I 50 anni della legge sul divorzio

legge-divorzio.jpg

Il 1° dicembre 1970 l'Italia legalizzava il divorzio con la legge 898. Nonostante l'opposizione della Democrazia Cristiana, l'istituto giuridico incaricato di sciogliere il vincolo matrimoniale entrava in vigore il 18 dicembre 1970. Era giunto il momento di confrontarsi con una nuova società: i tempi erano cambiati e bisognava dare risposte ai cittadini attraverso uno strumento che avrebbe dovuto essere una naturale emanazione di uno Stato laico.

Il travagliato cammino della legge sul divorzio

Sono passati cinquant'anni da quel storico momento e solo cinque anni fa i legislatori hanno rivisto i termini temporali che dalla separazione conducono al divorzio. Complice il sostrato cattolico che permea ancora oggi la società italiana, la legge non usa nemmeno quella parola, "divorzio", nei suoi codici e prevede tappe intermedie (molto costose, tra l'altro) per scoraggiare i coniugi nella loro decisione di rompere il legame matrimoniale. Non ultimo, lo stigma sociale è ancora vivo e presente in molte zone dell'Italia. Ecco le tappe più importanti nella storia di questo strumento giuridico.

Una società diversa

La legge sul divorzio arriva dopo trent'anni di profondo cambiamento sociale ed economico dell'Italia. In primo luogo, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il Paese era diventato una Repubblica. Dopo una forte crisi economica, era esploso il boom economico, i moti studenteschi e operai del 1968 e il nascente movimento femminista italiano. Proprio quest'ultimo ha evidenziato molte storture sociali e culturali che richiedevano di ridefinire il ruolo della donna nella società italiana anche dal punto di vista giudiziario. L'approvazione della legge sul divorzio è l'inizio dello smantellamento di questo specifico status quo della società italiana.

Il referendum sul divorzio

Dopo l'approvazione della legge 898 del 1970, si presentò un problema complicato da gestire: la maggioranza contraria al divorzio. Si organizzò un movimento politico, sostenuto dalla Democrazia Cristiana e altri partiti contrari alla legge, per promuovere un referendum abrogativo. Passarono quattro anni e si arrivò alle urne per decidere la sorte del divorzio italiano. Il 12 maggio 1974 quasi l’88 per cento degli aventi diritto andò a votare. Il No, che sanciva la legittimità della legge a restare nel codice civile, vinse con il 59.26 per cento delle preferenze. La società italiana era definitivamente cambiata. 

referendum-legge-divorzio.jpg
LaPresse

La separazione

Una specificità prevista dalla legge italiana è che il divorzio non può essere ottenuto direttamente con il relativo procedimento giudiziario. Prima deve essersi svolto un periodo di separazione coniugale. In origine, durava in cinque anni, poi ridotti a tre nel 1987. Quando si decide di divorziare, si avviano dunque due procedure: prima la separazione e poi il divorzio vero e proprio. I coniugi sono chiamati a presentarsi in tribunale, dando alla procedura un'aura di solennità. 

Oltre al peso morale, sociale e burocratico, sul divorzio grava anche il fattore economico. Infatti, il costo della procedura giudiziaria scoraggia spesso le coppie dall'andare fino in fondo, lasciando preferibile uno stato di separazione indefinito, anche se si è iniziata una nuova convivenza.

Il divorzio breve

La legge 55/2015 ha rappresentano una svolta epocale per il Paese e per tutte quelle coppie desiderose di mettere velocemente una pietra sul passato per rifarsi una vita. La prima rivoluzione del cosiddetto "divorzio breve" è la contrazione del periodo di separazione preliminare, passato da tre a un anno in caso di separazione giudiziale e a sei mesi in caso di separazione consensuale. Il termine decorre sempre dalla comparsa dei coniugi innanzi al presidente del tribunale, fermo restando la caratteristica di "protratta ininterrottamente" relativo alla separazione. L'eventuale sospensione condiziona lo svolgersi dell'iter abbreviato. 

Entrata in vigore il 26 maggio 2015, la legge sul divorzio breve ha attualizzato una legge rimasta immutata per circa trent'anni, dopo la revisione del 1987. Tra le novità c'è anche un intervento sullo scioglimento della comunione dei beni tra coniugi e la creazione di una disciplina transitoria.

Sono stati in molti ad acclamare tale riforma, tanto che quella del 2015 fu soprannominata "l'estate del divorzio breve". In appena due mesi furono presentate 50 mila domande. Secondo i dati diffusi dall’associazione dei matrimonialisti, la cifra che stupì di più fu quella legata alle richieste degli over 60: il divorzio non è più un istituto rivendicato da giovani sposi “pentiti”, ma è anche la via d'uscita di chi, con decenni di convivenza sulle spalle, ha deciso di dire "ora basta".

 

Stefania Leo