psicolinguìstica

sf. [psico-+linguistica]. Disciplina che studia le motivazioni psicologiche del messaggio linguistico in rapporto sia al parlante che lo trasmette, sia all'ascoltatore che lo riceve. Già alla fine del sec. XIX i cultori di linguistica storica della scuola neogrammatica, per spiegare i fenomeni connessi con l'analogia, avevano fatto ricorso a un coefficiente di tipo psicologico, e il linguista polacco J. Baudouin de Courtenay aveva introdotto nella nozione di fonema anche un contenuto psichico, ma furono soprattutto opere di studiosi come W. Wundt (Völkerpsychologie, 1904), J. van Ginneken (Principes de linguistique psychologique, 1907), O. Jespersen (The Philosophy of Grammar, 1924) a porre le vere premesse da cui si sviluppò la psicolinguistica. La felice integrazione dei metodi di indagine della linguistica e della psicologia (C. Osgood, G. A. Miller, A. R. Luria, B. F. Skinner, O. H. Mowrer, N. Chomsky) ha portato in seguito a risultati di rilievo nello studio dei rapporti tra pensiero e linguaggio e in un'ampia gamma di ricerche riguardanti temi di vivo interesse, come l'acquisizione della lingua materna da parte del bambino, l'apprendimento delle lingue straniere, l'analisi delle lingue dei popoli primitivi.

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