Michail Gorbaciov, la vita dell’ultimo leader dell’Urss

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Nato in un villaggio del Caucaso, studiò legge a Mosca prima di una straordinaria ascesa politica. Segretario Generale del Partito Comunista dal 1985 al 1991, diventò il volto della fine della Guerra Fredda.

Michail Gorbaciov è stato senza dubbio uno dei principali protagonisti del “secolo breve”, iniziato con lo scoppio della Prima guerra mondiale e terminato con il crollo dell’Unione Sovietica. In questo secondo epocale fatto storico un ruolo di rilievo fu giocato proprio da Gorbaciov, scomparso il 30 agosto 2022 all’età di 91 anni. 

Chi era Michail Gorbaciov

Michail Gorbaciov nasce il 2 marzo 1931 a Privolnoye, villaggio di campagna nel Caucaso del Nord. Nonostante il nonno sia a capo di una fattoria collettiva (kolchoz), la famiglia è molto povera: da piccolo aiuta spesso il papà che guida la mietitrebbiatrice nei campi: dopo un raccolto abbondante, il giovane Michail e il padre ricevono una medaglia dal regime guidato da Josif Stalin

Grazie ai voti eccellenti a scuola, Gorbaciov riusce a entrare alla Statale di Mosca, la migliore università dell’Urss: qui studia Legge (laureandosi con il massimo dei voti) e conosce Raisa, che sposa nel 1953. Tornato nella città natale e diventato grande sostenitore di Nikita Khrushchev, avvia la carriera politica nel 1970 con l'elezione a Primo Segretario del Comitato del Partito nel Territorio di Stavropol'.

L’ascesa nel partito comunista dell’Urss

Da quel momento la sua ascesa è rapidissima. In seguito alla supervisione della costruzione del Grande Canale di Stavropol, nel 1978 torna a Mosca, dove entra a far parte del Politburo del Comitato Centrale del PCUS. Dopo la morte di Leonid Brezhnev, la guida del Partito Comunista passa prima a Yuri Andropov e Konstantin Chernenko, che molto anziani muoiono dopo pochi mesi: nel 1985 arriva così il momento di Gorbaciov, che viene eletto Segretario del Partito Comunista, la massima carica sovietica. 

Alla guida dell’Unione Sovietica

Segretario Generale del Partito Comunista dal 1985 al 1991, Gorbaciov è il leader dell’Urss che, reduce da un ventennio di immobilismo e conservatorismo politico, deve affrontare il disastro nucleare di Chernobyl, in piena Guerra Fredda. Convinto che l’Unione Sovietica abbia bisogno di significative riforme, si imbarca in vertici con il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan per ridurre gli armamenti nucleari (celebre quello del 1986 a Reykjavik, anche se si conclude con un nulla di fatto). Ed è proprio sotto Gorbaciov che le forze di Mosca si ritirano dalla guerra sovietico-afghana, iniziata nel 1979.
 

La perestrojka

Gli anni di Gorbaciov sono caratterizzati da forti cambiamenti. Sono due le parole-simbolo della sua politica: glasnost e perestrojka. La prima significa “apertura” e prevede una maggiore libertà di parola e di stampa in ambito nazionale. Il termine perestrojka (“ristrutturazione”) indica un complesso di riforme politico-sociali ed economiche, volte a modernizzare il sistema economico sovietico, introducendo elementi dell’economia di mercato e lasciando più autonomia alle imprese. Gorbaciov non ottiene ciò che sperava: la maggior libertà di espressione aumenta le spinte centrifughe già esistenti, portando le repubbliche baltiche e la Georgia a chiedere l’indipendenza (e Gorbaciov non interviene militarmente), mentre le riforme calate dall’alto aggravano addirittura la crisi economica dell’Urss.

Il Nobel per la Pace

Artefice, con la sua politica della fine della Guerra Fredda, già nel 1989 Gorbaciov è insignito della Medaglia Otto Hahn per la Pace. L’anno successivo arriva addirittura il Nobel per la Pace: è il secondo e ultimo sovietico a riceverlo dopo lo scienziato Andrei Sakharov (1975).

Il colpo di Stato

Nel 1990 Gorbaciov viene eletto presidente dell'Unione Sovietica dal Congresso dei rappresentanti del popolo dell'URSS, ovvero il primo parlamento costituito sulla base di libere elezioni. In un contesto di forte crisi economica e politica, mentre è in forte ascesa Boris Eltsin e diventa realtà lo scioglimento del Patto di Varsavia, i vertici dello stato sovietico tentano un colpo di Stato il 19 agosto 1991: a guidarlo il vice di Gorbaciov, Gennadij Janaev, il Primo ministro Valentin Pavlov, il ministro della Difesa Dmitrij Jazov, il ministro dell'Interno Boris Pugo, il capo del KGB Vladimir Krjučkov. Il putsch di agosto fallisce dopo tre giorni, ma porta alle dimissioni di Gorbaciov da Segretario del PCUS e, soprattutto, alla dissoluzione dell’Urss.

L’Urss dopo Gorbaciov

L'8 dicembre 1991 i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmano l'accordo che sancisce la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che viene poi sciolta formalmente dal Soviet delle Repubbliche del Soviet Supremo il 26 dicembre 1991. Molto apprezzato all’estero per aver accelerato questo processo, al contrario, Gorbaciov sarà addirittura deriso in patria per aver favorito la fine dell’Urss, evento che ha portato al declino dell'influenza globale della Russia.

Gorbaciov dopo l’Urss

Dopo il tentativo di colpo di Stato, nel 1996 Gorbaciov si candida alle elezioni presidenziali vinte da Boris Eltsin, ottenendo appena lo 0,51% dei voti. Continua però a dedicarsi alla politica attraverso conferenze, scrivendo libri. Da statista, Gorbaciov diventa testimonial: è protagonista di vari spot televisivi, per marchi come Pizza Hut a Louis Vuitton. Nel 2004 riceve addirittura un Grammy per la lettura della fiaba “Pierino e il lupo”, contenuta in un album di favole per bambini. E nel 2009 incide sette romanze amate dalla moglie Raisa, morta di leucemia dieci anni prima.
Malato da tempo, muore a Mosca il 30 agosto 2022.

Matteo Innocenti