fisse, le stazioni costiere, i batiscafi e i laboratori e i ricoveri sommersi. Le navi oceanografiche o navi laboratorio sono in genere di piccola o di media stazza, ma dotate di ottima stabilità e manovrabilità. Dispongono di una ricca dotazione di strumenti e di alloggiamenti adibiti a laboratorio dove viene effettuato l'esame preliminare dei campioni prelevati. L'attrezzatura strumentale standard comprende termometri, batitermografi e bottiglie Nansen per l'analisi fisica e chimica delle acque a diverse profondità, correntometri per lo studio delle correnti, magnetometri, gravimetri e sismografi per la prospezione geofisica della crosta terrestre, carotieri per il prelievo di sedimenti dal fondo, macchine fotografiche e telecamere per l'osservazione diretta dei fondali e della fauna, ecoscandagli per ricerche batimetriche ed ecometri per individuare sedimenti in sospensione e banchi di pesci, retini per la raccolta del plancton e reti a strascico per pescare organismi a diverse profondità. Dispongono inoltre di moderne attrezzature per l'esatta determinazione del punto nave e potenti trasmittenti per comunicare ai laboratori di terra i dati raccolti. Le boe oceanografiche sono apparecchiature galleggianti o semi sommerse che vengono lasciate fisse in particolari punti per un certo periodo in modo da poter seguire l'evoluzione nel tempo di determinati parametri (temperatura, salinità, ecc.) e fenomeni. Sono dotate di strumenti automatici in grado di memorizzare i dati o eventualmente di trasmetterli a terra o a stazioni riceventi installate su navi. Le stazioni costiere, oltre allo studio dell'ambiente marino litoraneo, sono in genere adibite al compito di coordinare e di elaborare tutti i dati provenienti dai diversi mezzi di ricerca. L'esplorazione delle profondità marine viene compiuta prevalentemente con batiscafi o con veri e propri sottomarini, cioè mezzi d'immersione dotati di grande mobilità, appositamente studiati per resistere a elevatissime pressioni. Tra questi particolarmente interessanti sono l'Aluminaut, in grado di operare a oltre 4000 m di profondità, attrezzato con bracci mobili per la raccolta di campioni dai fondali, e l'Alvin, che è in pratica un laboratorio mobile capace di lavorare a medie profondità in collegamento con mezzi di superficie. Grande importanza hanno anche i laboratori e i ricoveri sommersi fissi, come quelli installati nell'ambito dei progetti americani Sealab e Tektite, e del progetto francese Précontinent, nei quali è possibile studiare le capacità di lavoro e le reazioni fisiologiche dell'organismo umano sottoposto a lunghi periodi di permanenza subacquea. Esistono poi numerosi mezzi d'immersione, specie di veicoli subacquei, che sono utilizzati sia per l'indagine a piccola profondità sia per il trasporto di equipaggi di due-tre uomini dalla superficie ai laboratori sommersi.

Applicazioni

A partire dagli anni Settanta la ricerca oceanografica ha realizzato un vero e proprio salto di qualità. I nuovi mezzi subacquei sono in grado di identificare oggetti con dimensioni di qualche centimetro, di effettuare misure fisiche e chimiche, nonché ricerche biologiche e prelevare campioni dai fondali, sapendo in ogni istante l'esatta ubicazione del prelievo grazie all'utilizzo delle apparecchiature sonar e dei metodi di navigazione subacquea. Gli studiosi di varie discipline imbarcati sui batiscafi possono compiere osservazioni e descrizioni altrimenti impossibili; sono state, per esempio, compiute dettagliate serie stratigrafiche lungo i canyon che incidono le scarpate continentali, sono state osservate le bocche delle sorgenti idrotermali profonde e i numerosi organismi, talora specie sconosciute, che vivono intorno a queste emissioni calde costituendo vere oasi di vita in confronto alla scarsità di fauna presente sui fondali oceanici. In biologia marina si verifica un crescente interesse verso le colture idroponiche marine, soprattutto nelle zone costiere: in proposito si studiano gli aspetti fondamentali della genetica, della fisiologia e patologia della nutrizione e del comportamento degli organismi marini al fine di incrementare la raccolta di prodotti utili all'alimentazione. Progredisce la chimica delle sostanze organiche prodotte da organismi marini; ciò ha consentito di studiare la tossicità di alcune specie marine (vedi biotossina) .

Bibliografia

A. Defant, Physical Oceanography, Oxford, 1960; F. Mosetti, Oceanografia, Udine, 1964; M. N. Hill, The Sea, New York, 1966; G. Neumann, W. J. Pierson, Principles of Physical Oceanography, New York, 1966; L. Berthois, Océanographie sédimentologique, Parigi, 1969; C. Maldura, Oceanografia biologica, Roma, 1971; N. Della Croce, Oceanografia, Genova, 1972; S. Abate, Lezioni di oceanografia generale, Napoli, 1988.

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