pronóme

sm. [sec. XVII; dal latino pronōmen-ínis, da pro-, invece, al posto di+nomen-ínis, nome]. Parte variabile del discorso che ha la funzione di nome e generalmente ne fa le veci. I pronomi si distinguono in: personali, possessivi, dimostrativi, indefiniti, relativi, interrogativi. Si dice anaforico il pronome che richiama un termine precedente (il libro che ho letto), cataforico quello che anticipa un termine seguente (questo è il più bel libro). La categoria grammaticale del pronome, ascrivibile alla fase più arcaica delle lingue indeuropee, è caratterizzata in alcuni casi da desinenze specifiche proprie distinte da quelle della flessione nominale (nel neutro singolare -d invece di -m: latino illu-d rispetto a templu-m); un accostamento della declinazione degli aggettivi a quella dei pronomi si è avuto in alcune lingue indeuropee (in quelle germaniche la flessione forte dell'aggettivo è caratterizzata da alcune forme tipiche e peculiari dei pronomi); caratteristiche di alcuni pronomi indeuropei sono anche la varietà radicale tra nominativo e casi obliqui, singolare e plurale (latino nominativo ego, accusativo me, pl. nos) e la mancanza del genere grammaticale (come nei pronomi personali di I e II persona). La scomparsa o il livellamento delle desinenze verbali provoca spesso un processo di morfologizzazione del pronome che viene così ad assumere il valore di morfema distintivo delle persone (così in inglese I, you, we, they love; o in francese j'aime, tu aimes, il aime, ils aiment dove la distinzione delle forme aime, aimes, aiment è solo grafica e non fonetica); in certe lingue, e specialmente in quelle creole, un pronome preposto o posposto può anche esprimere la pluralità in mancanza di uno specifico morfema per il plurale (neo-portoghese di São Tomé: inem moço, i ragazzi, lett. essi ragazzo).

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