Definizione

sm. [sec. XIX; da naturale]. Termine comune alle correnti di pensiero che considerano la natura, in ogni suo aspetto, non solo come oggetto fondamentale della riflessione filosofica, ma anche, e soprattutto, come punto di riferimento determinante e assoluto per quanto riguarda la vita e gli interessi dell'uomo. In particolare si ha un naturalismo metafisico, sociologico, estetico, etico, pedagogico ecc.

Filosofia

La forma più radicale è data dal naturalismo metafisico, tendente a vedere nella natura il principio primo di ogni cosa, come già ai primordi della speculazione greca e poi ancora con gli stoici e in molta parte del pensiero rinascimentale, nelle sue correnti ilozoistiche e panteistiche (Telesio, Bruno); una forma più articolata e complessa di naturalismo si può vedere nel positivismo evoluzionistico del sec. XIX, che tutto riconduce all'interna evoluzione e differenziazione delle forme naturali (Darwin, Spencer, Ardigò); più recentemente anche quelle correnti che dichiarano di rifarsi a impostazioni di tipo naturalistico concordano nel rifiutare gli aspetti meccanicistici o metafisicheggianti e a dare al concetto di natura (sia intesa come natura umana, sia come mondo-ambiente) una connotazione più sfumata e complessa, suscettibile di elaborazione grazie alle tecniche di indagine e operative (così per esempio il naturalismo di Dewey). Quanto al naturalismo etico, religioso, estetico, ecc., altro non è che un'estensione del concetto generale di natura ai vari campi del sapere e dell'operare umano.

Letteratura

Si intende per naturalismo, più che un movimento, una corrente di opinione, nata in Francia durante la grande rivoluzione industriale, per l'influenza del pensiero scientifico e filosofico (positivismo) e delle nuove ideologie politiche e sociali. Il maggiore rappresentante del naturalismo fu Émile Zola, il quale si vantava di avere adottato nello scrivere gli stessi metodi di indagine degli scienziati; prodotto di questa scelta fu il grande ciclo di romanzi dei Rougon-Macquart. Il naturalismo è forse soprattutto una reazione al romanticismo idealistico, la stessa che provocò il realismo e il parnassianesimo, nonché il positivismo. Il legame tra naturalismo e positivismo appare evidente proprio per la fiduciosa alleanza con la scienza e per il ripudio del romanticismo inteso come fuga dalla realtà. I “naturalisti” ripudiano la metafisica, non acconsentono al realismo, che si limita a riprodurre un'immagine fedele della natura, affondano in una visione pessimistica e materialistica del mondo e, abbandonando anche le posizioni del naturalismo classico, lucreziano e filosofico di tipo deterministico, si spingono a studiare clinicamente i problemi umani nella loro evoluzione, avvalendosi di rigorose misurazioni su dati forniti dalla realtà. I “naturalisti” inoltre non si arrestano davanti agli aspetti meno poetici del reale, usano un linguaggio estremamente realistico e per questo furono accusati di un certo compiacimento nella scelta di situazioni sordide e volgari. La dottrina, o piuttosto i dogmi del naturalismo, furono più volte esposti da Zola: Le roman expérimental (1880), Les romanciers naturalistes (1881). Precursori del naturalismo si possono considerare Balzac, Champfleury, Duranty e soprattutto i fratelli Goncourt e Flaubert. Tra il 1880 e il 1890 si ebbe in Francia il trionfo del naturalismo: vi aderirono E. de Goncourt (che col fratello Jules aveva fatto un primo tentativo in teatro nel 1865 rappresentando Henriette Maréchal, la cui crudezza urtò il pubblico borghese), Daudet, Jules Renard e altri, sulla scia di L. Hennique, H. Céard, P. Alexis e dello stesso Zola che nelle Soirées de Médan avevano lasciato una specie di manifesto del naturalismo. Poco dopo, però, cominciarono le defezioni che si conclusero con il manifesto, detto dei cinque, contro La terre di Zola: P. Bonnetain, J. H. Rosny, L. Descaves, P. Margueritte e G. Guiches. Zola aveva cercato di portare il naturalismo anche nel teatro (Le naturalisme au théâtre, 1881) dove la vittoria fu però ardua per la mancanza di opere di grande rilievo, se si esclude Henry Becque (Les corbeaux, La parisienne) e il Théâtre-Libre di A. Antoine che, peraltro, affrettarono la scomparsa del vecchio gusto teatrale. In Germania il naturalismo giunse più tardi, nel 1885, con la rivista fondata a Monaco da Michael Georg Conrad, ma già da qualche anno i fratelli Heinrich e Julius Hart, a Berlino, si erano schierati a favore del naturalismo. La formulazione teorica del naturalismo tedesco venne data più tardi da Arno Holz (naturalismo coerente) che insieme al poeta J. Schlaf scrisse la raccolta di novelle Papa Hamlet (1889). Quanto al teatro, finalità analoghe a quelle del Théâtre-Libre ebbe la Freie Bühne di Berlino, fondata nel 1889. Alieni dall'accogliere lo scientifismo del naturalismo francese, certi drammaturghi tedeschi (si pensi a G. Hauptmann) non tennero presenti solo i modelli parigini, ma anche quelli ibseniani, maturando dentro di sé la svolta in senso simbolistico, cioè antinaturalistico. Naturalismo e simbolismo sono poli tra cui oscilla l'arte nordica di Ibsen, di Strindberg. In Russia il più cospicuo esempio del naturalismo teatrale è La potenza delle tenebre di Tolstoj. Notevole fu l'influenza del naturalismo sulla prima fase dell'attività del teatro di Mosca di Stanislavskij e di Nemirovič-Dančenko. In Italia il naturalismo attecchì col nome di verismo e rinunciò quasi subito a quel distacco scientifico che avrebbe dovuto essere la caratteristica fondamentale della corrente. In definitiva il naturalismo fu in tutti i Paesi d'Europa piuttosto un punto di partenza per nuove esperienze che un vero e proprio traguardo, oppure offrì casi isolati, come Gissing e Bennett in Inghilterra, Palacio Valdés e la Pardo Bazán in Spagna, Eça de Queiroz in Portogallo. Negli Stati Uniti il naturalismo fu introdotto da E. Watson Howe e accompagnò lo sviluppo della giovane letteratura americana (il primo James, Upton Sinclair, Th. Dreiser, J. Dos Passos, S. Anderson, Hemingway, Faulkner, Caldwell) rifluendo poi in Europa.

Arte

Nella storia dell'arte il termine naturalismo, inteso come tendenza alla rappresentazione obiettiva della realtà, assume valore di categoria eterna, riferibile a diversi momenti artistici: da certe figurazioni preistoriche all'arte ellenistica, da certi aspetti del Quattrocento italiano e fiammingo al caravaggismo del Seicento europeo, fino alla pittura di costume del Settecento inglese. Storicamente, invece, con naturalismo si indica il movimento sorto in Francia verso il 1870 come continuazione e sviluppo del realismo (i cui maggiori teorici furono Courbet, Daumier e Millet), dal quale ricavò l'opposizione all'idealismo classico e romantico sulla base di una rivendicazione del valore della realtà oggettiva come tema di rappresentazione valido in sé anche nei suoi aspetti meno gradevoli ed edificanti. Tuttavia, pur derivando dal realismo tali esigenze di verità e di sincerità espressiva, il naturalismo ne attenuò l'impegno politico e sociale, accentuando invece i rapporti con le scienze naturali, in corrispondenza con gli ideali positivistici e con la mentalità razionalistica del momento. Dalla Francia, dove il movimento raggiunse elevate espressioni e creò le premesse culturali della svolta impressionista, tale spinta verso la realtà si diffuse in tutta Europa e in America: in Germania si formarono alla scuola naturalista artisti come A. von Menzel, H. Thoma e i paesisti delle scuole di Worpswede e di Dachau; in Belgio, accanto a Ch. de Groux, troviamo C. Meunier, che seppe esprimere con semplicità non priva di grandezza la condizione operaia; in Italia, attraverso gli stretti rapporti che ebbero coi francesi i fratelli Palizzi e S. De Tivoli, il naturalismo incise sulla formazione dei macchiaioli, mentre in Olanda il movimento si innestò nella tradizione nazionale dando vita al naturalismo patetico e malinconico di J. Isräels; partecipe di questa tendenza fu anche il gruppo russo degli Ambulanti.

Pedagogia

Il naturalismo pedagogico costituisce un insieme non sempre coerente di dottrine educative, ma che comunque convengono nell'accettazione dei principi del naturalismo e nella loro traduzione, o rielaborazione, in termini di teoria dell'educazione. L'educazione intesa come sviluppo autonomo dell'individuo e non come mera azione estrinseca e imposta dall'educatore costituisce la principale proposizione teoretica del naturalismo. Nelle formulazioni più consapevoli, tuttavia, l'autonomia dello sviluppo non è da intendersi come semplice spontaneismo, ma come processo orientato e accompagnato da una struttura ambientale di ordine sociale, psicologico e didattico. Con naturalismo si designano le opere di teorici e le più diverse correnti del pensiero pedagogico: da Comenio a Rousseau, da Pestalozzi al movimento delle Scuole Nuove e all'attivismo (J. Dewey, Decroly, Ferrière, Montessori, ecc.), fino a Tolstoj, Blonskij e Makárenko. Del naturalismo hanno, inoltre, tenuto conto anche pedagogisti ed educatori di aperta tendenza spiritualistica.

Bibliografia

Per la letteratura

C. Buechat, Histoire du Naturalisme français,Parigi, 1949; P. Cogny, Le naturalisme, Parigi, 1959; G. Bevilacqua, Letteratura e società nel secondo Reich, Padova, 1965; Y. Chérel, Le naturalisme en question, Parigi, 1986; R. P. Colin, Esthétique et idéologie dans le roman naturaliste, Lione, 1987; idem, Zola, renégats et alliés. La République naturaliste, Lione, 1988; A. Pagès, Le naturalisme, Parigi, 1989; P. C. Bontempelli, I manifesti letterari del naturalismo tedesco, Roma, 1990.

Per l'arte

W. Hofmann, Arte nel XIX secolo, Milano, 1962; N. Ponente, Le strutture del mondo moderno: 1850-1900, Milano, 1965; K. Lankheit, Dal Romanticismo al Realismo, Milano, 1966.

Per il teatro

J. Weno, Der Theaterstil des Naturalismus, Berlino, 1951; A. Tinterri (a cura di), Il teatro italiano del naturalismo a Pirandello, Bologna, 1990.

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