Il mondo come emanazione di Dio

sm. [sec. XIX; da pan-+greco theós, dio]. Dottrina che ammette un rapporto intrinseco e sostanziale fra Dio e il mondo. Dove il mondo è quindi una continuazione di Dio e il prolungamento della sua vita. Affermazioni panteistiche si trovano già in Platone, per il quale “il mondo è un Dio generato”, Aristotele approva l'affermazione che “il divino abbraccia l'intera natura”. Si deve però precisare che il panteismo non comporta necessariamente un'identificazione completa del mondo con Dio, per cui si può affermare che se tutto il mondo è Dio, tuttavia esso non esaurisce l'intera natura di Dio, che per una sua parte è quindi “altro dal mondo”. Nel suo decorso storico il panteismo si ramifica in tre modi principali: il mondo è emanazione di Dio; il mondo è rivelazione di Dio; il mondo è realizzazione di Dio. Se nell'antico pensiero orientale il concetto di essenza divina si sviluppa dando al mondo gli attributi di eterno, immutabile, sempre uguale a se stesso, in quello occidentale trova invece applicazione la teoria del processo e del movimento, che diventa legge del divenire immanente al mondo: è questa la linea su cui si colloca la filosofia stoica, per la quale l'universo è da ogni parte pervaso dall'unica sostanza divina e Dio è la qualità propria di ogni sostanza, immortale e ingenerato, creatore dell'ordine universale. La teoria dell'emanazione trova la sua formulazione più completa nel neoplatonismo e specialmente in Plotino: il mondo deriva necessariamente da Dio e per questo legame di necessarietà il mondo è parte o aspetto di Dio e quindi a lui inferiore, anche se a lui identico, perché quello che in esso è contenuto dell'ordine, della perfezione e della bellezza di Dio, non è tutto l'ordine, la perfezione e la bellezza di Dio. Dio è Uno, ma le cose da lui emananti sono molte: l'Intelligenza, in cui risiedono le strutture dell'Essere stesso, e l'Anima, che governa il mondo, sono le emanazioni più alte. Dio quindi – precisa Proclo – è Supersostanziale, Supervitale, Superintelligente: concetto che viene ripreso pari pari da Scoto Eriugena, che però parla nel contempo di una “teofania”, o manifestazione di Dio, che da Dio va al Verbo, dal Verbo al mondo e dal mondo ritorna a Dio.

La natura di Dio

Ma la Supersostanzialità di Dio ne rende impossibile la conoscenza tramite la scienza positiva; si deve allora percorrere la via della teologia negativa (annunciata da Proclo), analizzando “tutto ciò che Dio non è” per definire ciò che è. Su questa strada è lasciato ampio campo allo slancio della mistica, che, esaltata dallo stesso Proclo, è stata diffusa nella filosofia cristiana dallo Pseudo Dionigi e forma la sostanza del pensiero di Amalrico di Bene e di Davide di Dinant. Gli stessi elementi si ritrovano nella mistica di Maestro Eckhart, di Niccolò Cusano: “Il mondo è un Dio contratto, che s'individualizza nella molteplicità delle cose”. Giordano Bruno considera Dio come natura e ne fa la causa e il principio del mondo: in quanto causa rimane esterno al mondo; in quanto principio ne costituisce l'essere stesso. Jakob Böhme definisce Dio la “radice” stessa del mondo naturale, che non fu creato, ma proviene da Dio come sua rivelazione. Sulla stessa falsariga è il pensiero di Schelling: “Dio è l'unità dello spirito e della natura”. Il romanticismo ha contemplato l'idea di Dio come causa creatrice di un ordine necessario, che comporta la necessità razionale del mondo, in cui Dio si rivela e si realizza.

Rivelazione e realizzazione di Dio

La necessità della rivelazione di Dio nel mondo è il leit-motiv insistente di Hegel: il termine “Spirito” ha un significato solo nel suo rivelarsi e nel suo realizzarsi nell'uomo e raggiunge la pienezza della sua realizzazione nel riconoscersi nel mondo e attraverso il mondo. Il panteismo domina anche il pensiero di Bergson: “Dio=sforzo creatore della vita” e si dichiara manifestamente nel contesto filosofico di H. B. Alexander: “Dio è l'intero mondo in quanto possiede la qualità della deità”. Lo stesso rapporto tra Dio e il mondo esprime A. N. Whitehead: “Come Dio è permanente e il mondo fluente, così Dio è fluente e il mondo permanente”. Ritorna cioè anche nell'indagine contemporanea il motivo del vecchio panteismo riportandoci al concetto di emanazione e rivelazione di Dio nel mondo come condizionante della stessa realtà divina. Scoto Eriugena l'aveva ben espressa nella coeternità di Dio e del mondo: “Dio non c'era prima di creare tutte le cose” e nella filosofia contemporanea il problema rimane tutto presente al punto che si arriva ad affermare che Dio “è in qualche modo la creazione del mondo”. Ma pur invertendo i termini: “Non è Dio che dà realtà al mondo, ma il mondo che dà realtà a Dio”, il problema rimane identico: il mondo è sostanza e realtà di Dio.

R. R. Garrigou, Langrange-La distinction réelle et la refutation du panthéisme, in “Revue Thomistique”, Parigi, 1938; F. Gregoire, Idée absolue et panthéisme, Parigi-Lovanio, 1958.

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