Mallarmé

La creazione assoluta

Mallarmé morì senza aver scritto l'opera verso cui tendeva tutta la sua esistenza e tutto il suo lavoro. Il "Libro" che avrebbe dovuto essere il frutto della creazione poetica e sarebbe stato la spiegazione della vita, del mistero dell'Universo, un'opera sacra e liturgica, impersonale perché assoluta, aperta ma comprensibile solo a pochi eletti. Una tale concezione porta in sé i germi del proprio fallimento, non può che condurre all'impossibilità, al silenzio. La poesia di Mallarmé sta in questa eterna tensione verso una forma inafferrabile, verso una dimensione creativa impeccabile e quasi divina, cui si contrappone ineluttabilmente il sentimento della propria incapacità, lo sgomento per la propria sterilità. La creazione poetica perseguita da Mallarmé va ben al di là dell'espressione lirica o dell'impassibilità parnassiana: il linguaggio deve pervenire alla ricostruzione ideale del mondo, compensare l'insufficienza dell'uomo, sostituire all'oggetto imperfetto e casuale l'Idea necessaria, limpida e perfetta. La poesia deve essere difesa e protetta da ogni profanazione: essa è la più grande fra le arti, è sacra, è una religione per la quale dovrebbero essere inventate "una lingua immacolata" e "delle formule ieratiche" per tenere lontano il volgo dei profani. La poesia deve difendere la propria purezza, il proprio mistero, e quindi deve essere inaccessibile, deve esprimersi per "segni severi, casti, sconosciuti". Così la poesia di Mallarmé, volutamente oscura ed ermetica, non va necessariamente spiegata, ma forse va percepita; il suo autentico significato va ricercato proprio nella variabilità del senso da una lettura all'altra. L'opera di Mallarmé, esperienza unica nella letteratura francese, ha esercitato un'influenza immensa sulla letteratura contemporanea, ma non ha avuto seguito: un'esperienza eroica, tragica, che si è conclusa con il fallimento e il silenzio.