HIV e Aids: storia ed evoluzione di un virus (che fu) letale

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Sul finire del XX secolo la pandemia di Hiv sconvolse il mondo, portando con sé una scia di paure, stigmi sociali e pregiudizi. Oggi la situazione è migliorata, ma la parola d'ordine resta la stessa: prevenzione.

Ogni anno,  l’1 dicembre viene celebrata la Giornata mondiale contro l'AIDS, dedicata ad accrescere la coscienza della epidemia mondiale di AIDS dovuta alla diffusione del virus HIV, che (si stima) ha ucciso oltre 30 milioni di persone. Ecco quello che c’è da sapere sulla storia di questo virus e sulla malattia che provoca,  la sindrome da immunodeficienza acquisita. Con un focus sui falsi miti, che purtroppo sono ancora ben radicati.

La storia dell'Aids

La storia dell’Aids e dell’HIV, inizia nel 1980, quando il dottor Michael Gottlieb del Los Angeles Medical Center si imbatte in un paziente (33enne e omosessuale) affetto da un raro tipo di polmonite da Pneumocystis carinii, che solitamente colpisce chi ha un sistema immunitario indebolito. Nei mesi successivi Gottlied scopre altri tre casi simili. Nel 1981, i Centers for Disease Control and Prevention segnalano sul loro bollettino epidemiologico un aumento improvviso di casi di polmonite in giovani omosessuali, accomunati da una forma di immunodeficienza di origine ignota. Successivamente emergono casi di pazienti che soffrono di un raro tumore dei vasi sanguigni, il sarcoma di Kaposi. Si fa strada la consapevolezza di essere di fronte a una nuova malattia, che viene chiamata inizialmente Gay Related Immunodeficiency Syndrome, in quanto si ritiene che colpisca solo gli omosessuali.

L’associazione viene presto smentita, sia da numerosi casi riguardanti uomini e donne etero, sia da altri relativi a tossicodipendenti e emofiliaci, che rendono chiaro come il “problema” sia lo scambio di fluidi corporei e non l’orientamento sessuale. Il virus responsabile della trasmissione della malattia viene isolato poco dopo e a stretto giro cambia nome anche la malattia, che diventa Aids. Ma ormai il danno, per quanto riguarda lo stigma sociale, è fatto. Gli Anni ‘80 segnano una lotta senza quartiere contro l’HIV, che si scoprirà essere una versione mutata di un virus delle scimmie, “nata” negli Anni 20 nel Congo Belga, poi arrivata negli States da Haiti: mentre aumenta la conta dei morti per le infezioni correlate all’Aids, che non è più la “peste gay”, i laboratori di tutto il mondo cercano di mettere a punto farmaci e vengono lanciate numerose campagne, tra cui la (pessima) Pubblicità Progresso del 1988, “Aids: se lo conosci lo eviti”. Per tutto il decennio, risultare positivi al test HIV suona come una condanna a morte, poi qualcosa cambia, tra maggior consapevolezza della cause, prevenzione in tal senso e farmaci antiretrovirali sempre più efficaci.

Cos'è l'HIV

Da quando è stato scoperto, sull’HIV, e dunque sull’Aids sono state scritte e dette tantissime cose. Spesso alimentate dalla paura. Non è strano che perciò, sul tema (così come sui due termini) ci sia grande confusione. Partiamo dalle basi: l’HIV è un virus che colpisce e danneggia il sistema immunitario. L’acronimo sta Human Immunodeficiency Virus, in italiano virus dell'immunodeficienza umana. Ne esistono in realtà due, HIV-1 e HIV-2, con diversa distribuzione geografica: il primo è più diffuso e causa di pandemia, il secondo si trova prevalentemente nell’area centro-occidentale dell’Africa. Si definisce sieropositivo un individuo affetto da infezione da HIV, che ha cioè anticorpi per questo virus.

Qual è la differenza tra HIV e Aids

HIV non è un sinonimo di Aids. Il primo acronimo, come detto, definisce il virus, mentre Aids (che sta per sindrome da immunodeficienza acquisita) identifica la condizione causata dal virus: una progressiva riduzione delle difese immunitarie, che rende le persone colpite più suscettibili alle infezioni (in particolare a quelle opportunistiche) e allo sviluppo di tumori, come il sarcoma di Kaposi. La terapia antiretrovirale contro l'HIV protegge dallo sviluppo dell'Aids, purché la diagnosi sia precoce e altrettanto la somministrazione del trattamento.

Come si trasmette il virus

L’HIV si può trasmettere con tre modalità: sessuale (la più diffusa), ematica e verticale (da madre a figlio). Il virus si può trovare nei fluidi corporei di una persona infetta: sangue, liquido seminale e pre-seminale, fluidi rettali/mucosi anali, fluidi vaginali, latte materno. Affinché avvenga il contagio, occorre che ci sia contatto diretto tra questi fluidi di una persona infetta e il sangue, oppure le mucose, di una sieronegativa. In parole povere, il contagio è possibile nel sesso non protetto, quando sperma e fluidi vaginali entrano in contatto con mucose o lesioni cutanee del partner. Il contagio ematico può avvenire per condividendo la stessa siringa oppure in caso di trasfusione di sangue infetto. Il contagio da madre a figlio può avvenire durante la gravidanza, il parto e l’allattamento.

Hiv e sesso orale

Il rapporto orale è, tra tutti, quello meno a rischio. Ma non a rischio zero. Lo sperma infetto, nella fellatio, può infatti entrare a contatto con ferite, mucose lacerate o ulcerate della bocca. Lo stesso vale per i fluidi vaginali durante la pratica del cunnilingus, anche se la concentrazione di particelle virali vitali  è minore nelle secrezioni vaginali rispetto allo sperma. 

I sintomi dell'infezione

Nelle prime quattro settimane dall’infezione, è molto probabile l’insorgere di sintomi come febbre, eruzione cutanea, gola infiammata, candidosi orale, ghiandole gonfie, mal di testa, dolori articolari e muscolari.

Le fasi dell’infezione

Una volta terminata questa fase acuta, o di sieroconversione, molte persone iniziano spontaneamente a sentirsi meglio. Questo periodo asintomatico può durare anche dieci anni, mentre il virus si replica nell’organismo, danneggiando progressivamente il sistema immunitario. Che nella terza fase, quella da infezione sintomatica da HIV, diventa estremamente compromesso. Oltre a sintomi come tosse persistente, diarrea cronica, febbre, sudorazioni notturne, perdita di peso, la persona sieropositiva sviluppa una serie di “infezioni opportunistiche”, tra cui polmoniti, diversi tipi di tumori, soprattutto i linfomi, il sarcoma di Kaposi e il carcinoma del collo dell’utero. È la fase della sindrome da immunodeficienza acquisita.

Come NON si trasmette l'HIV

L’HIV non si trasmette attraverso la saliva e il sudore. E nemmeno, tornando al sangue, attraverso le punture di insetto. Non si trasmette dunque con strette di mano, abbracci e baci: il rischio contagio si ha solo nel caso in cui entrambi i partner abbiano ferite o lesioni orali che possano favorire il contatto tra il rispettivo sangue. Non si contare il virus nemmeno mangiando dallo stesso piatto di una persona portatrice del virus, né usando lo stesso bagno.

Come proteggersi dall'HIV: consigli pratici

Per quanto riguarda la trasmissione sessuale, l’unico metodo sicuro di prevenzione è il profilattico, usato correttamente e dall'inizio della penetrazione. Per evitare l’infezione per via ematica, non usare siringhe, aghi, lamette o qualsiasi altro tagliente già usati da altri. Sempre meglio fare attenzione, da dentista, tatuatore e pedicure-manicure, che gli strumenti vengano aperti in nostra presenza.

Cosa fare se si sospetta di aver avuto un rapporto a rischio

L'unico modo per sapere se si ha l'HIV è fare il test. Una buona abitudine, in realtà, per tutte le persone sessualmente attive, che così possono vivere in modo più sereno le proprie relazioni.

Quando e come fare il test HIV

Ci sono vari tipi di test utilizzati per la diagnosi dell'HIV. I test combinati (di IV generazione) ricercano gli anticorpi anti-HIV e parti di virus: possono mettere in evidenza l’avvenuta infezione già dopo 20 giorni, con periodo finestra di 40 giorni dall’ultimo comportamento a rischio. I test di III generazione ricercano solo gli anticorpi e possono mettere in evidenza l’infezione già dopo 3-4 settimane, con finestre di 90 giorni. Esistono anche test rapidi su sangue (goccia dal dito) e saliva, acquistabili in farmacia. In caso di risultato dubbio o reattivo (positivo) è necessaria una conferma con prelievo ematico.

I numeri del contagio in Italia

I numeri del contagio in Italia, complice la pandemia, sono in netto calo, nel solco di una tendenza avviata nel 2012. Nel 2020 sono state effettuate 1.303 nuove diagnosi di infezione da HIV, 2,2 nuovi casi per 100 mila residenti. L’incidenza  (casi/popolazione) era 4,2 nel 2019. In generale, quella osservata in Italia è inferiore rispetto alla media dell’Unione Europea (3,3). Nel 2020, l’incidenza più elevata di nuove diagnosi HIV si riscontra nella fascia di età 25-29 anni. La modalità di trasmissione più frequente è ancora attribuita a maschi che fanno sesso con maschi (MSM, la metà degli uomini si infetta così), seguita da quella attribuibile a rapporti eterosessuali. Per quanto riguarda l’Aids, sono stati 352 i nuovi casi rilevati nel 2021, pari a 0,7 per 100 mila residenti.

I falsi miti sull’HIV

  • L’Aids colpisce solo i gay

Il principale falso mito sull’Aids è che sia una malattia “da gay”. Quanto successo all’inizio dell’epidemia ha contribuito a scolpire nell’immaginario questa credenza. Che ha, a posteriori, delle ragioni: nella trasmissione sessuale sono i rapporti anali quelli più a rischio, per la maggiore facilità con cui creano microtraumi e per la natura della mucosa rettale. Tuttavia, nemmeno quelli etero sono sicuri, senza precauzioni. 

  • Si vede se una persona è sieropositiva. 

Ecco un altro falso mito: una persona con HIV che non abbia ricevuto una diagnosi può rimanere perfettamente in salute anche per una decina d'anni. Da un lato non basta uno sguardo per capire (e non basterebbe nemmeno con l’Aids), dall’altro nei primi mesi dal contagio ci si può sentire in gran forma. Ed è proprio in questo periodo che i propri fluidi corporei sono maggiormente contagiosi. 

  • Di Aids non si muore più

Innanzitutto, di Aids in sé non si muore. Si muore, invece, perché a causa dell’indebolimento del sistema immunitario si diventa più vulnerabili. È successo a lungo e continua a essere così. Ma dalla scoperta del virus, la medicina ha fatto passi da gigante: mentre in passato questa condizione di danno immunologico era irreversibile, oggi sappiamo che anche una persona con Aids, grazie alle terapie antiretrovirali, può tornare ad avere un efficiente sistema immunitario. Il segreto, come accade per tutte le malattie, sta nella precocità della diagnosi. L’aspettativa di vita delle persone sieropositive, se ben controllate, è oggi paragonabile a quella della popolazione generale.

Matteo Innocenti