Descrizione generale

sf. [sec. XIX; petro-+-grafia]. Scienza che studia le rocce definendone composizione, struttura, tessitura, aspetto, ecc., al fine di consentirne una classificazione sistematica e di stabilirne le condizioni di genesi, ossia le modalità del processo di formazione. Talora si usa restringere il campo della petrografia escludendovi lo studio delle origini e delle modalità di trasformazione delle rocce, settore che viene indicato col termine di : petrogenesi l'insieme dei settori della petrografia e della petrogenesi viene indicato col termine di petrologia; nell'uso comune tuttavia i due termini sono equivalenti. La petrografia è scienza strettamente collegata con la geologia e con la mineralogia: un corpo roccioso può infatti essere studiato tanto sotto l'aspetto geologico, ossia come una porzione di crosta terrestre definita da una data giacitura e struttura e avente determinate relazioni con i corpi geologici adiacenti, quanto sotto l'aspetto mineralogico-petrografico come un aggregato di minerali dotati di particolari caratteristiche chimiche e cristallografiche. L'indagine petrografica per essere completa deve comprendere entrambi gli aspetti. Altre discipline collegate alla petrografia sono la geochimica, la chimica fisica e la cristallografia, mentre importanza basilare hanno gli studi petrografici per la geomorfologia, la geotecnica e la pedologia. La petrografia è suddivisa generalmente in due parti: una parte descrittiva, che studia l'aspetto, la struttura microscopica e macroscopica e la composizione delle rocce al fine della loro identificazione e classificazione, e una parte che si occupa prevalentemente di risalire in base ai risultati della precedente ai processi e ai meccanismi che sono all'origine delle rocce.

Cenni storici

La petrografia, pur essendosi affermata come scienza autonoma solo nella seconda metà del sec. XIX, ha origini molto più antiche, anche se confuse e intrecciate con quelle di altre scienze della Terra, come mineralogia, stratigrafia, tettonica, ecc. L'interesse per le rocce è stato a lungo essenzialmente pratico, legato cioè al loro sfruttamento come pietre da costruzione o da rivestimento, per estrarre metalli, per la fabbricazione di laterizi, ecc. Lo studio delle rocce, scarsamente coltivato dai naturalisti, conobbe uno sviluppo eccezionale a cavallo tra i sec. XVIII e XIX in seguito all'accesa disputa scientifica tra i seguaci del nettunismo e quelli del plutonismo; le rocce vennero studiate però solo sulla base del loro aspetto macroscopico e delle prime analisi chimiche. Ciononostante verso la metà dell'Ottocento erano già stati formulati i fondamenti teorici della petrografia e si distinguevano le rocce nei tre gruppi fondamentali ancora adottati: rocce ignee, sedimentarie e metamorfiche, e le prime a loro volta in acide e basiche. Oltre ad A. G. Werner e a J. Hutton, capiscuola rispettivamente dei nettunisti e dei plutonisti, vanno ricordati per il contributo dato al progresso della petrografia in quel periodo L. von Buch, C. Lyell e J. Hall. Solo con l'osservazione in sezione sottile al microscopio polarizzatore, resa possibile da W. Nicol e H. C. Williamson ed estesa alle rocce da H. Sorby e soprattutto da F. Zirkel, si iniziò la descrizione sistematica delle rocce; quest'ultimo pubblicò nel 1870 un lavoro sui basalti considerato un classico della petrografia microscopica. All'esame ottico venne ben presto ad aggiungersi lo studio chimico; inoltre cominciarono a svilupparsi le indagini sui processi di formazione delle rocce sulla base delle nuove conoscenze fornite dalla mineralogia su isomorfismo, polimorfismo e paragenesi dei minerali: ebbe così inizio la petrologia. Fondamentali al riguardo sono stati i lavori di A. Vogt, A. Harker e B. G. Daly, pubblicati tra la fine del sec. XIX e gli inizi del XX. Per meglio indagare sui processi petrogenetici la petrografia ha cercato anche di riprodurne sperimentalmente l'andamento in laboratorio. Questo tipo di studi, di cui i rappresentanti più significativi sono N. L. Bowen e O. F. Tuttle, costituisce la petrologia sperimentale, disciplina in grande sviluppo grazie anche ai progressi della tecnica che permettono di ottenere pressioni e temperature elevatissime, dello stesso ordine di quelle esistenti all'interno della crosta terrestre. Anche la petrografia descrittiva può contare su nuove tecniche e su nuovi metodi di analisi chimico-fisica che integrano validamente i tradizionali studi di microscopia petrografica.

Metodi di studio

Lo studio delle rocce si compie in genere in due momenti distinti. La prima fase si svolge in campagna con l'osservazione diretta degli affioramenti rocciosi per determinarne le condizioni di giacitura e le modalità di contatto con le rocce adiacenti, e per esaminarne i caratteri organolettici; si conclude con una raccolta ordinata di campioni. Segue quindi la seconda fase, che si compie in laboratorio e che consiste in una serie di analisi di cui le principali sono l'esame ottico microscopico e le analisi chimiche. Lo studio in sezione sottile è condotto con un microscopio polarizzatore equipaggiato con tavolino universale, che permette di orientare a piacere la sezione sottile. L'impiego di apparecchiature come il contatore di punti consente di stabilire la composizione modale del campione in esame: la sezione sottile viene esplorata al microscopio ponendo al centro del campo microscopico successivamente i punti di una fitta maglia estesa a tutta la sezione; a ogni spostamento si esegue l'identificazione del minerale al centro del campo, basandosi sulle caratteristiche ottiche presentate (birifrangenza, pleocroismo, ecc.). Dal numero di punti riscontrato per un certo minerale è possibile quindi stimare il volume occupato da quel minerale nella roccia. Quando i minerali presentano proprietà ottiche molto simili tanto da renderne difficile l'identificazione, si può trattare la sezione sottile con sostanze coloranti selettive che differenziano tra loro specie mineralogiche anche molto vicine. La misurazione dei granuli, la loro orientazione, l'identificazione di eventuali tracce di compressione e di alterazione forniscono inoltre informazioni sulla successione cronologica di formazione dei minerali e sui fenomeni geologici (deformazioni, dislocazioni) che il corpo roccioso può aver subito nel tempo. Le rocce costituite da minerali opachi vanno esaminate col microscopio a luce riflessa. Per una più sicura classificazione si effettuano analisi chimiche quantitative che forniscono le percentuali in peso degli ossidi degli elementi presenti nel campione: calcolando i rapporti tra le diverse percentuali e confrontandoli con opportuni numeri indice si arriva a determinare il tipo di roccia. Confrontando poi i risultati ottenuti da campioni presi in punti diversi dell'affioramento, è possibile definire le variazioni petrografiche del corpo roccioso. L'analisi chimica è importante soprattutto per le rocce eruttive e metamorfiche: solo l'analisi chimica consente infatti di valutare per rocce contenenti minerali silicati interessati da sostituzioni ioniche l'entità di tali sostituzioni; inoltre consente di valutare per le rocce metamorfiche la portata dei processi di alterazione e di metasomatismo che le hanno interessate. Le tecniche analitiche consentono attualmente di riconoscere elementi presenti nelle rocce in tracce minime. Per le rocce sedimentarie clastiche si ricorre alla disgregazione del campione, che può essere così studiato con i metodi della sedimentologia: si determinano la granulometria, la sfericità, l'arrotondamento dei granuli, i rapporti quantitativi, l'alterazione dei diversi componenti, ecc. Rocce a prevalente composizione argillosa, un tempo analizzate con difficoltà, sono studiate con precisione e rapidità ricorrendo a raffinate e delicate tecniche di analisi quali quelle diffrattometriche ai raggi X, quelle spettrografiche, l'analisi termica differenziale, ecc. I metodi sperimentali praticati dalla petrografia al fine di riprodurre alcuni processi litogenetici naturali possono essere distinti in tre gruppi: fusione seguita da raffreddamento, metodi idrotermali, particolarmente rivolti a mettere in luce il ruolo dell'acqua nella formazione dei silicati, e reazioni allo stato solido.

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