quantitative easing

Termine inglese (traducibile in italiano con “alleggerimento quantitativo”) per indicare una politica finanziaria messa in atto da una banca centrale per acquistare di titoli di stato o altre obbligazioni dalle banche, per immettere nuovo denaro nell’economia, incentivare i prestiti bancari verso le imprese e far crescere l’inflazione. Si tratta di una politica monetaria espansiva, non convenzionale e piuttosto aggressiva, utilizzata quando non si rivelano più efficaci le tradizionali manovre sui tassi di interesse per abbassare il costo del denaro. In pratica, la banca centrale (la BCE nel caso dell’Unione Europea) emette nuova moneta e la immette sul mercato tramite l’acquisto di titoli, facendone così aumentare il prezzo e, di conseguenza, riducendone il rendimento; gli effetti nel breve periodo sono la riduzione degli interessi bancari e quindi dei mutui e degli scoperti finanziari, con conseguente attenuazione della pressione debitoria sulle famiglie e quindi una “liberazione” di denaro per l’aumento dei consumi. Il rischio di questa politica è l’eccessiva svalutazione (diminuzione di valore) della moneta: tale deprezzamento può infatti favorire le esportazioni ma non le importazioni. Il quantitative easing è stato adottato da alcune banche centrali per contrastare l'inflazione eccessivamente bassa: in Giappone nel 2006, negli Stati Uniti e in Inghilterra nel 2008, nell’Unione Europea tra il 2015 e il 2019 (poi esteso al 2020 con un piano di acquisto di emergenza a causa dell’epidemia del coronavirus COVID-19).

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