scagliatùra

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sf. [da scagliare]. 1) Difetto di manufatti ceramici smaltati consistente nella rottura in scaglie dello smalto. È dovuta a un maggior coefficiente di dilatazione della pasta rispetto allo smalto e si manifesta durante il raffreddamento.

2) Degradazione di un materiale che si evidenzia con soluzione di continuità tra gli strati superficiali per effetto di efflorescenze saline e vegetazioni infestanti.

3) In metallurgia, operazione eseguita prima della laminazione a caldo, consistente nell'asportazione dello strato di ossido che si forma sulla superficie di un lingotto o di un semilavorato durante il riscaldamento nel forno per portarlo alla temperatura di laminazione. L'operazione può essere effettuata in diversi modi: A) per via meccanica, agendo con catene pensili che battono sul pezzo caldo e frantumano la scaglia; B) per mezzo di gabbie scagliatrici (in genere laminatoi a duo), che producono una debole riduzione di spessore deformando quindi solo lo strato superficiale meno plastico che si stacca e viene allontanato: questo sistema è usato per bramme, tondi, vergella ecc.; C) per via idraulica, mandando acqua ad alta pressione (ca. 180 atmosfere) a colpire la superficie del lingotto: si ha così un'azione di distacco dello strato ossidato che, raffreddato istantaneamente, si contrae e si stacca dal resto del metallo, e contemporaneamente un'azione di asportazione esplicata dal flusso di acqua. Tale metodo viene usato per lingotti, bramme ecc.; D) per deformazione mediante rulli: la scagliatura viene realizzata meccanicamente a freddo su nastri prima del decapaggio, sottoponendoli all'azione di un sistema di rulli. La scaglia, essendo più fragile e meno duttile del metallo base, si stacca e viene asportata mediante un getto d'aria.

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