Machu Picchu, storia breve della città perduta degli Incas
Andiamo alla scoperta di una delle sette meraviglie del mondo moderno: la città perduta degli Incas è un capolavoro di ingegneria. Ecco la sua storia in breve
Tra le montagne del Perù, avvolta nel mistero e nella vegetazione andina, sorge Machu Picchu, una delle testimonianze più straordinarie della civiltà inca. Considerata il terzo sito archeologico più grande al mondo dopo gli scavi di Pompei e Ostia Antica, è stata inserita nel 1983 nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO e, nel 2007, tra le sette meraviglie del mondo moderno.
Scoperta agli inizi del Novecento, è diventata il simbolo della raffinatezza ingegneristica e spirituale del mondo precolombiano. In questa breve storia di Machu Picchu, scopriamo perché è considerata un capolavoro di architettura e organizzazione urbana, e quali segreti racchiude tra le sue pietre perfettamente incastrate.
Dove si trova Machu Picchu
Il sito archeologico di Machu Picchu si trova nel sud del Perù, nel cuore delle Ande, a un’altitudine di 2.430 metri sul livello del mare. Le rovine sorgono su uno sperone montuoso, a metà strada tra le cime di Machu Picchu (“vecchia montagna”) e Huayna Picchu (“giovane montagna”), due rilievi della Cordigliera Centrale delle Ande peruviane. Ai loro piedi scorre il fiume Vilcanota-Urubamba, che un tempo delimitava la gola chiamata Picchu e oggi contribuisce a incorniciare lo spettacolare scenario naturale in cui si inserisce la città perduta.
Machu Picchu appartiene all’omonimo distretto nella provincia di Urubamba, nella regione di Cusco, da cui prende il nome anche l’antica capitale dell’Impero Inca – oggi capoluogo regionale – situata a circa 112 chilometri di distanza.
L’area edificata misura circa 530 metri in lunghezza e 200 in larghezza, per un totale di 172 edifici. Le rovine si trovano a circa 450 metri sopra il fondovalle, in una posizione isolata ma altamente strategica: questo isolamento ha contribuito a preservarne l’integrità storica, culturale e strutturale nei secoli. L’altitudine, il contesto naturale e la conformazione del terreno contribuivano sia alla difesa militare sia alla sacralità del luogo, rendendolo un centro unico nel panorama della civiltà inca.
Machu Picchu: la storia in breve
Secondo gli studiosi, Machu Picchu fu edificata nella metà del XV secolo, durante il regno dell’imperatore Pachacútec (1438–1471), considerato il primo grande sovrano dell’Impero Inca.
Si ritiene che la città avesse una duplice funzione: da un lato residenza reale invernale e dall’altro centro religioso e ritiro spirituale. Come suggerisce la struttura urbanistica, articolata tra case, strade e piazze, Machu Picchu doveva essere abitata da non oltre 1000 persone.
Machu Picchu era perfettamente integrata nella rete stradale imperiale conosciuta come Qhapaq Ñan, che collegava tutte le province andine dell’Impero. Dopo la conquista spagnola, nel 1533 circa, la città fu gradualmente abbandonata, forse anche a causa di epidemie e del collasso dell’apparato amministrativo.
Non venne mai scoperta dai conquistadores, e ciò permise che restasse intatta nei secoli, conosciuta solo dalle comunità locali, che non l’hanno mai considerata una “città perduta”.
Nel 1911, l’esploratore statunitense Hiram Bingham, guidato da contadini peruviani, raggiunse il sito e ne comprese l’importanza, segnalandolo ufficialmente al mondo e promuovendone lo studio scientifico.
Machu Picchu: armonia perfetta tra ingegneria, natura e cosmo
La posizione spettacolare, l’incredibile stato di conservazione e il perfetto equilibrio con l’ambiente naturale sono solo alcuni dei motivi per cui Machu Picchu è famosa in tutto il mondo: la città inca rappresenta un capolavoro assoluto di ingegneria e urbanistica precolombiana, tanto da essere annoverata tra le sette meraviglie del mondo moderno.
Edificare su un crinale incastonato tra picchi scoscesi ha posto enormi sfide ai costruttori di Pachacútec: forti pendenze, piogge torrenziali, rischio di frane e assenza di ruote o animali da soma per il trasporto dei materiali. La soluzione trovata fu un geniale sistema di terrazzamenti che, oltre a offrire superfici coltivabili, serviva a consolidare il suolo e drenare efficacemente l’acqua piovana — sono stati individuati più di 130 canali di drenaggio.
I blocchi di granito locale venivano estratti direttamente in cava e modellati con strumenti in pietra, quindi trasportati con slitte di legno e corde vegetali nella vicina città. Una delle tecniche più sorprendenti è la cosiddetta costruzione a secco, priva di malta: i blocchi venivano perfettamente incastrati tra loro con una precisione tale che tra le giunture non passa neppure una lama di coltello. Questa tecnica garantiva stabilità e resistenza ai frequenti terremoti della regione.
Un’altra curiosità affascinante riguarda il rapporto tra architettura e astronomia, a conferma della visione sacra e cosmica che gli Inca attribuivano allo spazio costruito. Tra gli edifici principali si distinguono un grande palazzo nobiliare, imponente e rifinito, e un tempio cerimoniale dalla particolare planimetria: al suo interno, una lastra di pietra perfettamente orientata è colpita, durante il solstizio d’inverno australe (21 giugno), dai raggi del sole che penetrano dalla finestra principale, conferendo all’edificio un significato astronomico e rituale.
Il legame con il Sole, divinità suprema per gli Inca — l’imperatore stesso era considerato suo figlio — riappare in un altro luogo chiave del sito, il punto più elevato dell’insediamento: qui un blocco di roccia madre è stato scolpito a formare un pilastro litico orientato con precisione sugli assi cardinali e con le montagne sacre. Durante gli equinozi, il sole colpisce la struttura senza generare ombra. Questo fenomeno è stato interpretato come un simbolo di dominio cosmico: secondo molti studiosi, il pilastro rappresenta l’Intihuatana, ovvero “il luogo dove viene legato il Sole”, per impedire che si allontani troppo nel corso dell’anno.
Paola Greco
Foto di apertura: Foto di Victor He su Unsplash