La vera storia di Pablo Escobar

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Dalle umili origini al narcotraffico di cocaina, fino alla costruzione dell’impero criminale e alla caduta per mano di polizia colombiana e Stati Uniti. Le cose da sapere sul signore della droga più famoso (e ricco) di sempre.

È uno dei criminali più famosi di sempre ed è stato sicuramente il più ricco di tutti. Pablo Escobar, “El Patron”, il signore della droga per eccellenza, personaggio odiato e amato al tempo stesso in Colombia, Paese dove il suo Cartello di Medellin prese il potere lasciandosi dietro una lunghissima scia di sangue: la vera storia del narcotrafficante.

Chi era Pablo Escobar

Pablo Emilio Escobar Gaviria aveva origini umili. Eppure riuscì a diventare il capo di un impero criminale mai visto prima (e nemmeno dopo).

Origini e famiglia

Il futuro signore della droga nacque l’1 dicembre 1949 a Rionegro, città conosciuta come “Cuna de la Democracia” (Culla della democrazia) in quanto una delle città più importanti durante il periodo della lotta per l'indipendenza della Colombia. Terzo dei sette figli del contadino Abel de Jesús Escobar Echeverri e dell’insegnante di scuola elementare Hermilda Gaviria, crebbe però per le strade di Medellín.

La formazione

Escobar e suo cugino Gustavo Gaviria, che diventò poi il suo braccio destro, frequentarono insieme il liceo “Lucrecio Jaramillo Vélez”: qui i due iniziarono a sviluppare una certa capacità per gli affari, vendendo esami e prestavano denaro con interessi. Finito il liceo, Escobar si iscrisse alla Facoltà di Economia dell’Università Autonoma Latinoamericana di Medellín, senza però terminare gli studi.

Carriera criminale

Pablo Escobar non finì l’università, prediligendo la carriera criminale. Che, però, era iniziata molto prima.

Gli inizi

Escobar cominciò la sua carriera criminale da adolescente commettendo piccoli furti e truffe. Iniziò rubando biciclette, per poi passare alle lapidi dei cimiteri, che rivendeva una volta rimosse le iscrizioni. Successivamente si dedicò al contrabbando di elettrodomestici e al furto di automobili. Arrestato proprio per quest’ultimo reato, nel 1974 finì nel carcere di Ladera, dove incontrò un contrabbandiere, che lo iniziò al narcotraffico. Fu così che entrò nel nascente business della cocaina.

Verso l'impero

Nel 1975, insieme con il cugino Gustavo Gaviria, iniziò a commerciare cocaina, sfruttando le rotte che i trafficanti utilizzavano già da tempo per la marijuana. Il business si rivelò proficuo fin da subito e lo diventò ancora di più quando, dopo aver stretto alleanze con Gonzalo Rodríguez Gacha, Carlos Lehder e Jorge Luis Ochoa, Escobar nel 1976 fondò il Cartello di Medellín. Al suo apogeo, l’organizzazione arrivò a controllare oltre l’80% della produzione mondiale di cocaina. Già nel 1978 acquistò, insieme a due cugini, una tenuta che ribattezzò Hacienda Nápoles. Diventò il suo quartier generale e anche un simbolo del potere acquisito: vi costruì numerosi edifici, piscine, strade, una pista di atterraggio e un giardino con animali esotici. All’entrata un arco con la replica dell’aereo con cui aveva portato il primo carico di cocaina negli Stati Uniti. Durante la costruzione del suo impero, Escobar cercò costantemente il sostegno popolare, in modo da proteggersi dalle persecuzioni delle autorità: aiutò i poveri colombiani, costruendo aree residenziali, scuola, ospedali, strade e impianti sportivi. La sua fama di benefattore pagò: non fu mai tradito dal “suo” popolo, che gli rimase sempre fedele offrendogli coperture e nascondendo informazioni alle autorità.

La violenza

Non fu solo così che Escobar ottenne e mantenne il potere. Secondo i calcoli ufficiali, in meno di venti anni di carriera criminale fece uccidere oltre 4mila persone. Tra esse il candidato presidente Luis Carlos Galan, più di 200 giudici, migliaia di poliziotti e decine di giornalisti, così come numerosi membri del Cartello di Cali, rivale per il controllo dei traffico di droga. “Plata o plomo”, ovvero “argento o piombo”: era questa la strategia adottata da Escobar, che offriva due vie a chi si trovava sulla sua strada, cioè accettare di lasciarsi corrompere oppure morire. Nel 1989 fece esplodere una bomba su un aereo di linea, causando la morte di 107 persone, solo perché credeva che a bordo ci fosse anche César Gaviria, politico del Partito Liberale Colombiano candidato alla presidenza del Paese sudamericano (fu eletto l’anno successivo).

Il patrimonio di Pablo Escobar

Escobar fu incluso per sette anni consecutivi (dal 1987 al 1993), nella lista degli uomini più ricchi al mondo della rivista statunistense Forbes. Nel 1989 raggiunse addirittura la settima posizione. L’organizzazione criminale capeggiata da Escobar possedeva flotte di aerei, navi e sottomarini, così come ricche proprietà e vasti appezzamenti di terreno: al suo apice, il Cartello di Medellín incassava circa 30 miliardi di dollari l'anno ed esportava ogni giorno negli Stati Uniti 15 tonnellate di cocaina.

La politica

Nel 1982 Escobar avviò una breve carriera politica. Fu infatti eletto alla Camera dei rappresentanti della Colombia, cosa che gli garantì l'immunità parlamentare. Poco dopo il quotidiano El Espectador pubblicò la notizia che il narcotrafficante era stato arrestato nel 1976 per possesso di un carico di cocaina: a ottobre 1983 la Camera privò Escobar dell'immunità parlamentare, costringendolo alle dimissioni all’inizio del 1984. A dicembre del 1986, il direttore del giornale Guillermo Cano Isaza fu ucciso dai sicari del boss del narcotraffico.

L’arresto e il confinamento nella Catedral

Il 19 giugno 1991, al termine di una lunga e sanguinaria trattativa con il governo fatta di omicidi, sequestri e autobombe, Escobar si consegnò alla giustizia per evitare l'estradizione negli Stati Uniti. Il patto prevedeva il confinamento per cinque anni in una prigione privata di lusso, La Catedral, costruita per l’occasione, dalla quale le forze armate nazionali dovevano rimanere lontane. Escobar in realtà uscì più volte dalla Catedral: lo fece per assistere a partite di calcio, per fare compere a Medellín, per partecipare a feste ed eventi vari. Entrati nella “prigione”, non ne uscirono mai invece i soci Gerardo Moncada e Fernando Galeano, che fece giustiziare in quanto ritenuti traditori. Venuto a conoscenza di quanto accaduto, il governo colombiano ordinò il trasferimento di Escobar e del suo clan in un carcere ordinario: il 22 luglio 1992, tuttavia, El Patron evase dandosi alla fuga.

La caduta di Pablo Escobar

Iniziò così la caccia al boss del narcotraffico, a cui presero parte il reparto speciale dell'esercito statunitense Delta Force e poi anche quello della marina dei Navy Seal. Sulle sue tracce inoltre i Los Pepes, organizzazione paramilitare il cui nome era l’acronimo di Perseguidos por Pablo Escobar (Perseguitati da Pablo Escobar).

Quando e come è morto Pablo Escobar

La fuga di Escobar terminò il 2 dicembre 1993, quando grazie alla tecnologia della triangolazione radio fornita dagli Stati Uniti fu localizzato dal Bloque de búsqueda, unità delle operazioni speciali della Polizia Nazionale della Colombia voluta dal presidente Gaviria. Individuato in un quartiere di Medellin, Escobar e la sua guardia del corpo tentarono di fuggire correndo sui tetti delle case, ma furono entrambi furono uccisi dagli agenti del Bloque de búsqueda. Dopo la morte del suo leader, il cartello di Medellín si frammentò e il mercato della cocaina passò sotto il dominio del Cartello di Cali.

La vita privata

Escobar ebbe una moglie e numerose amanti, di cui una molto nota in patria.

La moglie

Escobar era sposato con Victoria Eugenia Henao, detta “La Tata”: il matrimonio nel 1976, quando lui aveva 27 anni e lei appena 15. La donna ha raccontato più volte di aver scoperto solo dopo la morte del marito la sua vera faccia.

I figli

Dal matrimonio sono nati due figli: Juan Pablo il 24 febbraio del 1977 e Manuela il 24 maggio del 1984.

Le amanti

Escobar ebbe un grande numero di amanti. Tra il 1983 e 1987, ebbe una relazione (segnata da lunghe separazioni) con la giornalista Virginia Vallejo García. Nel 2006 la donna ha testimoniato nel processo contro l’ex ministro della giustizia Alberto Santofimio, molto vicino a Escobar, processato per complicità nell’assassinio di Galán. L’anno successivo Vallejo ha pubblicato Amando Pablo, odiando Escobar, dove descrive la relazione con il signore della droga. Oggi vive negli Stati Uniti, dove ha ottenuto asilo politico.

Film e serie tv su Pablo Escobar

La storia di Escobar ha ispirato numerose opere, tra cui film e serie tv. Le prime due stagioni di Narcos raccontano l’ascesa e la caduta del celebre narcotrafficante, interpretato da Wagner Moura. Nel 2014 è stato interpretato da Benicio del Toro nel film Escobar e nel 2018 da Javier Bardem nella pellicola Escobar - Il fascino del male. In questo film Penelope Cruz è Virginia Vallejo. Il personaggio di Escobar è apparso poi in Blow, interpretato da Cliff Curtis, e in Barry Seal - Una storia americana, interpretato da Mauricio Mejía.

Curiosità su Pablo Escobar

  • Nel 1981, per l’Hacienda Nápoles, importò quattro ippopotami (tre femmine e un maschio) da uno zoo degli Stati Uniti. I grandi mammiferi, liberati dopo la sua caduta, si sono riprodotti senza controllo e stanno causando danni negli ecosistemi: le autorità colombiane hanno deciso di inserire gli ippopotami nell'elenco delle specie invasive.
  • All’apice del traffico di stupefacenti, il Cartello di Medellin spendeva 2.500 dollari al mese per acquistare elastici con cui avvolgere le mazzette di contanti.
  • Il figlio di Escobar ha raccontato che una sera, mentre vivevano nascosti in un casolare sui monti sopra Medellin, suo padre diede fuoco ad almeno due miliardi di dollari per riscaldare la sorella.  
  • A causa dell’impossibilità di riciclare abbastanza velocemente il denaro proveniente dalla cocaina, Escobar nascondeva il contante in fattorie e cantine: si calcola che ogni anno il Cartello di Medellin perdesse più di un miliardo di dollari a causa dell’umidità e dei topi, che rosicchiavano le banconote.
  • Escobar era un grande appassionato di calcio, ma anche di motori: da giovane partecipò a diverse competizioni automobilistiche.

 

Matteo Innocenti