Il concetto di evoluzione

L'idea di evoluzione degli organismi è molto antica, ma, dopo secoli di abbandono, fu elaborata in modo scientifico solo nell'800, grazie all'opera di Darwin e Wallace. Basata sui concetti di variabilità, selezione naturale e lotta per l'esistenza, la teoria evolutiva fu perfezionata con lo sviluppo di nuove discipline biologiche, soprattutto della genetica: oggi è una delle teorie fondamentali della biologia.

Alla luce della teoria di Darwin e Wallace, per evoluzione si intende il processo attraverso cui le diverse specie di viventi derivano da forme di vita preesistenti, in seguito a graduali modificazioni, o variazioni geniche, trasmesse ereditariamente nel corso del tempo in base a un meccanismo determinato dalla selezione naturale: sopravvivono e si assicurano una discendenza quegli individui che presentano variazioni favorevoli, tali cioè da renderli meglio adatti a fronteggiare le condizioni ambientali.

  Il pensiero evoluzionistico

Un'idea di evoluzione dei viventi era presente già nelle opere di filosofi greci e di poeti latini. Per quasi duemila anni, tuttavia, dominò incontrastato il pensiero del filosofo e naturalista greco Aristotele (384-322 a.C.), che ordinava tutti gli organismi lungo una "scala della natura": ai gradini più bassi si collocava la materia inanimata, mentre l'ultimo gradino era occupato dall'uomo, secondo uno schema definito già dalla creazione.

Le idee di Aristotele confluirono in seguito nel pensiero cristiano, e fino all'illuminismo il pensiero scientifico rimase cristallizzato nella teoria della immutabilità delle specie (fissismo), create all'inizio da una mente divina (creazionismo).

Solo nell'800, con lo sviluppo di scienze come la geologia e la paleontologia, si riaccese la discussione sull'evoluzione dei viventi. Molte erano, infatti, le prove che andavano accumulandosi in favore dell'evoluzione:

  • l'esplorazione di nuove terre mostrava una grande varietà di forme viventi;
  • i fossili di specie estinte mostravano molte somiglianze con organismi viventi;
  • l'età della Terra, stimata fino allora in poche migliaia di anni, si rivelò molto più antica, tale da consentire un intervallo di tempo sufficiente per il realizzarsi di graduali modificazioni nelle specie.

Una delle prime teorie evoluzionistiche fu proposta dal biologo e naturalista francese J.-B. de Lamarck (1774-1829). La teoria di Lamarck si basa su due assunti principali:

  • uso e non uso degli organi: gli organi di un animale non ancora adulto possono svilupparsi o atrofizzarsi in rapporto al loro minore o maggiore uso;
  • ereditarietà dei caratteri acquisiti: le modificazioni dei caratteri acquisiti durante la vita dell'individuo possono essere trasmesse ai figli.

L'esempio più famoso addotto da Lamarck per spiegare la sua teoria è quello della giraffa. Essa avrebbe sviluppato, nel corso di generazioni, un collo lungo nel tentativo di raggiungere le foglie alte degli alberi (meno soggette a esaurirsi di quelle dei rami più bassi).

La teoria di Lamarck, oggi respinta perché non suffragata da valide prove sperimentali, ha tuttavia il merito di aver sottolineato l'importanza della variabilità dei caratteri ereditari nei meccanismi evolutivi.