John Locke

L'inglese John Locke (Wrington 1632 - Oates 1704) è il segretario privato del conte di Shaftesbury, importante figura politica. I contrasti fra il conte di Shaftesbury e la corona lo costringono nel 1683 a seguire il conte nell'esilio in Olanda fino all'avvento al trono di Guglielmo d'Orange nel 1689, quando entrambi ritornano in Inghilterra.

La dottrina della tolleranza religiosa

Nel Saggio sulla tolleranza (1667) Locke riduce l'ambito di competenza del magistrato civile nelle questioni religiose, che sono di stretta competenza personale e completamente estranee alla giurisdizione dell'autorità civile. Nell'Epistola sulla tolleranza (1689) condanna nel modo più esplicito ogni forma di costrizione sulla coscienza dell'uomo in materia di credenze e pratiche religiose. Solo la convinzione deve guidare l'uomo nelle scelte in campo religioso e queste devono essere rispettate sia dall'autorità politica, sia dall'autorità religiosa ufficiale, purché non si rivelino in contrasto con i fondamenti costitutivi della società o con gli stessi principi della reciproca tolleranza.

La concezione politica

Il passaggio da uno stato di natura, in cui tutti gli uomini sono liberi, uguali e indipendenti, a una condizione di sottomissione all'autorità politica, per Locke è determinato sia dal desiderio degli uomini di vivere in comunità per procurarsi un'esistenza "più confortevole, sicura, pacifica", sia dalla convinzione di potere in questo modo evitare lo stato di guerra, che l'abuso della libertà originaria poteva comportare. Questa sottomissione all'autorità, avvenuta per libero e volontario consenso, non è concepita come soggezione a un potere arbitrario, ma come sottomissione "alle determinazioni della maggioranza", che sola detiene il potere in forza dell'adesione degli uomini a questa società e che lo può esercitare nelle forme più diverse (democrazia, oligarchia, monarchia). Sebbene la maggioranza affidi il compito di stabilire le leggi a singole persone, non cede a nessuno il potere. Per evitare il pericolo di una troppo ampia concentrazione di potere e la tentazione di personali vantaggi, come nella tirannia, Locke ritiene necessario che il potere legislativo e il potere esecutivo siano nelle mani di persone diverse.

La teoria della conoscenza

Il progetto di affrontare in modo organico il problema delle possibilità e dei limiti della conoscenza umana è contenuto nel Saggio sull'intelletto umano (1690). Le idee su cui si fonda la nostra conoscenza non sono innate ma ci provengono tutte da due fonti: la sensazione e la riflessione. Questa derivazione appare chiaramente per le idee semplici, ma anche le idee più complesse (per esempio, le idee di uomo, di somiglianza e di bello) non sono altro che combinazione di idee semplici, operate dal nostro intelletto. La conoscenza umana, infatti, è la percezione della concordanza o della discordanza tra le nostre idee che, benché possa essere soggetta a gradi diversi di chiarezza ed evidenza, non può rinunciare a una fondamentale certezza. Seppure in grado diverso, l'intelletto umano è certo sia quando afferma l'esistenza del proprio essere, cogliendola per intuizione, sia quando asserisce l'esistenza di Dio, tramite la dimostrazione, sia quando afferma l'esistenza dei corpi sensibili circostanti, per mezzo dell'esperienza sensoriale.

L'ambito della vera conoscenza è molto ristretto: oltre a esso si estendono le larghe fasce dell'opinione, che non si fonda più sulla certezza, ma sulla probabilità ed è di estrema importanza per l'uomo, poiché la maggior parte delle conoscenze di cui ci serviamo nella vita è di questo genere. Locke affronta in particolare quel tipo di conoscenza che offre la fede, la cui certezza non viene dall'evidenza dell'oggetto, ma deriva dall'autorità del soggetto rivelatore, cioè di Dio. La fede, pur avendo in comune con la conoscenza probabile la derivazione per testimonianza, la supera e la trascende proprio per il particolare genere di questa testimonianza, che è testimonianza divina.