Ilaria Alpi: in memoria di una giornalista

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Quest’anno Ilaria Alpi avrebbe compiuto 60 anni. Lei non c’è dal 1994. Era il 20 marzo quando Ilaria e Miran Hrovatin, giornalista neanche 33enne e operatore del Tg3, furono uccisi a Mogadiscio, in Somalia.

Il 20 marzo 1994 veniva diffusa la notizia della morte della giornalista Ilaria Alpi. Assassinata a colpi di kalashnikov, insieme all’operatore Miran Hrovatin, la giornalista italiana, inviata del Tg3, perse la vita in un agguato per le strade di Mogadiscio. Ilaria stava lavorando a un'inchiesta sul traffico d'armi, che toccava da vicino i signori della guerra somali. Il 24 maggio 2021 Ilaria Alpi avrebbe compiuto 60 anni.

Chi era Ilaria Alpi

Nata a Roma nel 1961, Ilaria Alpi conosceva l'arabo, il francese e l'inglese: questa sua dimestichezza con le lingue straniere le valsero le prime collaborazioni giornalistiche dal Cairo per Paese Sera e L'Unità. Dopo aver vinto una borsa di studio, fu assunta in Rai.

L’inchiesta sul traffico di rifiuti in Somalia

La prima volta in Somalia per Ilaria Alpi fu nel 1992 per seguire la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile che imperversava dal 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Alla missione prese parte anche l'Italia, superando in tal modo le riserve dell'inviato speciale per la Somalia, Robert B. Oakley, legate agli ambigui rapporti che il governo italiano aveva intrattenuto con Barre nel corso degli anni Ottanta.

Il lavoro di Ilaria Alpi aveva portato alla luce un traffico internazionale di rifiuti tossici e radioattivi che dai Paesi industrializzati (Italia compresa) venivano sepolti nelle nazioni povere dell'Africa, in cambio di tangenti e armi concesse ai gruppi politici del posto.

L’omicidio a Mogadiscio il 20 marzo 1994

Il 20 maggio 1994, due anni dopo il suo arrivo in Somalia, Ilaria Alpi viene uccisa da un commando somalo a Mogadiscio insieme al suo operatore tv Miran Hrovatin. Sul luogo dell’agguato, come mostrano le immagini girate dall’operatore della tv americana ABC Carlos Mavroleon, è presente l’imprenditore italiano Giancarlo Marocchino, che a caldo dichiara: «Non è stata una rapina. Si vede che sono andati in certi posti che non dovevano andare». Tra il 16 e il 20 marzo 1994 Alpi lavorò a Bosaso, piccola città del Nord-Est della Somalia affacciata sul golfo di Aden. Si presume che sia lì che la giornalista abbia scoperto qualcosa che l'ha portata fino al suo appuntamento con il commando somalo che le ha tolto la vita.

Le indagini

Le salme di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin arrivarono a Roma, all'aeroporto militare di Ciampino. Per la giornalista furono disposti i funerali di stato, celebrati il 23 marzo 1994. A quel tempo l'indagine giudiziaria non era ancora iniziata. Fu il sollecito di un funzionario cimiteriale a sollevare l'interesse della magistratura. Infatti se a Trieste, sul corpo di Miran Hrovatin venne effettuata l’autopsia, a Roma il corpo di Ilaria Alpi non venne toccato se non da un esame medico esterno disposto dal pm Andrea De Gasperis.

I depistaggi

Intanto, spariscono alcune delle cassette girate da Miran Hrovatin e, con esse, i taccuini con gli appunti di Ilaria Alpi. A Roma giunsero solo i due blocco note ancora nuovi della giornalista, mentre i bagagli arrivano con i sigilli violati. Giorgio Alpi, padre della giornalista, parlò di «esecuzione», ricordando che poco prima di morire la figlia aveva intervistato il sultano di Bosaso, Abdullahi Mussa Bogor, e annotato degli appunti su un taccuino che risulta scomparso. 

A maggio 1996 si dispose la riesumazione della salma di Ilaria Alpi: il pubblico ministero Giuseppe Pititto, ordinò per la prima volta l'autopsia, nominando dei consulenti medici e balistici. In un primo momento si disse che il colpo che aveva raggiunto Alpi, era stato sparato da lontano. Ma dopo una seconda superperizia, fu stabilito che i colpi che uccise la giornalista e il suo operatore erano stati sparati a bruciapelo, come in un'esecuzione

La conclusione era già stata documentata sulla nave Garibaldi che aveva trasportato in Italia le salme dei due. Dopo aver trascorso due anni nel cassetto di un ufficio della Marina Militare, finalmente venne mandato alla Procura di Roma su richiesta dei genitori di Ilaria Alpi.

Nel 1998, quattro anni dopo la morte di Alpi, viene richiesta una terza perizia. A seguirla furono i periti Torri e Benedetti, consulenti tecnici giudiziari poi anche nel caso dell’omicidio di Carlo Giuliani a Genova il 20 luglio 2001. La loro tesi fu quella di un calcinaccio che aveva deviato in aria un proiettile vagante, avvalorando la tesi di un colpo accidentale sparato da lontano

A quel punto i genitori di Alpi chiesero l'acquisizione dell’immagine satellitare statunitense per chiarire la dinamica dell’agguato avvenuto a Modadiscio il 20 marzo ’94. In un primo momento venne detto che proprio quel giorno il satellite era guasto. L'immagine venne ritrovata e acquisita dal ministero degli Esteri ma considerata “non utile ai fini dell’indagine”. In ogni caso non fu mai inviata alla famiglia Alpi.

Hashi Omar Hassan: condanna e assoluzione

Il 12 gennaio 1998 il somalo Hashi Omar Hassan, a Roma da due giorni per testimoniare alla commissione sulle presunte violenze dei soldati italiani in Somalia, venne arrestato per concorso nel duplice omicidio. A incastrarlo, l’autista di Ilaria Alpi che lo identificò come presente nel giorno dell'omicidio della giornalista e del suo cameraman. Ma il 9 luglio 1999 Hassan venne assolto dal tribunale di Roma. Il 24 novembre 2000 la corte d’Assise d’Appello di Roma ribaltò la sentenza di primo grado, condannando il somalo all’ergastolo: i giudici lo riconobbero come uno dei sette componenti del commando che aveva ucciso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La decisione fu annullata dalla prima sezione penale della cassazione.

Le richieste di archiviazione

Il 12 giugno 2007  il pm Franco Ionta, titolare del procedimento sul caso Alpi-Hrovatin presso la Procura di Roma, chiese l’archiviazione del caso. Sostenne l’impossibilità di identificare i responsabili degli omicidi di Alpi e Hrovatin al di fuori di Hashi Omar Hassan, il miliziano somalo che intanto era stato condannato a 26 anni. Il gip Emanuele Cersosimo boccia la richiesta di archiviazione: per lui fu un omicidio su commissione. Ma tra l'inizio del processo e la richiesta di archiviazione chi aveva conosciuto Ilaria Alpi non era rimasto con le mani in mano ad attendere una sentenza, che forse non arriverà mai.

Ilaria Alpi: continua la ricerca della verità

Nonostante siano passati 27 anni, l'interesse sulla morte di Ilaria Alpi è ancora molto acceso. A smuovere l'opinione pubblica sono stati sia il  film di Ferdinando Vicentini Orgnani Il più crudele dei giorni, con Giovanna Mezzogiorno nella parte di Ilaria, sia l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta avvenuta nel 2003. 

L'impegno costante dell'Associazione Ilaria Alpi/Comunità Aperta ha prodotto un reportage giornalistico e una mostra fotografica, realizzata dopo un viaggio in Somalia, avvenuto nel 2005. Intanto, continuano ad essere sollecitate le istituzioni per fare piena luce sul caso. Nel 2012 un’inchiesta dei giornalisti Andrea Palladino e Luciano Scalettari per il Fatto Quotidiano ha mostrato dei documenti inediti inviati dal Sios di La Spezia (il comando del servizio segreto della Marina Militare) a Balad in Somalia, il 14 marzo del ’94, il giorno in cui Ilaria e Miran erano appena arrivati a Bosaso.

«Causa presenze anomale in zona Bos/Lasko ordinasi Jupiter rientro immediato base I Mog. Ordinasi spostamento tattico Condor zona operativa Bravo possibile intervento» . Secondo le ricostruzioni dei giornalisti Jupiter era Giuseppe Cammisa, braccio destro di Francesco Cardella, il guru della comunità Saman. Nel loro articolo, cercando di ricostruire i fatti di quei giorni, hanno concluso: «L’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin potrebbe dunque nascondere qualcosa che va al di là di ogni ipotesi immaginata fino ad oggi, traffici che hanno visto il coinvolgimento di apparati dello Stato, coperti per diciotto anni, grazie a silenzi e depistaggi».

Nel 2013 la Presidenza della Camera, su inziativa della Presidente Laura Boldrini, ha avviato la procedura di desecretazione degli atti acquisiti dalle Commissioni parlamentari d’inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi-Hrovatin. Intanto, gli omaggi a Ilaria Alpi e l'impegno nella ricerca della verità per lei e il suo collaboratore continuano per non dimenticare.

 

Stefania Leo