Il naturalismo: Zola e Maupassant

Émile Zola

Erede del realismo di Balzac e Flaubert, Émile Zola (1840-1902) vi aggiunge il gusto della documentazione sociale, rivolgendo la sua attenzione ai margini estremi della società, descritti con implacabile precisione e metodo storico.

L'approdo al naturalismo

Nato a Parigi, trascorse l'infanzia e la prima giovinezza ad Aix-en-Provence (dove era morto improvvisamente il padre, un ingegnere italiano), legandosi d'amicizia con il pittore Cézanne. Trasferitosi a Parigi con la madre (1858), esercitò vari mestieri, interrompendo gli studi e impiegandosi presso la casa editrice Hachette (1862). La lettura attenta di Balzac e Flaubert e lo studio delle teorie positivistiche, elaborate in quegli anni, lo decisero a intraprendere la carriera giornalistica e letteraria. L'opera di Claude Bernard Introduzione allo studio della medicina sperimentale (1865) contribuì ad accelerare il suo passaggio dalle iniziali simpatie romantiche e idealistiche a una concezione "naturalistica" dell'opera d'arte. Dopo le prime opere narrative dall'impostazione attardata e incerta (Contes à Ninon, Racconti a Ninetta, 1864; La confession de Claude, La confessione di Claude, 1865), pubblicò Thérèse Raquin (1867), il suo primo romanzo compiutamente originale. L'anno successivo, nella prefazione alla seconda edizione, espose la sua teoria secondo cui il romanzo deve essere l'analisi scientifica di un caso umano, uno studio clinico. Non erano estranei a quella formulazione il metodo dei Goncourt nel romanzo Germinie Lacerteux, il determinismo di H. Taine e la teoria dell'ereditarietà di Darwin, trasferita dalle specie animali a quella umana. Le sue convinzioni apparvero in modo più articolato nel saggio Le roman expérimental (Il romanzo sperimentale, 1880).

Il ciclo dei Rougon-Macquart

Su queste premesse, nel 1868-69 concepì un disegno molto ambizioso, una sorta di nuova Commedia umana, la serie dei romanzi di Balzac, volta allo studio della società contemporanea. Progettò quindi Les Rougon-Macquart. Histoire naturelle et sociale d'une famille sous le second empire (I Rougon-Macquart. Storia naturale e sociale di una famiglia sotto il secondo impero), ciclo di 20 romanzi, pubblicati tra il 1871 e il 1893, che narra la storia di una famiglia fino alla terza e quarta generazione, con significativa analogia tra la loro ascesa e quella di Napoleone III. Basandosi su una precisa pianificazione e su un'attenta documentazione, lo scrittore portò a termine il vasto progetto, pubblicando quasi un romanzo all'anno, tra cui: La fortune des Rougon (La fortuna dei Rougon, 1871); Le ventre de Paris (Il ventre di Parigi, 1873); La conquête de Plassans (La conquista di Plassans, 1874); L'assommoir (L'ammazzatoio, 1877); Nana (1880); La joie de vivre (La gioia di vivere); Germinal (1885); La bête humaine (La bestia umana, 1890); L'argent (Il denaro, 1891); La débâcle (La disfatta, 1892); Le docteur Pascal (Il dottor Pascal, 1893).

Il caposcuola

Il ventennio di composizione dei Rougon-Macquart fu denso di avvenimenti: dopo il grande successo dell'Assommoir, Zola, salutato come caposcuola indiscusso della nuova tendenza letteraria, raccolse ogni giovedì un gruppo di giovani scrittori, tra cui Maupassant e Huysmans, H. Céard (1851-1924), P. Alexis (1847-1901), L. Hennique (1851-1935), che parteciparono al volume di racconti Les soirées de Médan (Le serate di Médan, 1880), manifesto della scuola naturalista. Nel 1897 cominciò a interessarsi al caso Dreyfus: il suo talento polemico, la vocazione di giornalista pronto a battersi per la giustizia si espressero appieno nel celebre articolo J'accuse (Io accuso), pubblicato sull'"Aurore" il 13 gennaio 1898. Lo scrittore, condannato a un anno di carcere, fece in tempo a fuggire in Inghilterra, da dove rientrò l'anno successivo. Intanto aveva pubblicato la trilogia Trois villes: Lourdes, Rome, Paris (Tre città: Lourdes, Roma, Parigi, 1894, 1896, 1898), aspramente polemica nei confronti della Chiesa cattolica. L'ultimo ciclo narrativo (Les quatre évangiles, I quattro vangeli), riprendeva l'immagine della germinazione e la metafora del ciclo vegetale per esprimere le speranze di palingenesi dell'uomo e della società. Ne pubblicò le prime tre opere, Fécondité (Fecondità, 1899), Travail (Lavoro, 1901) e Vérité (Verità, 1903); l'ultimo, Justice (Giustizia), rimase incompiuto per l'improvvisa morte dello scrittore, asfissiato in casa da una stufa.

Oggettività e creazione

Una delle ambizioni di Zola era stata quella di completare il grande affresco di Balzac rappresentando il popolo, che in effetti entra in massa nelle sue opere. Egli ebbe il merito di aver colto e messo a fuoco il nocciolo del problema sociale della sua epoca, la lotta fra l'industria capitalista e la classe lavoratrice, la rivolta contro le condizioni del potere. La volontà scientifica che sorregge la sua opera si rivela spesso, e per fortuna, un'illusione. I suoi migliori romanzi sono quelli in cui la tensione creativa affronta la realtà trasformandola in visione, e penetra negli ambienti minuziosamente studiati creando un clima fortemente espressivo attraverso la lingua, lo stile, le immagini. La rappresentazione della folla, la strada, la miniera, il mercato, i luoghi brulicanti di un'umanità stanca e asservita non è certo priva di schematismi e semplificazioni talvolta fastidiose, ma supera tali limiti per diventare visione epica, denuncia e rivolta, ascesa da un clima di oppressione e di soffocamento verso un mito di speranza, rigenerazione e riscatto.