Referendum costituzionale 2020: cosa cambia se vince il SI

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Urne aperte il 20 e 21 settembre in occasione del 73esimo referendum nazionale, con il quale gli italiani sono chiamati a decidere se confermare o meno la riduzione di un terzo del numero dei parlamentari di Camera e Senato, approvata dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 ottobre 2019. Perché gli italiani sono chiamati a votare? Che cosa succede di preciso in caso di vittoria del “sì”? E se invece vince il “no”? Ecco le cose da sapere.

Perché andiamo alle urne

Il quesito referendario del 20-21 settembre è un referendum confermativo, indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari". Ma se è già stata approvata dal Parlamento e pubblicata nella Gazzetta ufficiale, perché andremo alle urne? Perché la proposta di legge di modifica della Costituzione, nelle quattro letture parlamentari conformi, non ha ottenuto la maggioranza qualificata necessaria per blindare il testo. Dunque, come prescritto dall'articolo 138 della Costituzione, il provvedimento non è stato direttamente promulgato proprio per dare la possibilità di richiedere un referendum confermativo, cosa che si è verificata tramite la firma di 71 senatori contro le 64 necessarie.

Non serve il quorum

Originariamente previsto per il 29 marzo 2020, il referendum è stato rinviato a settembre a seguito della pandemia di Covid-19. I seggi sono aperti domenica 20 dalle 7 alle 23 e lunedì 21 dalle 7 alle 15: essendo un referendum costituzionale, non è previsto il quorum. Non importa insomma l’affluenza e vince l’opzione che ha ricevuto il maggior numero di voti.

Il quesito sulla scheda

Il quesito presente sulla scheda di questo referendum confermativo è molto semplice: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?»

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123RF

Se vince il “sì”

La proposta di riforma costituzionale prevede la riduzione del numero dei parlamentari da 945 a 600 membri. In caso di vittoria del “sì”, ci sarà un taglio di 115 senatori (da 315 a 200) e di 230 deputati (da 630 a 400). Le cifre includono i parlamentari eletti all’estero. Inoltre, la riforma dell’articolo 59 prevede espressamente che il numero massimo di senatori a vita non possa essere superiore a 5 (adesso sono 6).

Se vince il “no”

Se il referendum conferma la legge approvata, dalla prossima legislatura ci saranno 345 parlamentari in meno. Se invece a prevalere sarà il “no”, tutto rimarrà come prima: un deputato ogni 96.006 abitanti e un senatore ogni 188.424.

Le conseguenze del taglio

Il risultato del referendum potrebbe portare a una “sforbiciata” del 36,5% dei parlamentari. Il risparmio lordo annuo che si otterrebbe riducendo di 345 unità il loro numero ammonta a 53 milioni per le casse della Camera e a 29 milioni per quelle del Senato, per un totale di 82 milioni. Una cifra considerevole, come sottolineano i fautori della riforma, ma pari appena allo 0,007 % della spesa pubblica italiana. 

L’eventuale entrata in vigore

La riduzione dei parlamentari ha effetto dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, comunque, non prima che siano decorsi 60 giorni.