Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino sigillum, dim. di signum, segno].

1) Marchio usato in ogni epoca da istituzioni (Stato, Chiesa, ecc.), enti, o privati, per convalidare l'autenticità di un documento o per garantire da manomissioni qualsiasi tipo di chiusura cui si voglia assicurare l'inviolabilità, da quella di documenti a quella di casse o forzieri, a quella di interi edifici. È detta sigillo sia la matrice (o tipario) che si imprime su una materia malleabile, sia l'impronta che la matrice lascia impressa.

2) Per estensione, tutto ciò che si usa per chiudere ambienti, mobili, ecc., in modo che non si possa aprire senza autorizzazione: rompere il sigillo dell'armadio. Fig., vincolo di segretezza: aver il sigillo sulle labbra, essere nell'impossibilità di parlare; sigillo sacramentale, diritto e obbligo del sacerdote cattolico di mantenere il segreto su tutto ciò che ha appreso durante la confessione.

Cenni storici

L'uso di sigilli risale a epoche remotissime, quando al valore simbolico delle figure incise in pietre dure si accompagnava, o almeno non era estraneo, il valore magico delle stesse pietre per cui il sigillo poteva essere assunto come amuleto. Fin dal IV millennio a. C. presso le civiltà iraniche della valle dell'Indo e della Mesopotamia si conoscono matrici in pietra, dapprima con fregi a reticolato, o con rare figure animali, più tardi con figure umane (tipico l'eroe che vince una fiera). Nel III-II millennio a. C. si hanno tipiche matrici cilindriche da usarsi sulle tavolette d'argilla (inadatte invece per materiali scrittori flessibili quali il papiro, e perciò poi abbandonate dagli Egizi e dai Greci): vi compaiono figure animali o scene di culto o di battaglia. Verso la metà del II millennio compaiono le prime iscrizioni; nella valle dell'Indo si hanno tipari in rame dal sec. XIX a. C. Nella civiltà egizia il sigillo ha fin dagli inizi carattere epigrafico: le matrici sono dapprima cilindriche, poi, con l'introduzione del papiro, piatte, incise sempre su pietre dure; vi compare, più spesso, lo scarabeo sacro, in alternativa il contorno rappresenta lo scarabeo e all'interno compaiono figure o scene allegoriche. L'arte cretese micenea ha splendidi esempi di sigilli a iniziare dal sec. XVI a. C.; in Grecia, le città-Stato segnano l'origine dei primi sigilli pubblici e in età ellenistica diventano comuni i sigilli che raffigurano personaggi, in genere il sovrano stesso di cui il sigillo contrassegna gli atti. Nell'antica Roma compare, e se ne conservò l'uso durante tutto il Medioevo, il sigillo montato su anello: di ferro per i privati, d'oro per gli appartenenti all'ordine equestre, poi per le autorità dell'impero, infine concesso anche a persone non appartenenti all'ordine equestre. L'uso del sigillo sul documento ne muta profondamente le caratteristiche; da puro atto memorativo, dopo l'introduzione del sigillo il documento diventa atto probatorio: dalla semplice notitia si passa in termini di diritto alla charta o chirographum cui il signum attribuisce valore intrinseco di autenticità e di prova. Nei sigilli romani compaiono in genere figure simboliche o allegoriche: Cesare usa l'immagine della dea Venere a cui risaliva la sua mitica genealogia, Augusto quella della Sfinge egiziana, poi il ritratto di Alessandro Magno, prima di imporre l'uso della propria immagine poi imitato dai suoi successori. Nei sigilli di famiglie cospicue romane appaiono spesso rappresentati antenati illustri; alcuni di questi ritratti (per esempio in età imperiale il ritratto di Scipione opera di Eraclide, o le opere di Dioscuride per Augusto) sono delle vere opere d'arte. Ancora maggiore importanza ha il sigillo durante il Medioevo; l'uso ne è regolato da leggi e norme specifiche, la sua custodia è affidata ad apposite magistrature e uffici (ne resta ancora traccia, per esempio nella definizione di “ministro guardasigilli” per il ministro della Giustizia). Inizialmente prerogativa di titolari di poteri sovrani (principi o grandi feudatari e, in quanto tali, anche taluni ecclesiastici), in età comunale il suo uso si estese, oltre che ai Comuni, anche alle maggiori istituzioni ecclesiastiche, quali ordini religiosi, abbazie, quindi anche alle corporazioni, ai collegi e progressivamente ai privati, enti o persone (in genere nobili). I sigilli medievali si distinguono in due categorie fondamentali secondo il modo in cui sono applicati al documento: aderenti o pendenti. I primi sono sostanzialmente di cera, colata e impressa col tipario a caldo sul documento; assai frequente è il sigillo aderente, costituito da cera o mucillagine (comunque materiali plastici) ricoperta da un lembo quadrangolare, in genere romboidale, di carta, sul quale si imprime la matrice consentendo all'impronta una miglior conservazione e una durata maggiore di quelle possibili con il sigillo in cera allo scoperto. I sigilli pendenti possono essere di cera, applicati con tecnica affine a quella dei sigilli aderenti a fili di canapa o seta o a strisce di carta o pergamena che pendono dal documento, oppure di metallo, legati con fili al lembo inferiore del documento. A protezione del sigillo pendente di cera si usò anche, e divenne la tecnica più consueta, colare la cera e poi imprimerla col tipario, in una teca, di legno o di metallo (spesso incise con la stessa impronta del sigillo), e legare questa ai fili pendenti dal documento; i sigilli pendenti metallici, per lo più di piombo, ricevevano l'impronta da speciali tenaglie o, come nella cancelleria pontificia, dalla pressione del tipario per mezzo di un torchio. Eccezionalmente vasta è la tipologia delle figure che compaiono nei sigilli medievali: genericamente si può dire che tra le figure sacre solo raramente compare il Padre Eterno, e che normalmente il Cristo è raffigurato fanciullo, in grembo alla madre e in atto di benedire; le figure equestri sono tipiche, in genere, di sovrani o cavalieri; i Comuni spesso hanno sigilli in cui compare la cinta di mura merlate, mentre il castello o la torre sono frequenti nei sigilli di feudatari; a partire dal sec. XII si hanno sigilli araldici, in cui è raffigurato lo stemma araldico del titolare del sigillo. Generalmente, infine, le scritte sono in stretta connessione con la figura. I secoli seguenti al Medioevo generalizzarono l'uso del sigillo, videro l'introduzione di tecniche nuove assai più vicine a quelle della medaglistica, ma non mutarono sostanzialmente la tipologia del sigillo, anche se andò progressivamente affermandosi il sigillo araldico.

Diritto

Giudice competente all'apposizione del sigillo è il tribunale. Nei Comuni in cui non ha sede il tribunale, i sigilli possono essere apposti, in casi di urgenza, dal giudice di pace. Nel fallimento di un'impresa può essere apposto il sigillo sui beni che si trovano nella sede principale dell'impresa e sugli altri beni del debitore. Nella successione testamentaria possono fare domanda per l'apposizione di sigilli l'esecutore testamentario, coloro che possono avere diritto alla successione, le persone che coabitavano col defunto o che al momento della morte erano addette al suo servizio, i creditori. L'apposizione dei sigilli è, peraltro, disposta d'ufficio o su richiesta del Pubblico Ministero se il coniuge o alcuno degli eredi è assente dal luogo ovvero se tra gli eredi vi sono minori o interdetti e manca il tutore o il curatore o se il defunto è stato depositario pubblico o ha rivestito cariche e funzioni per effetto delle quali si ritiene che possano trovarsi presso di lui atti della pubblica amministrazione o comunque di carattere riservato. La violazione di sigillo costituisce reato punito dalle norme del codice penale (art. 349 c.p.). § Il sigillo di Stato è un contrassegno che serve ad autenticare i documenti emessi dall'autorità costituita; esso è custodito in Italia dal ministro della Giustizia (guardasigilli) e viene usato, appunto, quando lo Stato manifesta la propria volontà. § Il sigillo diplomatico serve ad attestare l'autenticità dei documenti internazionali e viene usato dalle rappresentanze diplomatiche, dai capi di Stato e dai ministri degli Affari Esteri.

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