Definizione

sf. [sec. XIV; dal latino ecclesiastico trinítas-ātis, da trinus, trino]. Nel dogma cattolico, la realtà di Dio come unica natura in tre Persone.

Religione

L'affermazione della Trinità costituisce uno dei momenti centrali della confessione di fede, esprimendosi in essa a un tempo l'unità sostanziale e la distinzione personale (o ipostatica), nelle quali si risolve la relazione fra Padre, Figlio, Spirito Santo. Nella Scrittura, oltre al termine, manca qualsiasi definizione concettuale, o una dottrina della Trinità. L'elaborazione di un dogma trinitario ha costituito pertanto il problema e il compito della speculazione teologica successiva all'epoca neotestamentaria, e si è venuta compiendo soltanto verso la fine del sec. IV. Il problema teorico di fondo, da cui prese l'avvio il processo che condusse alla definizione del dogma, non era dato semplicemente dall'opportunità di una sistematizzazione delle asserzioni bibliche sulle Persone divine, bensì propriamente dalla necessità di chiarire il rapporto fra rigorosa affermazione del monoteismo, da un lato, e attribuzione della divinità a più di una Persona, dall'altro lato. Lo sviluppo del processo di elaborazione dogmatica venne storicamente sollecitato, poi, e determinato non solo dalla tensione fra differenti posizioni teoriche, ma altresì dai conflitti ecclesiastici e politici, i cui motivi s'intrecciavano strettamente con quelli delle dispute teologiche. Nel corso del sec. II e della prima metà del sec. III, lo strumento teorico per definire la natura del rapporto fra divinità del Padre e divinità del Figlio fu prevalentemente il concetto di Logos, in cui s'incontravano la terminologia neotestamentaria (Giovanni) e gli esiti della speculazione filosofica ellenistica e giudeo ellenistica (Filone Alessandrino): per questa via si perveniva generalmente al subordinazionismo, una posizione che fu integrata e codificata nel sistema teologico di Origene. A iniziare dalla fine del sec. II si vennero delineando le due fondamentali prospettive teologiche che, convergendo nell'intento di salvaguardare rigorosamente l'idea monoteistica (donde il nome di teologie monarchiane), procedevano tuttavia in tale direzione per opposte strade: l'adozionismo, forma estrema della soluzione subordinazionistica, e il modalismo o sabellianesimo. Nel sec. III, attraverso dispute teologiche e deliberazioni sinodali o papali, la controversia trinitaria si mantenne viva, senza che si giungesse a una soluzione. Questa fu provocata, nel secolo successivo, sia dalla necessità di opporre un chiarimento dogmatico non contestabile all'arianesimo (filiazione dell'adozionismo antiocheno), sia per effetto – sul piano ecclesiastico e politico – del diretto intervento imperiale nei tentativi di dirimere la questione. Il I Concilio ecumenico di Nicea (325), convocato dall'imperatore Costantino, definì quindi, contro la posizione ariana, la consustanzialità (omousía) del Padre e del Figlio. La contesa trinitaria, carica ormai di aggrovigliati risvolti politici, cui corrispondeva una costellazione di differenziazioni dottrinali (ariani, semiariani origenisti, niceni ortodossi), perdurò tuttavia accesa nel periodo postniceno, sino al Concilio di Costantinopoli del 381, che confermò definitivamente, da un lato, il dogma niceno e dall'altro formulò il dogma della divinità della terza Persona della Trinità, lo Spirito Santo. Sulla questione dello Spirito Santo, la dottrina trinitaria giunse a compimento soltanto nei secoli successivi, in modi diversi; nella Chiesa occidentale s'integrò il simbolo niceno e costantinopolitano, che definiva la processione dello Spirito dal Padre, con il dogma della consimile processione dello Spirito dal Figlio (Sinodo di Toledo del 589); la Chiesa orientale mantenne invece la forma originaria del simbolo niceno e costantinopolitano e la questione del Filioque fu tra i motivi dottrinali dello scisma orientale. Il dogma trinitario è stato rigettato dalle correnti antitrinitarie del sec. XVI e dai gruppi che si richiamano alle posizioni sociniane (unitari).

Iconografia

Accanto alla raffigurazione della Trinità con simboli geometrici (triangolo inscritto in un cerchio, tre cerchi concentrici ecc.), fin dai primi secoli dell'era cristiana si diffuse, soprattutto in area bizantina, il tema iconografico dell'etimasia, dove la divinità è rappresentata da un trono vuoto. Successivamente, con il sec. IX, si affermò in area occidentale anche una raffigurazione antropomorfa, sia nella cosiddetta Trinità tricefala (propria della scultura romanica francese, e proibita più tardi dal Concilio di Trento), sia nella rappresentazione di tre figure uguali (Salterio di Utrecht, Hortus deliciarum). Accanto a questo tipo di rappresentazione si sviluppa il tema del Trono di Grazia, dove il Padre dal trono sostiene il Figlio crocefisso alla presenza della colomba dello Spirito Santo (Messale di Cambrai, Cambrai, Bibliothèque Municipale; Masaccio, Firenze, S. Maria Novella; A. Dürer, Vienna, Kunsthistorisches Museum). Dalla fine del Cinquecento questo schema iconografico appare leggermente modificato: il Figlio non è rappresentato in croce, ma il suo corpo inerte è sostenuto dal Padre (Cigoli, Firenze, S. Croce; P. P. Rubens, Anversa, Museum voor Schone Kunsten).

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