Descrizione generale

agg. e sm. [sec. XIX; dal greco polymerḗs, di molte parti, da poly-, poli-+méros, parte]. Termine coniato nella prima metà del sec. XIX per i composti esistenti in natura sotto varie forme allotropiche, che viene oggi riferito a un prodotto le cui molecole sono costituite da un certo numero di unità strutturali (almeno dieci) tra di loro concatenate e da gruppi terminali che ne limitano il concatenamento; mentre le unità strutturali possono essere bi- o polivalenti, i gruppi terminali sono quasi sempre monovalenti. Data la composizione dei polimeri, le dimensioni delle molecole sono notevolmente più grandi di quelle degli ordinari composti chimici ed è questa la ragione per cui vengono anche indicati come composti macromolecolari, e la relativa chimica come chimica macromolecolare. Nella seconda metà del sec. XX, lo studio dei polimeri ha avuto uno sviluppo dirompente: sono state messe a punto e ottimizzate le reazioni di formazione (reazioni di polimerizzazione), di preparazione industriale, sono state studiate le strutture e le possibilità di uso e di applicazione, sviluppatesi quasi parallelamente alla ricerca. Da una proprietà caratteristica di quasi tutti i polimeri, la plasticità, è derivata, nell'uso comune, la denominazione di materie plastiche o semplicemente di plastica. I polimeri possono essere classificati in vario modo: sulla base dei monomeri che costituiscono il polimero si hanno gli omopolimeri, se il monomero è unico, e i copolimeri se sono differenti. Ricordando che un polimero deriva dalla condensazione di un monomero (per esempio il polietilene è un polimero dell'etilene così come il polifenolo è un polimero del fenolo), è da aggiungere che le proprietà di un polimero derivato da uno stesso monomero possono variare in dipendenza del numero di molecole che formano le unità strutturali, le quali possono essere tutte uguali oppure (due, o più di due) differenti solo per il numero di molecole concatenate nella singola unità. Ne consegue che ogni unità strutturale ha un peso molecolare diverso e quindi il peso molecolare che si suole associare a un polimero è un peso molecolare medio. Sebbene i polimeri siano per la maggior parte di natura organica con legami covalenti che uniscono le molecole dei monomeri e le unità strutturali, esistono anche polimeri inorganici quali i polisolfuri, i policarbonati, ecc. "Vedi tabella 1 vol. 17, pag. 338" Esistono inoltre dei polimeri che posseggono oltre a legami covalenti anche legami eteropolari, e che, di conseguenza, in soluzione possono dissociarsi. Questi polimeri, denominati polielettroliti, hanno un'importanza determinante nella vita biologica perché di questi composti sono formate le membrane a scambio ionico, che costituiscono anche le membrane degli esseri viventi. Su tale proprietà è basato anche il funzionamento delle resine scambiatrici di ioni. Un polimero viene rappresentato con la formula bruta consistente nella formula del monomero racchiusa tra parentesi con a pedice le lettere x o n che indicano che il grado di polimerizzazione non è unico oppure non è determinabile. Per esempio per la cellulosa la molecola viene indicata con (C6H₁0O5) dove non è indicato il gruppo funzionale terminale che chiude la catena. Quando invece si conosce con sicurezza il gruppo terminale, questo viene indicato. Per esempio i polimeri ottenuti dall'addizione dell'ossido di etilene

un alcol ROH vengono rappresentati dalla formula:

mentre per i polimeri ottenuti dalla condensazione del fenolo C6H5OH con l'aldeide formica CH₂O possono risultare più di due polimeri di differente struttura; "Vedi tabella 2 vol. 17, pag. 338" uno a catena diritta (a) e un altro a struttura reticolare (b).

Nomenclatura

Il gran numero esistente di polimeri naturali o preparati a scopo industriale ha reso necessaria una speciale nomenclatura, che si differenzia da quella usata per i normali composti chimici. La IUPAC (International Union Pure Applied Chemistry) nel 1952 ha suggerito alcuni criteri che però a tutt'oggi non sono stati unificati; in ogni caso il nome inizia sempre con il prefisso poli-, seguito dal nome che ricorda l'unità base: per esempio polietilene, polifenolo, ecc. Un altro criterio suggerito, che però non si è molto diffuso, si riferisce al gruppo funzionale del composto chimico che ha reso possibile la polimerizzazione (per esempio polialdeidi, poliammidi, ecc.). Le proprietà fisiche e chimiche dei polimeri dipendono direttamente dalla loro struttura e cioè dal modo con cui sono concatenati nello spazio sia gli atomi fra di loro nella struttura di base sia le strutture di base. Da questa dipendenza deriva l'importanza dello studio dei meccanismi di formazione (reazioni di polimerizzazione), fortemente influenzati dalla presenza di catalizzatori e naturalmente della riproducibilità delle reazioni stesse. A titolo di esempio, si ricorda qui l'importanza della configurazione spaziale delle catene nel caso di catene diritte in cui ciascun atomo di carbonio è legato a due radicali R₁ ed R₂ così rappresentati:

Nel caso a) un osservatore che procede lungo la catena incontra tutti i gruppi R₁ dalla stessa parte (polimero isotattico) mentre nel caso b) incontra alternativamente i due radicali R₁ ed R₂ (polimero sindiotattico). I due tipi di polimeri "Vedi disegni vol. 17, pag. 339" , che possono avere anche lo stesso grado di polimerizzazione, hanno però proprietà chimico-fisiche differenti. Si aggiungano inoltre le diversità provenienti dalla presenza di atomi di carbonio asimmetrici e quindi otticamente attivi, per realizzare quanto importante e complesso sia lo studio delle relazioni tra struttura, proprietà e meccanismo della reazione di polimerizzazione intesa a ottenere un determinato prodotto finito. Si possono classificare i polimeri più diffusi in base al gruppo funzionale organico o inorganico determinante la polimerizzazione. "Vedi tabella 3 vol. 17, pag. 338" Qui di seguito si dà la descrizione della struttura e dei campi di applicazione di alcuni polimeri di maggiore interesse biologico o tecnico.

Polimeri acrilici e metacrilici

Sono i polimeri degli esteri dell'acido acrilico (1) e dell'acido metacrilico (2). Le strutture di base sono:

In dipendenza del gruppo R, che può essere un qualsiasi radicale organico, variano le proprietà dei polimeri di questo tipo che vengono oggi usati come ingredienti nell'impregnazione dei tessuti, per la finitura delle superfici, per la produzione del cuoio artificiale, delle lacche e come intermedio plastico nei vetri cosiddetti di “sicurezza”. Per quest'ultimo uso vengono sfruttate le proprietà dei polimeri metacrilici che sono simili a quelle del vetro (rigidità e trasparenza), mentre i polimeri acrilici sono gommosi e plastici. Il polimero più importante è il polimetacrilato di metile nel quale il radicale R è un metile; lo si prepara per polimerizzazione termica in massa del monomero puro in presenza di iniziatori radicali quale per esempio l'azo-bis-isobutirronitrile o il perossido di benzoile. Per ottenerlo in polvere, la polimerizzazione si fa avvenire con il monomero in sospensione acquosa aggiungendo opportuni additivi che servono a regolare il grado di polimerizzazione. La polvere di metacrilato di metile viene usata per la fabbricazione di manufatti con il processo dello stampaggio. I polimeri acrilici più usati sono il poliacrilato di metilegenere i polimetacrilati di radicali n-alchilici. Sono prodotti gommosi e vischiosi e vengono usati per la preparazione di pitture murali, perché formano sulle superfici su cui vengono applicati uno strato elastico e resistente agli agenti atmosferici.

Polimeri allilici

L'unità di base caratteristica di questa classe di polimeri proviene dalla rottura del doppio legame del gruppo insaturo allilico secondo lo schema di polimerizzazione:

Sebbene i polimeri allilici possano essere compresi nella più vasta classe dei polimeri vinilici è da ricordare che in questo caso la polimerizzazione si arresta a un grado decisamente inferiore a quello che si raggiunge negli altri polimeri vinilici: anche il relativo meccanismo di reazione è differente per cui si perviene a un polimero a struttura reticolata di notevole importanza nelle applicazioni perché decisamente termoindurente con ottime proprietà meccaniche ed elettriche. Inoltre in questo tipo di reazione è possibile arrestare il processo al grado di polimerizzazione desiderato, conservando nella massa del polimero un notevole residuo di doppi legami che in un secondo tempo possono dar luogo a un'ulteriore polimerizzazione. È così possibile plasmare degli oggetti che vengono poi definiti con un normale processo termico di polimerizzazione; tale applicazione è resa possibile anche dal fatto che la variazione di volume del processo avviene per lo più nella polimerizzazione iniziale. La caratteristica più importante dei polimeri allilici è la loro resistenza alle temperature elevate, oltre i 260 ºC, che ne permettono l'applicazione come tessuto protettivo e resistente al calore.

Polimeri amminici

Sono i polimeri che contengono i gruppi amminici inseriti nella catena principale (1) oppure sostituenti uno o più atomi di idrogeno (2) della stessa catena

Tra i polimeri amminici del primo tipo vanno ricordati la polietilendiammina e la polimetilenammina, mentre tra i polimeri del secondo tipo, cioè tra i polimeri con gruppi amminici quali sostituenti laterali, vanno ricordati i polimeri delle enammine (ammine α-β-insature contraddistinte dal raggruppamento –C=C–N) che nella loro molecola base possono avere il gruppo amminico primario, secondario o terziario; le enammine hanno inoltre la possibilità di copolimerizzare per esempio con l'acrinotrile. Di questa classe vanno inoltre ricordate le poliallilammine ad alto peso molecolare insolubili in acqua e solubili negli acidi diluiti. Bisogna aggiungere che le applicazioni dei polimeri amminici nel campo industriale sono limitate dall'alto costo del processo di fabbricazione. Vengono utilizzati nella fabbricazione delle resine scambiatrici di ioni. Il polimero più importante di questa classe è la polietilammina che viene usata nel campo tessile quale agente antistatico e per diminuire l'infiammabilità del cotone, mentre nella lavorazione della carta ne aumenta la lavorabilità e la tingibilità. È anche usata come agente copulante e nei processi di flocculazione.

Polimeri eterociclici

Con questo nome vengono indicati i polimeri la cui unità strutturale di base è formata da radicali alchilici e da radicali aromatici. Tenendo presente che i composti alifatici hanno la possibilità di polimerizzarsi con formazione di catene molto lunghe, flessibili, plastiche e malleabili, l'introduzione di anelli aromatici conferisce al polimero una rigidità e una resistenza meccanica che, se aumenta le proprietà tecnologiche rendendo i polimeri simili ai metalli, ne rende difficile la successiva lavorazione (scarsa solubilità, scarsa duttilità, alto punto di fusione, ecc.); poiché si può far variare la percentuale dei due tipi di composti organici nelle catene polimeriche con l'uso di opportuni catalizzatori e con particolari condizioni di reazione, è possibile ottenere polimeri con i composti alifatici e aromatici in tutti i rapporti desiderati; ed è inoltre possibile far variare il tipo di composto alifatico o aromatico in dipendenza delle proprietà che si vogliono nel prodotto finito. I più importanti polimeri eterociclici con segnalate le relative unità di base e i campi di applicazione sono descritti qui di seguito. Polimmidi: a questa classe appartengono i polimeri che nella catena principale hanno dei legami immidici compresi tra due nuclei aromatici (simboleggiati con Ar)

Questi polimeri, tra i quali ricorderemo la polimmide ottenuta per copulazione della dianidride piromellitica e del di-p-amminofenil-etere, devono essere lavorati con la stessa tecnologia usata per i metalli; presentano proprietà meccaniche eccezionalmente pregevoli e paragonabili a quelle dei metalli. Poliammidoimmidi: appartengono a questa classe i polimeri con unità di base contenente nella catena principale un legame immidico e uno ammidico. Vengono usati nella preparazione di vernici, di isolanti elettrici ad alta e bassa temperatura; rinforzati con vetro sono stati impiegati per strutture di aeroplani.

Poliesterommidi: polimeri che hanno come specifica proprietà la resistenza alle temperature relativamente alte. Poliobenzoimidazoli: vengono messi in commercio come prepolimeri e si mantengono inalterati fino a tre mesi. La trasformazione da prepolimeri in polimeri si effettua per riscaldamento. Data la loro eccellente stabilità termica vengono utilizzati per parti di apparecchiature su aeroplani, razzi, veicoli spaziali.

Poliossodiazoli: sono molto stabili alla luce e si degradano solo a temperatura superiore a 400 ºC.

Politriazoli: sono stabili in aria fino a 450 ºC.

Polimeri fluorurati

Appartengono a questa classe i polimeri con uno o più atomi di idrogeno sostituiti con atomi di fluoro. Quando tutti gli atomi di idrogeno sono sostituiti con fluoro si hanno i polimeri perfluorurati. Sebbene interessanti dal punto di vista strutturale, le applicazioni industriali sono scarse. Le polifluoroolefine sono molto malleabili e facilmente riducibili in lamine e in fili trasparenti. Quelli derivati dal perfluoro-propilene, dal pentafluoro-propilene e dal clorotrifluoroetilene vengono usati mescolati con cariche basiche e materiale inerte per fabbricare delle gomme con proprietà particolari e adoperabili fino a 400 ºC. Molti altri polimeri aromatici fluorurati sono molto stabili al calore e all'ossidazione.

Polimeri cristallini

Quando una struttura di un polimero presenta una conformazione spaziale che si ripete in modo regolare lungo una direzione (asse della macromolecola) si parla di polimeri cristallini. In questo tipo di polimeri gli assi delle molecole adiacenti sono paralleli e sono presenti, così come negli edifici cristallini, delle simmetrie specifiche. Quando la cristallizzazione si fa avvenire da soluzioni diluite si formano delle unità regolari dette cristalliti perpendicolari all'asse delle macromolecole; quando l'asse raggiunge una certa dimensione si ripiega fino a invertire la direzione di accrescimento (processo di folding). L'accrescimento avviene con formazione regolare di una spirale attorno all'asse. Nella cristallizzazione di un polimero si distingue la sua costituzione (cioè la sua struttura senza tener conto della posizione nello spazio delle sue catene), la sua configurazione che descrive l'orientamento spaziale dei legami delle catene strutturali che lo costituiscono e la sua conformazione dipendente dall'orientamento assunto dalle molecole per rotazione rispetto a uno o a più legami semplici esistenti nella molecola. Le proprietà di un polimero cristallino dipendono quindi dalle tre caratteristiche ricordate e cioè dalla sua costituzione, configurazione e conformazione.

Polimeri poliolefinici

Questa classe comprende i polimeri e i copolimeri delle olefine a esclusione di quelli ottenuti da monomeri vinil-aromatici o derivanti da dieni. La struttura molecolare deriva dalla macromolecola polimetilenica per sostituzione parziale o totale degli atomi di idrogeno con radicali alchilici sia lineari che ramificati o da radicali cicloalifatici; in molti casi i polimeri di questa classe sono facilmente cristallizzabili (per esempio copolimero alternato di etilene-butene 2). La struttura caratteristica delle poliolefine con sostituenti laterali è quella elicoidale e il passo dell'elica, così come il periodo d'identità, può variare da un polimero all'altro, mentre uno stesso polimero può presentarsi in forma cristallina diversa caratterizzata da diversi periodi di identità o da diversi modi di impacchettamento di catene molecolari egualmente conformate. Le poliolefine sono stabili fino a 300-350 ºC, temperatura alla quale cominciano a manifestarsi delle reazioni pirolitiche. I principali polimeri di questa classe sono: i polibuteni e i polibutileni che vengono utilizzati come additivi per gli oli minerali e come componenti di adesivi o di veicolanti di antiparassitari. Dalla struttura isotattica del polibutene-1 per polimerizzazione testa-coda e con i catalizzatori Ziegler-Natta sono stati ottenuti con polimerizzazione stereospecifica diversi polibutileni che hanno trovato applicazione nella produzione di film e di tubi.

Polimeri poliossifenilenici

A questa classe appartengono polimeri provenienti da composti aromatici con una delle tre strutture che sono indicate qui sotto:

Vengono usati nella fabbricazione degli strumenti medico-chirurgici in sostituzione dell'acciaio inossidabile date le buone proprietà meccaniche e la resistenza alle ripetute sterilizzazioni ad alta temperatura; vengono adoperati anche nella fabbricazione degli elettrodomestici per l'elevata resistenza ai detersivi e al vapor d'acqua.

Polisolfuri

A questa classe appartengono polimeri organici lineari contenenti gruppi tioeterei nella catena principale. La formula generale è di seguito rappresentata da

Il polifenilensolfuro presenta buone proprietà termiche ed è stato usato per il rivestimento di protezione delle capsule spaziali al rientro nell'atmosfera, avendo buone proprietà isolanti e dissipando grandi quantità di calore durante il processo di degradazione termica a cui va incontro in tali condizioni. Viene usato anche come adesivo per metalli.

Poliuretani

A questa classe appartengono polimeri le cui unità sono legate fra di loro dai gruppi uretanici del tipo

I poliuretani sono stati applicati nel campo degli elastomeri per le loro proprietà elastiche e la loro resistenza all'abrasione.

Polixilileni

A questa classe appartengono i polimeri nei quali l'unità ricorrente deriva da un isomero dello xililene:

Vengono adoperati come isolanti elettrici anche a bassissima temperatura: sono indispensabili per la miniaturizzazione dei circuiti elettrici ed elettronici. Data la loro bassa reattività chimica (in particolare il poli-p-xililene) vengono usati per l'incapsulamento di prodotti chimici molto reattivi quali per esempio i metalli alcalini; possono essere facilmente ottenuti in forma di film molto sottile.

Polimeri elettrolitici

Inizialmente studiati da Wright e collaboratori negli anni Settanta, nel 1978 fu dimostrata la loro applicabilità in dispositivi elettrochimici. Il più importante di questi polimeri è il poliossido di etilene (PEO) che può stabilizzare nella sua catena un sale (M+X-): la mobilità ionica è interpretabile sulla base di un meccanismo a salto del catione tra i siti di coordinazione dove è ancorato l'anione X-. Come sali da introdurre nella catena dell'ossido di polietilene sono stati usati il perclorato di litio, il fluoruro, il fluoboruro di litio, il perclorato di piombo; i risultati più promettenti sono stati ottenuti con i sali di litio. A questa classe appartengono i polimeri che allo stato solido presentano una conducibilità elettrica ionica relativamente elevata. È noto infatti che nei metalli e nei conduttori elettrici in genere la conduzione dell'elettricità viene compiuta dagli elettroni, mentre nelle soluzioni elettrolitiche viene compiuta dagli ioni carichi di elettricità (trasporto ionico). I conduttori elettrici a trasporto prevalentemente elettronico sono in genere solidi mentre quelli a trasporto ionico sono delle soluzioni di elettroliti e quindi a temperatura e pressione normale sono allo stato liquido. È noto altresì che gli accumulatori elettrici al piombo (batterie per automobili) o allo zinco o al cadmio (batterie a secco) sono costituiti da due elettrodi solidi immersi in una soluzione elettrolitica che assicura, oltre al trasferimento di carica alla superficie di separazione soluzione elettrolitica/elettrodo, anche il trasporto elettrico. La moderna tecnologia tende all'uso di apparecchi elettrici indipendenti da una sorgente esterna di elettricità, funzionanti cioè con generatori elettrici interni (wireless) allo stesso apparecchio, che devono quindi essere a elevata capacità elettrica e basso peso. Una delle applicazioni più interessanti per i riflessi ecologici è la sostituzione dei motori a scoppio delle automobili con motori elettrici alimentati da un opportuno accumulatore elettrico con un'elevata capacità che assicuri una buona autonomia del veicolo, un basso peso e un basso costo di produzione. Le ricerche si sono orientate su accumulatori costituiti sempre da due elettrodi e da un solido interposto tra di loro con elevata conducibilità elettrica ionica, proprietà questa non posseduta dai metalli. I polimeri elettrolitici sono costituiti da catene strutturali polimeriche del tipo olefinico con agganciati lateralmente dei gruppi anionici; questi ultimi posseggono cariche negative saturate da ioni positivi (cationi) debolmente legati e quindi liberi di muoversi all'interno del polimero; sotto un campo elettrico quindi i cationi possono condurre la corrente. Sono stati pertanto studiati nuovi polimeri e vetri conduttori adatti allo sviluppo di dispositivi elettrochimici che funzionano da generatori di corrente (polimeri conduttori ionici o elettroliti polimerici).

Polimeri vinil-aromatici

A questa classe appartengono polimeri con l'unità base formata dalla condensazione di un gruppo aromatico con il gruppo vinilico il cui doppio legame permette la polimerizzazione:

il più importante di questi polimeri è il polistirolo; sostituendo gli atomi di idrogeno del nucleo aromatico con radicali metilici nelle varie posizioni α, β, γ sono possibili molti altri polimeri. Bisogna aggiungere purtroppo che accanto alle numerose e vantaggiose proprietà tecnologiche dei manufatti a larga diffusione oggi costruiti in plastica (mobili, sacchetti, involucri di apparecchiature, ricoprimento di serre, parti di automobili e intere carrozzerie, ecc.) la maggior parte dei polimeri, e quindi delle materie plastiche, ha una proprietà che alla fine è risultata negativa dal punto di vista ecologico e cioè l'alta resistenza alla degradabilità naturale: in altre parole moltissimi polimeri non sono biodegradabili; un oggetto di plastica, per esempio un sacchetto o un bidone abbandonato in aperta campagna o buttato in un fiume o in un lago o nel mare, non si degrada nel tempo. È questa la ragione per cui si tende a sostituire le plastiche comuni con materiali biodegradabili (per esempio polimeri naturali a base di cellulosa).

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