Recovery fund: storia di un accordo epocale

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Di come per la prima volta nella storia si è ricorso al debito comune tra i 27 paesi dell'Unione Europea.

«Avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l'Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre». Così il premier Giuseppe Conte ha commentato il varo del Recovery Fund, piano straordinario da 750 miliardi per aiutare gli Stati messi in difficoltà dalla crisi economica scatenata dal Coronavirus, che ha visto finalmente la luce dopo una maratona negoziale di oltre 90 ore, il summit più lungo nella storia dell’UE. Ecco le cose da sapere sul Recovery Fund e la sua storia, fatta di estenuanti trattative e intese complicate. 

Pandemia e crisi economica

L’emergenza legata al Covid-19 ha causato enormi danni all’economia, come testimonia un report della Banca mondiale, secondo cui a livello globale il pil dovrebbe contrarsi del 5,2%: più del doppio rispetto alla crisi finanziaria del 2008, per la peggiore flessione registrata dalla Seconda Guerra Mondiale in poi. Colpita in particolar modo l’Europa, che si è trovata a dover pensare a misure capaci di rispondere a questa emergenza senza precedenti, come appunto il Recovery Fund.

I Paesi più colpiti dalla crisi

L’impatto sanitario ed economico della pandemia è stato differente da Paese a Paese. Secondo le stime dell’Ocse, l’Italia figura tra gli Stati più colpiti al mondo dalla crisi innescata dal Coronavirus, cosa confermata da uno studio dello European Data Journalism Network, che l’ha inserita insieme a Spagna, Irlanda, Francia e Regno Unito nel gruppo dei Paesi con un alto tasso di mortalità e un forte impatto economico. A livello finanziario, tra gli Stati più toccati dalla crisi ci sono anche Grecia (già stato il paese più toccato dalla crisi dell’euro), Croazia e Lituania.

l'annuncio del Piano

A fine maggio 2020 la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato il piano Next Generation EU: l'intenzione iniziale era quella di stanziare 750 miliardi di euro, di cui 500 miliardi a fondo perduto e 250 sotto forma di prestiti a condizioni favorevoli, destinati ai Paesi più colpiti, per una «ripresa sostenibile, uniforme, inclusiva ed equa». All’Italia sarebbe toccata la ‘fetta’ più consistente: circa 172 miliardi di euro (81 a fondo perduto e 91 di prestiti). A seguire Spagna, con 140 e Polonia con 63,8, poi Francia con 38,7 e Germania con 28,6.

L’opposizione dei Paesi frugali

Il piano iniziale, però, non è stato accettato da tutti gli Stati. A opporsi, in particolare, sono stati i cosiddetti ‘Paesi frugali’, ovvero gli Stati che hanno una posizione di maggior contenimento del bilancio europeo (Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Austria), che avrebbero voluto abbassare il totale del fondo e, soprattutto, cancellare gli aiuti a fondo perduto. Alla fine per l’approvazione di questo salvagente è stato necessario un compromesso.

il raggiungimento dell'intesa

Il Recovery Fund approvato dopo il vertice più lungo nella storia dell’Unione Europea prevede ancora lo stanziamento di 750 miliardi destinati ai Paesi colpiti dalla crisi economica, ma suddivisi in modo diverso: 360 miliardi di prestiti da restituire entro il 2058, più 390 miliardi sotto forma di sovvenzioni, che non dovranno essere ripagati dagli Stati destinatari. Il finanziamento del fondo avverrà attraverso l’emissione di bond pluriennali da parte della Commissione Europea: in pratica, un debito comune europeo garantito da tutti gli Stati.

Il ‘freno d’emergenza’

Gli accordi prevedono che nessuno Stato possa avere diritto di vero rispetto all’erogazione dei fondi, ma ammettono comune una sorta di ‘freno d’emergenza’, che in alcuni casi permetterà ai Paesi membri di chiedere di approfondire in sede di vertice Ue se gli impegni sulle riforme di un altro Stato sono stati rispettati.

La somma ottenuta dall’Italia

L’Italia avrà a disposizione 209 miliardi: 82 di sussidi e 127 di prestiti, molti di più rispetto alla proposta iniziale della Commissione Ue, che prevedeva per il nostro Paese 173 miliardi (82 di aiuti e 91 di prestiti). Il 70% di questa cifra sarà impegnata nel 2021-2022, mentre il restante 30% verrà distribuito entro il 2023. Come detto, il debito complessivo dovrà essere ripagato dall’Ue entro il 2058, con il coinvolgimento di tutti i Paesi. L’Italia non dovrà solo restituire il prestito di 127 miliardi, ma anche partecipare al rimborso dei 390 miliardi erogati a fondo perduto: nel corso di 31 anni (a partire dal 2028, come da accordi) arriverà a contribuire con 55 miliardi propri.

 

Le condizioni di erogazione

Le erogazioni saranno condizionate alle riforme che il Paese dovrà effettuare, coerenti con le priorità europee (Green Deal e digitalizzazione) e con le raccomandazioni che la Commissione invia ai singoli Stati anno per anno: da qui la possibilità di usare il ‘freno d’emergenza’, espressamente richiesta dai Paesi frugali.

Differenza tra Recovery Fund e Mes

Il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), comunemente chiamato fondo salva-Stati, nasce con l’obiettivo di garantire prestiti emergenziali ai Paesi dell’Eurozona che affrontano una crisi e rischiano il default. Può sembrare simile al Recovery Fund, ma in realtà è molto diverso, visto che quest’ultimo non agisce solo attraverso prestiti ma anche con sussidi a fondo perduto. Inoltre, mentre il Mes sottostà al controllo dei singoli Stati membri (è un trattato intergovernativo), al Recovery Fund promosso dalla Commissione Ue, che rientra nel diritto comunitario, aderiscono tutti i Paesi Ue (anche quelli che non hanno adottato l’euro).