Permafrost: cos'è e perché è meglio che non si sciolga

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Lo strato di ghiaccio che si sviluppa al di sotto di un quinto delle terre emerse è in pericolo. Il suo scioglimento può mettere a rischio anche la vita umana

La superficie terrestre è fatta di molti strati. Non c'è solo la terra, ma diversi livelli geologici che raccontano anche la salute del pianeta. Tra questi, c'è il permafrost. Le cronache hanno annunciato che questo strato di terreno ghiacciato si sta assottigliando sempre di più, avvicinandosi a una condizione pericolosa per l'equilibrio terrestre. Inoltre, il suo scioglimento sta liberando anche virus e sostanze come il metano, che possono incrinare ancora di più il fragile ecosistema in cui vive l'uomo. Ecco, dunque, cos'è il permafrost e perché è importante preservarne la sua "salute".

Cos'è il permafrost

Con la parola permafrost si far riferimento allo strato di terreno ghiacciato in modo permanente che si trova nel sottosuolo di zone ad alta quota o ad alta latitudine. Il permafrost viene individuato con scavi che vanno al di sotto di qualche metro dalla superficie, chiamato strato attivo o mollisol.

Questo primo strato superficiale dovrebbe avere una temperatura che si aggira intorno allo 0°C. Ma le stagioni possono influenzare l'oscillazione di questo valore. Inoltre, ha uno spessore che varia dai 30 ai 50 centimetri, per arrivare anche a 3 metri di profondità.

Al di sotto dello strato attivo, c'è il permafrost, che deve avere una temperatura costante inferiore ai 0°C. Lo spessore del permafrost varia dai 300 ai 600 metri. In alcuni Paesi come la Siberia può arrivare anche a una profondità di 1500 metri.  Al di sotto del permafrost, si colloca lo yedoma, uno strato formatosi anche oltre due milioni di anni fa, ricchissimo di materiale organico e formato esclusivamente da ghiaccio.

Dove si trova

I geologi stimano che il permafrost si estenda al di sotto di circa un quinto delle terre emerse. Le latitudini che accolgono con maggiore frequenza questa condizione terrestre sono quelle maggiori di circa 60°. La prima vera mappa del permafrost è stata creata dall'International Permafrost Association (IPA) durante gli anni Novanta. In quel documento si stimava che l'estensione di questo strato di terreno ghiacciato si estendesse per circa 23 milioni di chilometri quadrati

Circa il 65% del permafrost sarebbe collocato in Eurasia, mentre il rimanente 35% si troverebbe tra Nord America e Groenlandia. È possibile rintracciare grandi estensioni di permafrost anche in fondo al mare, al di sotto delle piattaforme continentali polari. Il permafrost in Italia si trova invece per lo più nella catena montuosa alpina, al di sopra dei 2600 metri sul livello del mare.

Perché lo scioglimento del permafrost deve preoccuparci

Lo scioglimento del permafrost è uno degli aspetti meno studiati del cambiamento climatico. Gli esperti denunciano un sempre più rapido scioglimento di questo strato ghiacciato del suiolo che, in terre come Russia e Alaska, stanno provocando danni importanti. Sprofondano le strade e le piste degli aeroporti, costruite appunto su questo ghiaccio millenario. 

Ma le minacce di crollo di costruzioni umane sono nulla in confronto ai pericoli connessi al suo scioglimento in relazione alla parola virus. Infatti, lo scioglimento di questa parte del terreno sta liberando agenti patogeni anche più antichi della nostra specie, a cui il nostro sistema immunitario potrebbe essere impreparato. Alcuni scienziati hanno intercettato quello che è stato ad esempio chiamato "virus Matusalemme". Conosciuti anche come virus zombie, fanno temere l'esplosione di epidemie. Secondo il genetista Jean-Michel Claverie dell'Università di Aix-Marseille potrebbe addirittura riportare in vita un'antica forma di poliomielite. I virus isolati in seguito allo scioglimento del permafrost sono numerosi e le ricerche si susseguono ormai da un decennio. 

Mantenendo l'assenza di ossigeno, di luce e la temperatura glaciale, il permafrost riesce inoltre a bloccare il materiale organico rimasto intrappolato migliaia di anni fa. Ma con l'innalzamento delle temperature questa trappola naturale potrebbe perdere la sua efficacia. Un'altra temuta fuga dal permafrost è quella del metano. Secondo uno studio pubblicato su Frontiers in Earth Science sotto il permafrost delle Isole Svalbard si stima la presenza di diversi milioni di metri cubi di metano. L'innalzamento delle temperature potrebbe liberare questo potente gas, che farebbe aumentare ancora di più la "febbre" del Pianeta.
 

Stefania Leo

Foto di apertura: 123rf