quaestiones perpetuae

loc. latina (propr., inchieste perpetue). Nella Roma repubblicana, le commissioni d'inchiesta in alcuni processi penali. Ebbero dapprima carattere straordinario (quaestiones perpetuae extra ordinem), ma si mutarono presto in permanenti (da cui il nome); riguardavano solo alcuni crimini e il giudizio aveva carattere accusatorio: l'accusa poteva essere introdotta da qualsiasi cittadino, il dibattito era presieduto da un pretore (diverso per ogni quaestio) e la commissione era composta da 50 cittadini. Nelle cause in cui il reo aveva già confessato il proprio delitto era prevista la custodia preventiva; per i processi che non avevano fatto ancora luce piena sul delitto era ordinata una comperendinatio, cioè un breve rinvio del processo per consentire un supplemento d'istruttoria; le quaestiones perpetuae a lungo andare assorbirono la funzione giudicante dei comizi; esse furono in vigore fino al sec. II d. C., quando vennero perdendo sempre più importanza e furono sostituite a loro volta dalla cognitio extra ordinem (vedi anche processo).

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