Il consumo alle origini della teoria economica

La corretta comprensione del comportamento e delle preferenze dei consumatori è stata storicamente il primario oggetto di indagine degli economisti. La proposta di privilegiare il ruolo del consumo era già presente, seppur in modo non sistematico, nelle idee di alcuni mercantilisti come King e Davenant (1699). Bisogna però attendere il consolidamento della scuola classica perché si arrivi ad affermare con forza, seppur in assenza di una vera e propria teoria del consumatore (cui ha invece provveduto il successivo approccio neoclassico, nelle sue tre scuole: quella dell'utilità ordinale, quella soggettivista e l'approccio delle preferenze rivelate). In proposito, si può richiamare Adam Smith (La ricchezza delle nazioni, 1776) quando afferma che non è opportuno prendersi cura dell'interesse del produttore se non nel caso in cui esso appaia necessario per promuovere quello del consumatore.

La moderna teoria del consumatore

Con riferimento all'analisi economica degli ultimi cento anni, lo studio del processo di scelta del consumatore può essere considerato l'argomento centrale (insieme alla teoria della produzione) dell'intera teoria microeconomica.

Nell'ambito della teoria neoclassica possono essere riconosciuti almeno tre paradigmi principali per l'analisi delle scelte del consumatore; seguendo un criterio di classificazione storico ricordiamo:

  1. l'approccio soggettivista centrato sul concetto di  utilità in senso cardinale (dovuto principalmente a W. S. Jevons, H. Gossen e F. von Wieser);
  2. l'approccio ordinalista centrato invece sul concetto di utilità ordinale (i cui principali esponenti furono V. Pareto, Sir J.Hicks e R.G.D. Allen), ripreso nella versione moderna di approccio della teoria delle scelte (G. Debreu e H. Uzawa);
  3. l'approccio delle preferenze rivelate (dovuto, fra gli altri, a H. Houtakker e P.A. Samuelson).

Secondo l'approccio soggettivista, le preferenze di un individuo sono rappresentate per mezzo di una funzione di utilità che dipende in modo crescente dalle quantità dei beni consumati. Sarebbe dunque logicamente necessario ipotizzare la misurabilità dell'utilità. Tale paradigma risulta superato dall'impostazione ordinalista la quale, imponendo un insieme minimo di ipotesi plausibili (assioma di completezza, assioma di transitività, assioma di continuità, assioma di monotonicità e assioma di convessità), perviene a determinare una famiglia di curve di indifferenza in grado di descrivere le preferenze del consumatore in modo sufficiente da rendere possibile confronti ordinali fra panieri; si parla in questo caso di assiomatizzazione delle preferenze.

L'approccio delle preferenze rivelate si propone invece di pervenire alla identificazione della legge di domanda attraverso un processo di induzione delle preferenze possedute dal consumatore semplicemente basandosi sui suoi comportamenti di acquisto sul mercato (in questo senso l'unico assioma assunto dall'analisi è il cosiddetto postulato debole delle preferenze rivelate).

Critiche recenti alla teoria del consumo

L'idea del consumo come determinante ultimo dell'agire economico non ha incontrato però molti consensi nell'ambito della più recente teoria economica in quanto non sembra aver trovato una particolare conferma nel modo in cui sono realmente organizzate le moderne economie industriali. Da una parte le regole del marketing sembrano talvolta far pensare a un assoggettamento delle preferenze e dei comportamenti dei consumatori alle scelte strategiche delle imprese produttrici. Dall'altra, un tale approccio di analisi si fonda poco realisticamente sull'ipotesi che le autorità politiche non intervengano mai nel condizionare la composizione del paniere dei beni disponibili per il consumo e che le preferenze dei consumatori si mantengano sufficientemente stabili e comunque impermeabili agli stimoli derivanti dal comportamento degli altri agenti che operano nel sistema economico.

L'importanza analitica di una teoria del consumatore

Il bisogno di una teoria in grado di spiegare il comportamento di consumo di un agente microeconomico deve essere visto in realtà come parte di un problema più ampio: fornire una giustificazione alla forma posseduta nella realtà dalla curva di domanda dei singoli beni di consumo (la quale, è stato osservato, non è sempre in relazione decrescente col prezzo dei beni).

Il consumo individuale

Secondo la tradizione neoclassica prevalente, il comportamento del consumatore può essere descritto in termini di massimizzazione di una funzione di utilità sotto dati vincoli di bilancio.

La figura 7.1 (trascuriamo momentaneamente la curva) rappresenta il semplice caso in cui i beni a disposizione siano solamente due (x e y). Il consumatore ha a disposizione un reddito W che deve essere speso per intero, dunque avremo che W=pxx+pyy, dove px e py indicano rispettivamente i prezzi dei beni x e y. Tale relazione è rappresentata dal segmento AB, ossia dal vincolo di bilancio, la cui pendenza sarà data da -(py/px). Tutti i punti che si trovano alla sinistra di AB, o che gli appartengono, rappresentano dunque panieri (cioè combinazioni dei beni x e y) che possono essere acquistati dal consumatore.Esempio, con 50 euro a settimana a disposizione il consumatore può decidere di uscire tutte le sere a cena in pizzeria (7,14 euro x 7 = 50 euro) oppure potrà cenare in pizzera 3 sere (7,14 euro x 3 = 21,42 euro) e andare a teatro una sera (28,50 euro) e così via.

Si noti che il rapporto tra i due prezzi monetari rispettivamente dei beni x e y indica il prezzo di un bene in termini dell'altro bene (per esempio il prezzo di una sera a teatro in termini di cene in pizzeria è poco meno di 4 (28,50:7,14).

Incontriamo così la nozione importante di prezzo relativo. Esso coincide con il costo opportunità di un'unità aggiuntiva di un bene.

Il vincolo di bilancio si sposta al variare del reddito e dei prezzi. Quando varia il reddito, la linea di bilancio si sposta verso destra (aumento) o verso sinistra (diminuzione). Quando a variare è il prezzo di uno dei fattori cambia la pendenza.