Il mercato del lavoro come istituzione sociale

La trattazione del mercato del lavoro appena proposta è però ritenuta da varie parti insoddisfacente. Alcuni dei più importanti aspetti su cui molti dei maggiori economisti dell'Ottocento e del Novecento (Malthus [1820], Jevons [1871], Solow [1979], ecc.) hanno centrato i propri studi sono stati:

  • la scarsa attitudine del salario di mercato a variare (contrariamente a quanto assunto dalla teoria neoclassica) per riequilibrare le modifiche nell'offerta e/o nella domanda di lavoro; tale fenomeno, noto in letteratura con il termine di rigidità salariali, viene oggi spiegato facendo ricorso alla teoria dei contratti di lavoro efficienti;
  • il fatto se una variazione nel salario di mercato debba sempre e solo essere spiegata come conseguenza di shock che colpiscono il lato della domanda e/o quello dell'offerta del mercato del lavoro;
  • il fenomeno delle strutture retributive, in altre parole le cause che spiegano le differenze osservate nella pratica tra i salari dei lavoratori, anche fra quelli che svolgono mansioni pressoché identiche.

Come il premio Nobel Robert Solow riconosce, il mercato del lavoro è un'istituzione sociale la cui storicità e complessità non riesce a essere riassunta dal semplice modello di domanda e offerta di lavoro. Gli economisti, in particolare, hanno cercato di dare giustificazione a tre fenomeni ricorrenti nei mercati del lavoro realmente esistenti: la rigidità salariale, la segmentazione e il dualismo.

La rigidità del salario

È stato osservato che nella realtà economica: 1) il salario reale viene fissato in misura superiore a quello concorrenziale; 2) le fluttuazioni della domanda sono ben più ampie di quelle del salario. Si parla quindi di rigidità del salario reale. Una parte importante della ricerca economica degli ultimi vent'anni si è impegnata nella costruzione di modelli di determinazione del salario che siano coerenti con l'esistenza di questi due fatti empirici. Tre sono le direttrici principali di questa ricerca: i contratti impliciti, i modelli di sindacato e dei contratti efficienti, i salari di efficienza.

La teoria dei contratti impliciti parte dal presupposto che lavoratori e imprenditori hanno gradi diversi di accettazione del rischio economico. I lavoratori, non avendo accesso al mercato dei capitali, sono avversi al rischio, mentre gli imprenditori, che vi possono ricorrere, sono neutrali al rischio (la realizzazione prevista di un reddito è per loro equivalente alla realizzazione effettiva di questo reddito). In queste condizioni è ottimale per ambo le parti che l'impresa offra al lavoratore una sorta di assicurazione per i “tempi magri”, in modo da garantire un salario reale più alto nelle fasi di recessione di quello che si avrebbe in un mercato concorrenziale senza contratti impliciti. Un'altra ipotesi presente nei contratti impliciti è quella che gli imprenditori, oltre a essere più orientati al rischio, sono meglio informati dei lavoratori sull'andamento previsto della domanda di mercato e quindi della domanda di lavoro. Si parla in questo caso di contratti impliciti con informazione asimmetrica.

Passiamo ora ai modelli di contrattazione esplicita. La presenza del sindacato porta a un'offerta di lavoro più rigida (più inclinata) e quindi a salari più alti di quanto si registrerebbe in un mercato del lavoro concorrenziale. Normalmente sindacato e impresa si accordano sul salario, lasciando all'impresa la determinazione del livello di occupazione in modo da massimizzare il profitto. Ciò equivale a dire che sindacato e impresa decidono congiuntamente un punto sulla domanda di lavoro. Ci si riferisce a questi contratti con l'appellativo inglese di right-to-manage. Si può dimostrare che i contratti right-to-manage non sono efficienti, nel senso che è almeno possibile migliorare la posizione economica di uno dei due contendenti senza peggiorare quella dell'altro. Ciò ha portato gli economisti a considerare i contratti efficienti, cioè quelli che determinano il salario in corrispondenza dei punti di tangenza fra le curve di massima utilità del sindacato e le curve di massimo profitto dell'impresa. Nel caso di una ripartizione equa dei guadagni della contrattazione fra le due parti, il salario diventa uguale alla media aritmetica fra la produttività media e la produttività marginale del lavoro, essendo quindi più alto del salario concorrenziale. In risposta alle fluttuazioni economiche, nei contratti efficienti il salario reale resta rigidamente costante fino a un dato livello di attività economica, per poi crescere oltre una certa soglia di miglioramento della congiuntura. Come nel caso dei contratti impliciti, il livello e le fluttuazioni dell'occupazione che si determinano nel caso dei contratti efficienti sono identiche a quelle del caso concorrenziale.

Nel caso dei salari d'efficienza (efficiency wages), l'impegno del lavoratore dipende positivamente dal salario corrisposto dall'impresa. La massimizzazione del profitto conduce in questo caso al risultato che: a) il salario reale è maggiore della produttività marginale; b) non è sensibile alle fluttuazioni economiche; c) viene determinato dalla condizione che richiede che l'impegno sia tale da rendere l'elasticità dell'impegno rispetto al salario uguale a uno (condizione di Solow). Contrariamente al caso dei contratti impliciti e di quelli efficienti, la rigidità del salario reale è qui il prodotto unicamente di una decisione razionale da parte delle imprese e porta a fluttuazioni dell'occupazione più ampie rispetto al caso concorrenziale.

La segmentazione: perché i salari sono così diversi?

Il termine segmentazione si riferisce al fatto che esiste nelle economie avanzate, a prescindere dalla capacità dei singoli lavoratori, una gerarchia molto ampia di retribuzioni. Per gli economisti neoclassici ciò rispecchia differenze nei lavori che li rendono più o meno attraenti oppure le differenze di “capitale umano” degli individui.

    Differenziali compensativi. Sono differenziali salariali che, a parità delle altre condizioni, compensano aspetti meno attraenti del lavoro. Un lavoro più rischioso sarà pagato di più di un lavoro meno rischioso; un lavoro faticoso sarà pagato di più di un lavoro non faticoso. Differenze nel capitale umano. Gli individui che hanno studiato più a lungo hanno investito di più nella propria istruzione e hanno quindi accumulato maggiori conoscenze spendibili sul mercato del lavoro (cioè, appunto, più capitale umano). Questi individui chiederanno maggiori salari per ripagarsi l'investimento educativo effettuato e otteranno dalle imprese retribuzioni più alte perché il loro contributo alla produzione è relativamente maggiore.

Gli economisti radical obiettano che la discriminazione spiega in misura superiore alle differenze del capitale umano la segmentazione del mercato del lavoro: donne e minoranze etniche percepiscono salari inferiori dei maschi bianchi a parità di titolo di studio. In formulazioni estreme, la segmentazione risponderebbe a una vera e propria strategia di divide et impera da parte degli imprenditori: la moltiplicazione dei livelli retributivi e delle discriminazioni servirebbe a evitare che i lavoratori si possano coalizzare per aumentare la propria “voce” e la propria paga.

Anche alcune professioni hanno interesse a sottrarsi al mercato concorrenziale per elevare le loro retribuzioni e lo fanno imponendo barriere all'entrata. Per alcune categorie di professionisti le barriere sono costituite da regimi di concessione, autorizzazioni, licenze. Altre categorie si difendono dal mercato mettendo in atto strategie di tipo corporativo (albi professionali).

Le retribuzioni astronomiche delle star

Un aspetto particolarmente scioccante della differenziazione delle retribuzioni va sotto il nome di economia delle superstar. In alcuni settori di attività – nell'industria dello spettacolo, nello sport ma anche nelle alte direzioni delle grandi imprese – si osservano compensi astronomici: un attore o attrice di successo del cinema può guadagnare anche mille volte il compenso di un collega attore non baciato dalla fama o il salario di un operaio di medio livello.

Le capacità personali, naturalmente c'entrano, ma esse consentono di giungere al risultato massimo grazie a due caratteristiche del mercato delle superstar:

    la performance della superstar non è sostituibile con nessuna quantità di prodotto di un altro produttore. In altre parole, se il divo del momento è XY, tutti vorranno vedere il suo nuovo film e nessuno dei suoi fans sarà disposto a sostituire questo bene nemmeno con due film che abbiano a protagonista un altro attore; le tecnologie della comunicazione e dell'informazione (cinema, televisione, VCR, DVD, Internet, Umts ecc.), attraverso la riproduzione e la distribuzione dei prodotti dello spettacolo e dello sport consentono di raggiungere simultaneamente audiences di milioni di spettatori, moltiplicando la produttività delle superstar.

Dualismo salariale: i garantiti e gli esclusi

Il termine dualismo suggerisce che in molte economie contemporanee esiste una netta linea di demarcazione fra un settore dell'economia in cui esistono mercati del lavoro “interni” alle imprese (sistema di carriere e incentivi) e i lavoratori godono di maggior salario, maggiore sicurezza del posto di lavoro, della tutela del sindacato e del rispetto del codice del lavoro, e un altro settore in cui viene pagato minor salario, c'è maggior rischio di disoccupazione temporanea e gli orari sono più lunghi e più flessibili, il sindacato non esiste e le norme sulle condizioni di lavoro vengono meno rispettate. I lavoratori appartenenti al primo settore, quello “garantito” vengono detti insiders, quelli appartenenti al secondo, vengono definiti outsiders. Nel caso italiano, nelle imprese al di sopra dei quindici dipendenti la tutela sindacale è garantita dalla legge, il contratto di lavoro a tempo indeterminato è la norma, non si può licenziare che per giusta causa e in caso di riduzione dell'attività economica dell'impresa, al lavoratore viene assicurato un sussidio di disoccupazione (la cassa integrazione).

Il sindacato, che cerca di rendere massimo il monte-salari nel settore “garantito”, risulta spesso indifferente al livello di disoccupazione complessivo, che colpisce in larga parte il settore “non garantito”. Per ovviare a questa disfunzione del mercato del lavoro, che crea una sorta di incentivo alla crescita della disoccupazione, è stato proposto di rendere più flessibile il mercato del lavoro in modo da diminuire le garanzie degli insiders e aumentare quelle degli outsiders.

Il salario minimo

È possibile che lo Stato fissi un “pavimento” sotto il quale il salario non può andare. Il salario minimo è stato istituito per legge nella maggioranza delle economie occidentali (ma non in Italia, dove esistono solo minimi contrattuali), soprattutto per proteggere i lavoratori giovani e quelli poco qualificati dallo sfruttamento. Gli economisti neoclassici fanno però notare che il salario minimo tende a escludere dal mercato del lavoro quei lavoratori che hanno una produttività marginale a esso inferiore. Altri giudicano che l'accettazione di salari troppo bassi può condurre le imprese a specializzarsi in settori tecnologicamente poco dinamici.

I mercati del lavoro nelle principali economie avanzate

La tavola 1 mostra come la varietà dei tratti istituzionali permetta di individuare fra le economie avanzate (USA, Giappone, Europa) quattro tipi di mercati di lavoro.

 

Economia e scienze della finanza
Tavola 1 Tipologia del mercato del lavoro nelle economie avanzate
Caratteri Usa ed economie
anglosassoni
Giappone
ed economie
dell'E. Oriente
Germania e
socialdemocrazie
nordiche
Francia, Italia
e paesi
mediterranei
Segmentazione alta bassa bassa media
Dualismo medio alto basso alto
Sindacalizzazione bassa alta alta media
Relazioni sindacali microconflittuali microcooperative macrocooperative macroconflittuali
Mobilità della
forza-lavoro
esterna all'impresa interna all'impresa interna all'impresa esterna all'impresa
Vantaggi alta flessibilità alta innovazione alta formazione
forza lavoro e alti
salari
alta competitività
Svantaggi bassi salari, scarsa
formazione
forza-lavoro
rigidità
occupazionale
alti costi per le
imprese e per lo
Stato
alta
disoccupazione
giovanile