Johann Gottlieb Fichte

Il pensiero di Johann Gottlieb Fichte (Rammenau 1764 - Berlino 1814), professore nelle università di Jena e di Berlino, parte dal proposito di rielaborare in maniera sistematica la filosofia di Kant ponendo l'idea pratica della libertà come unico fondamento di un sistema unitario della filosofia (che diviene perciò "sistema della libertà").

Per Fichte il principio del sapere non può essere un fatto della coscienza (come è l'esistenza della legge morale per Kant), ma un atto, una azione spirituale originaria, che viene colta nell'intuizione intellettuale e fonda il sapere deduttivo. La coscienza immediata della legge morale è una manifestazione di questa intuizione intellettuale e ne garantisce la validità.

La filosofia deve portare alla luce le "azioni originarie" che rendono possibile il sapere della coscienza, deve chiarificare gli atti precoscienziali che fondano e accompagnano il fatto di sapere questa o quella cosa. Nel realizzare ciò la filosofia deve essere consapevole del suo stesso modo di procedere, deve riflettere e giustificare le asserzioni che avanza. È questa l'idea del capolavoro di Fichte, la Dottrina della scienza (1794-95): una teoria della costituzione del sapere della coscienza condotta attraverso una concomitante riflessione giudicativa sui passi propri della coscienza. Si tratta perciò di una filosofia di tipo trascendentale.

Dottrina della scienza

Per Fichte l'espressione "dottrina della scienza" corrisponde fondamentalmente a quella di filosofia. In un primo momento, che coincide con gli anni di insegnamento a Jena (1794-99), Fichte enuclea un circolo di principi trascendentali: il primo principio ("l'io originariamente pone assolutamente il suo proprio essere") dice che non è concepibile coscienza senza l'agire dell'io spirituale, senza l'essere in atto dell'intelligenza; il secondo principio ("all'io è opposto assolutamente un non-io") afferma che il sapere richiede per esistere che all'io spirituale si presenti una alterità da rappresentare e da configurare, una alterità che nella sua concretezza non si può dedurre logicamente dalla posizione originaria dell'io; il terzo principio ("io oppongo nell'io all'io divisibile un non-io divisibile") dice che il sapere effettivo è sempre distinzione e sintesi di io e alterità, cioè di una sfera soggettiva e di una oggettiva.

Fichte vede che nella costituzione della coscienza non operano soltanto fattori teoretici (immaginazione, intelletto, giudizio, ragione), ma anche e insieme fattori pratici (sentimento, impulso, volontà). D'altra parte la spiegazione della coscienza non può essere data soltanto dal fatto che in essa agisce l'io spirituale, ma richiede una azione (un "urto") dall'esterno. Questa azione è per Fichte, radicalmente, un "invito", un "appello" alla libertà che proviene da un altro essere libero. La "nascita" della coscienza rinvia all'esserci di almeno un'altra coscienza, ossia accade in un orizzonte intersoggettivo. La Dottrina della scienza contiene e avanza perciò una teoria intersoggettiva.

Dopo il suo trasferimento a Berlino, nel 1799, Fichte approfondisce un nuovo livello della "dottrina della scienza" ed evolve da una posizione di umanesimo, in cui l'io è l'uomo, a una sorta di misticismo, in cui l'essere è Dio e la dottrina della libertà dell'uomo si trasforma in una teoria della grazia. Fichte affronta il problema del rapporto fra il principio del sapere (cioè l'io, la ragione, che è sempre l'unità organica di una dualità) e la radice ultima, l'unità pura sopra ogni distinzione e mediazione, cioè l'assoluto. Individua due movimenti fondamentali: l'uno ascendente, nel quale il sapere si autoapprofondisce fino a "deporsi", sospendersi come sapere, e a riconoscere l'unità originaria di "essere e vita"; l'altro discendente e "fenomenologico" nel quale il sapere, alla luce della evidenza conseguita, si conosce come manifestazione originaria, "immagine", "esistenza", "schema" dell'assoluto. La compiuta "dottrina della scienza", la filosofia, è il sistema dell'immagine dell'assoluto.

Discipline particolari

La coscienza originaria esiste in quattro "visioni del mondo" (la sensibilità, la legalità, la moralità, la religione), forme fondamentali che corrispondono alle discipline filosofiche specifiche della dottrina della natura, del diritto, dell'etica, della religione. La dottrina della natura enuclea i principi attraverso i quali la natura può essere concepita a partire dalla riflessione intellettuale e vede il senso della natura nel suo essere sede e ambiente del rendersi visibile della vita spirituale. La dottrina del diritto elabora quella manifestazione della vita razionale che consiste nella limitazione reciproca delle libertà degli individui e ne concepisce le forme giuridico-politiche di attuazione. L'etica prende in considerazione i principi della vita morale come consapevolezza e pratica del dovere. La dottrina della religione enuclea il rapporto unitivo di amore che collega la vita divina originaria e ciò che esiste nel tempo. Oltre alle discipline particolari Fichte elabora una filosofia della storia: storia è edificare le relazioni fra gli esseri umani in modo razionale e mediante la libertà. La filosofia politica di Fichte in un primo momento esalta la libertà dell'individuo in connessione con gli ideali della rivoluzione francese, mai in fondo ripudiati; successivamente sottolinea il ruolo dello Stato, ma sempre in funzione della creazione di uno spazio per superiori attuazioni etiche.