Dagli aviatori ai bagnanti: breve storia delle creme solari

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Come, quando e perché sono nate le creme solari? Scopriamo la loro storia, dall'invenzione ai nostri giorni.

Un’abbronzatura dorata è oggi considerata invidiabile: soprattutto d’estate, quando la pelle “baciata dal sole” è sinonimo di vacanze, spensieratezza e tempo libero en plein air. Non è sempre stato così: fino all’inizio del secolo scorso, l’abbronzatura aveva una connotazione negativa e addirittura classista. Tra i ceti più abbienti la pelle diafana era considerata un privilegio di status, dal momento che, nelle fasce più povere della popolazione, chi trascorreva molto tempo nei campi oppure si dedicava ad altri lavori manuali finiva inevitabilmente con l’abbronzarsi.
Quando all’aperto, soprattutto nella bella stagione, nobili e borghesi utilizzavano vestiti coprenti, cappelli a larga tesa e ombrelli per proteggere la pelle dai raggi del Sole, come la dama ritratta nel celebre dipinto La Passeggiata, realizzato dal pittore francese Monet nel 1875.
La necessità di coprirsi abbondantemente non derivava però esclusivamente da prerogative elitarie, ma anche da esigenze di protezione. Essenziali per la protezione della pelle dagli effetti dannosi dei raggi solari, le creme solari sono un’invenzione relativamente recente. La formulazione prima, la commercializzazione poi di prodotti mirati a evitare le scottature solari risale infatti all’inizio del Novecento.

La storia delle creme solari

Come tutti sappiamo, la melanina prodotta dalle nostre cellule ha un ruolo nella fotoprotezione e determina il colore della pelle. Con l’eccezione degli individui albini (che difettano a livello genetico della produzione di melanina), l’esposizione ai raggi solari innesca l’aumento di melanina: la pelle si scurisce gradualmente, e al contempo vengono parzialmente contrastati gli effetti nocivi dei raggi ultravioletti, responsabili di conseguenze quali scottature, eritemi solari e tumori della pelle.
La melanina da sola non è però sufficiente a proteggerci dai raggi UV-A e UV-B, per questo è necessario utilizzare una crema solare con un SPF adeguato al proprio fototipo (la classificazione che si attribuisce alle reazioni che le pelli più chiare o più scure hanno all’esposizione solare, in termini di quantità e di qualità di melanina prodotta e della conseguente capacità di abbronzarsi). Anche i bambini e gli anziani hanno una più spiccata sensibilità ai raggi ultravioletti, quindi una maggiore necessità di utilizzare una protezione solare.

La scoperta dei raggi ultravioletti

Proprio “seguendo” le radiazioni emesse dal Sole e denominate raggi UV arriviamo all’incipit del percorso che ha portato alla creazione delle creme solari così come le intendiamo (e utilizziamo) oggi. Un percorso iniziato agli albori dell’800, grazie agli esperimenti del fisico e chimico Johann Wilhelm Ritter, lo scopritore dei raggi ultravioletti, invisibili perché “oltre il viola” dello spettro visibile. L’intuizione si basò sull’osservazione della fotosensibilità del cloruro d’argento in presenza dei raggi UV, da cui si generava un’ossidazione. Ritter parlò infatti di “raggi ossidanti”, per sottolineare la natura chimica della reazione e per distinguere i raggi ultravioletti dai raggi infrarossi, all’epoca di recentissima scoperta e collocati all’estremo opposto dello spettro visibile.

L'esperimento di Home

La correlazione tra i danni alla pelle e i raggi ultravioletti viene indagata con successo nel 1820 a opera dello studioso inglese Everard Home, partendo dalla semplice osservazione che, sebbene predisposte ad assorbire più luce, le persone di carnagione più scura tendono a essere meno frequentemente colpite dagli eritemi solari. Home condusse su di sé un esperimento molto semplice, esponendo alla luce solare entrambe le mani, una sola delle quali coperta da un guanto nero. Constatando che la mano guantata non aveva avuto conseguenze eritematose, mentre l’altra sì, intuì che era la luce del Sole (e non il suo calore, come invece si pensava all’epoca) a innescare gli effetti abbronzanti sulla pelle.

Il premio Nobel a Niels Finsen

Nel corso di tutto l’Ottocento, oltre alle scoperte da parte di chimici e fisici, anche la medicina si dedicò a una conoscenza più approfondita della melanina e degli effetti dannosi dei raggi UV sulla pelle. Nel 1903 il danese Niels Finsen fu insignito del premio Nobel per la medicina in virtù delle sue scoperte rispetto alla cura del lupus vulgaris attraverso l’uso della luce ultravioletta. Erano ormai state gettate le prime basi del riconoscimento degli effetti positivi della luce solare nel trattamento di alcune patologie cutanee (e non solo).

Coppertone, la crema solare di Benjamin Green

Al fervente fermento dal punto di vista scientifico si affiancò un progressivo mutamento dell’opinione pubblica nei confronti dell’abbronzatura. Ad esempio, un’influencer ante litteram come Coco Chanel negli anni Venti sfoggiò la propria abbronzatura dopo una vacanza in Costa Azzurra, fornendo l’ispirazione a molte sue clienti nel seguire il suo esempio di stile. Dalla moda alla guerra: l’aviatore e farmacista Benjamin Green formulò la prima crema solare, pensata per proteggere la pelle dei soldati americani in servizio nel Pacifico meridionale durante la seconda Guerra Mondiale. Era nata l’antenata delle odierne creme solari: senz’altro più elementare a livello di formulazione e di resa, ma comunque un importante passo avanti nello sviluppo di prodotti cosmetici per la protezione dai raggi UV. Come tante altre invenzioni, anche la crema solare nasce quindi in ambito militare e viene poi estesa all’uso civile: la fine della guerra segnò non soltanto un momento di ripresa economica e di benessere, ma anche la nascita del turismo balneare di massa. Green intuì il potenziale commerciale del proprio prodotto, nacque così il filtro abbronzante commercializzato con il marchio Coppertone, che oggi tutti conosciamo. Il nome deriva dall’unione tra la parola “copper” (rame) e “tone” (tono), richiamando quindi al colorito tipico della pelle abbronzata.

Filtri chimici e filtri fisici

Come e più che per molti altri cosmetici, anche nelle creme solari la chimica gioca un ruolo fondamentale. Gli elementi protettivi comunemente utilizzati nei prodotti abbronzanti sono i cosiddetti filtri solari, che si suddividono in filtri chimici (assorbono le radiazioni UV attraverso un meccanismo simile a quello della melanina) e fisici (schermanti), a seconda della loro modalità di azione. In ogni caso, tanto i filtri chimici quanto quelli fisici, spesso utilizzati in combinazione tra loro, sono accomunati dall’effetto schermante svolto nei confronti dei raggi nocivi (maggiore o minore a seconda del fattore di protezione o SPF), del fototipo per il quale sono pensati e del livello di abbronzatura della pelle sulla quale la crema solare in cui sono contenuti sarà applicata.

Le nuove tendenze green e l’esigenza di tutela ambientale portano a un’attenzione ancora maggiore nella formulazione dei filtri solari e nella composizione dei loro INCI. Le creme solari a base di ingredienti naturali sono facili da reperire anche online su portali specializzati come iamnatural.it per una tintarella perfetta e sostenibile.

Viola Tempesta