Scrittori suicidi: da Hemingway a Pavese

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Un'analisi delle vite e delle opere di celebri scrittori italiani, russi e internazionali che hanno trovato nel suicidio un tragico epilogo

La letteratura mondiale è costellata di vite spezzate da gesti estremi: gli scrittori suicidi rappresentano una delle pagine più oscure e affascinanti della storia culturale, incarnando con la loro vita, e soprattutto la morte, il tormento interiore che spesso accompagna la creazione artistica. L'elenco degli scrittori famosi morti suicidi non è solo una triste contabilità di tragedie individuali, ma un filo nero che attraversa la storia della letteratura, intrecciandosi con la sensibilità esasperata di artisti che hanno trasformato il dolore personale in opere immortali. Studiare o leggere questi scrittori suicidi – che essi siano italiani, russi, americani, giapponesi, francesi o argentini - significa anche riflettere sul potere salvifico - e, talvolta, insufficiente - della scrittura contro l'abisso della disperazione.

Scrittori americani morti suicidi

Tra gli scrittori famosi morti suicidi, Ernest Hemingway occupa certamente un posto centrale. Premio Pulitzer nel ‘53 per il romanzo capolavoro Il vecchio e il mare, e Premio Nobel per la Letteratura nel ‘54, lo scrittore statunitense lottò per anni contro crisi maniaco-depressive, alcolismo e danni fisici causati da due incidenti aerei ravvicinati. La mattina del 2 luglio 1961, a 62 anni, nella sua casa di Ketchum, nello Idaho, sopraffatto dalle sue malattie e temendo l'inevitabile declino mentale, si sparò mettendosi un fucile da caccia in bocca.

A pochi anni di distanza, anche la poetessa statunitense Sylvia Plath, si tolse la vita a Londra l’11 febbraio 1963, a 31 anni: annientata dalla depressione cronica e dal legame tossico col marito violento, alle 4,30 di mattina sigillò porta e finestre della cucina e inserì la testa nel forno a gas, non prima di aver preparato pane, burro e due tazze di latte e aver spalancato la finestra della camera dei suoi bambini. Era passato solo un mese dalla pubblicazione del suo romanzo di ispirazione autobiografica La campana di vetro, in cui la protagonista tenta il suicidio.

Fu una delle autrici che più ha contribuito allo sviluppo del genere della poesia confessionale: la sua parabola tragica influenzò profondamente una generazione di autori, tra cui l’amica Anne Sexton, poetessa Premio Pulitzer nel ‘67 che seguì lo stesso destino nel 1974, a 46 anni: bellissima e pazza, dopo una vita ad entrare e uscire dalle cliniche psichiatriche ed a imbottirsi di pillole, si spogliò per indossare solo una pelliccia della madre, si versò l’ultimo bicchiere di vodka e poi si chiuse nel garage per suicidarsi con il monossido di carbonio. Anne Sexton siglò una rivoluzione, con la sua poesia in cui parlava di tutto, anche di quello di cui non era decoroso parlare. Fu una delle voci più eminenti e tormentate del decennio, che capovolgeva il senso comune e le regole come calzini vecchi.

Il dolore esistenziale e la malattia mentale hanno toccato anche altre figure centrali della letteratura americana: John Berryman, vincitore del Pulitzer per la poesia, si suicidò nel 1972 gettandosi da un ponte; nel giornalismo letterario, Hunter S. Thompson, creatore del "gonzo journalism", si tolse la vita nel 2005, lasciando un biglietto che rifletteva il suo senso di stanchezza verso la vita.

In Argentina, la poetessa Alfonsina Storni scelse il suicidio camminando verso il mare nel 1938, in una delle immagini più struggenti della letteratura ispanoamericana. Poco prima aveva inviato all'editore la sua ultima poesia, Voy a dormir, come un toccante addio.

Scrittori suicidi italiani

In Italia, il suicidio ha lambito diverse figure di rilievo nel panorama letterario. Cesare Pavese, uno dei più importanti autori del dopoguerra, trovò nel suicidio una tragica coerenza con i temi della sua narrativa: l'alienazione, l'amore irraggiungibile, la solitudine esistenziale. Nel 1950, dopo una storia d'amore fallita, ingerì barbiturici in una camera d'albergo a Torino, lasciando un biglietto d’addio con su scritto "Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene?  Non fate troppi pettegolezzi". Aveva 42 anni.

Emilio Salgari, nato a Verona ma torinese d’adozione, scrittore d’avventura, padre del Corsaro Nero e di Sandokan, umiliato dalla povertà, disperato per la malattia della moglie, da tempo ricoverata in un manicomio, si diede la morte a 49 anni a Torino, sulle colline sopra corso Casale: si uccise la mattina del 25 aprile 1911, come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, come un samurai, con gli occhi rivolti al sole squarciandosi il ventre e tagliandosi la gola con un rasoio. Nella tasca della giacca aveva una penna spezzata e una lettera di accuse pesantissime ai suoi editori che lo avevano sfruttato.

Antonia Pozzi, poetessa lombarda straordinariamente delicata e moderna, si suicidò nel 1938, sopraffatta dalla depressione e da un difficile rapporto amoroso. Le sue poesie, pubblicate postume, rivelano una sensibilità straordinaria e un senso di solitudine lancinante.

Anche Amelia Rosselli, poetessa italo-americana influenzata sia dalla cultura europea che da quella americana, si tolse la vita l’11 febbraio 1996 (lo stesso giorno scelto da Sylvia Plath) gettandosi dal balcone della sua piccola mansarda romana in via del Corallo. L'eredità violenta della storia personale — la morte del padre Carlo Rosselli assassinato dai fascisti — e una lunga depressione cronica attraversano tutta la sua produzione letteraria.

Nel computo degli scrittori suicidi va inserito anche Primo Levi, scrittore, chimico e partigiano antifascista, scampato alla morte nel lager di Auschwitz, dedicò tutta la vita al compito di raccontare le atrocità viste e subite dai prigionieri. Morì per le ferite riportate nella caduta dalle scale del palazzo dove abitava a Torino nel 1987 a 68 anni. La sua morte fu ufficialmente rubricata come suicidio, benché sono molti coloro che ritengono possa essersi trattato di un incidente.

Scrittori suicidi europei

Anche la letteratura europea offre tragici esempi di scrittori suicidi: Virginia Woolf, una delle massime esponenti della narrativa inglese, dopo essersi riempita le tasche di sassi, si lasciò morire annegata nel fiume Ouse nel 1941, quando la minaccia di un nuovo crollo psicotico le apparve insostenibile.

Nella Senna, invece, si lasciò affogare nel 1970, a 50 anni, Paul Celan, gettandosi dal ponte Mirabeau: poeta rumeno naturalizzato francese, di origine ebraica, scampò all’Olocausto ma soffrì per tutta la vita di disturbi mentali.

In Francia, Guy de Maupassant, allievo e protetto di Gustave Flaubert, rappresentante del Naturalismo letterario, devastato da gravi problemi psichici e di salute, tra cui crisi epilettiche, demenza e paralisi progressiva, tentò il suicidio nel 1892, ma morì dopo 18 mesi, a 42 anni, di neurosifilide, nel manicomio dove era stato internato.

Anche Paul Lafargue, rivoluzionario, giornalista, scrittore e critico letterario francese di ispirazione socialista, genero di Karl Marx e autore de Il diritto all'ozio, scelse di porre fine alla propria vita nel 1911 insieme alla moglie, nella loro casa non lontana da Parigi, con un’iniezione di acido cianidrico, in un gesto di protesta consapevole contro l'invecchiamento e il declino fisico. La sera prima avevano salutato il giardiniere e si erano intrattenuti amabilmente con i famigliari. 

Scrittori russi suicidi

La Russia vanta una triste galleria di famosi scrittori suicidi, probabilmente influenzati dalla profondità tragica della cultura e dalla violenza della storia politica.

Sergej Esénin, poeta popolare e simbolo della campagna russa, si impiccò al calorifero di una stanza dell'Hotel Angleterre di Leningrado. La notte prima aveva scritto una poesia d’addio col proprio sangue: Arrivederci, amico mio, arrivederci. Il suo suicidio, avvenuto nel 1925 all’età di 30 anni, è ancora oggi avvolto dal mistero, tra ipotesi di instabilità emotiva e pressioni politiche.

Nel 1930, Vladimir Majakovskij, poeta futurista e ardente rivoluzionario, decise di togliersi la vita con un colpo di pistola al cuore, consumato dalla disillusione nei confronti della nuova società sovietica e dal tormento amoroso.

Anche la scrittrice e poetessa Marina Tsvetaeva, costretta all'esilio - prima a Berlino, poi a Praga e infine a Parigi - e segnata da uno stato di estrema povertà e dall'ostracismo politico, si impiccò nel 1941 dopo il ritorno in Unione Sovietica: era una delle voci più originali della poesia russa del XX secolo, nonché l'esponente di maggior spicco del locale movimento simbolista. Il suo lavoro non fu ben visto dal regime staliniano per via di alcune opere che glorificavano la lotta anticomunista dell’armata bianca in cui il marito militava come ufficiale. 

Scrittori suicidi giapponesi

La tragedia degli scrittori morti suicidi si estende a tutte le latitudini. Il Giappone conosce tragedie letterarie come quella di Osamu Dazai, gigante della narrativa nipponica, che si tolse la vita nel 1948 il giorno prima di compiere 39 anni, dopo ben 6 tentativi di suicidio nell’arco della sua esistenza, gettandosi nel bacino di Tamagawa a Tokyo, insieme all'amante: il suo romanzo Lo squalificato è ancora oggi uno dei testi più intensi sulla crisi dell'identità.

Yukio Mishima, l’autore giapponese più famoso e tradotto al mondo, nel 1970 si suicidò seguendo il rituale seppuku: il suo suicidio fu un meccanismo perfetto, preparato per anni, prefigurato da molti protagonisti dei suoi libri, mimato da lui stesso come attore cinematografico. Infine, va ricordato Yasunari Kawabata, uno dei maggiori scrittori di letteratura giapponese moderna, autore del capolavoro Il paese delle nevi e candidato al Premio Nobel per la letteratura nel 1968. Amico di Yukio Mishima, pare fosse ossessionato dal suo spettro. Prostrato dal suo perenne stato di depressione, morì nel 1972 asfissiato dal gas, probabilmente lui stesso suicida, benché parecchi suoi compagni e colleghi erano convinti si fosse trattato di un incidente.

Paola Greco

Foto di apertura: National Archives and Records Administration, Public domain, via Wikimedia Commons