Giovanni Boccaccio

Insieme a Dante Alighieri e a Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio fa parte delle "tre Corone" della letteratura italiana del Trecento. Conosciamone meglio vita e opere.

A concludere la miracolosa corona trecentesca dei tre grandi padri fondatori della letteratura italiana è la figura di Giovanni Boccaccio. È il nostro più grande narratore: il Decameron vuole essere un quadro grandioso della vita con le sue luci e le sue ombre, una "Umana commedia" che ha al suo centro l'agire dell'uomo nel mondo, piuttosto che la prospettiva dell'eterno. L'opera di Boccaccio è un ponte tra il Medioevo e il grande rinnovamento del Rinascimento. La sua prosa di straordinaria versatilità, capace di passare dai toni solenni delle costruzioni ricche di subordinate a grande secchezza narrativa e dialogica, rimarrà modello insuperato per lunghi secoli.

La vita e le opere

Nacque nel 1313 a Firenze, figlio illegittimo di ser Boccaccino di Chellino, ricco uomo d'affari di Certaldo, che l'avviò giovanissimo alla carriera finanziaria, portandolo con sé a Napoli (1327), dove si era trasferito in qualità di agente della banca dei Bardi, finanziatrice del re di Napoli Roberto d'Angiò.

 

Gli anni di Napoli e i primi scritti

Il trasferimento a Napoli segnò un momento decisivo nella formazione di Boccaccio. Mentre si dedicava alla pratica di banca, ebbe l'opportunità di frequentare gli ambienti signorili della città e la stessa corte angioina. Al 1334 risale la Caccia di Diana, poemetto allegorico-mitologico di 18 canti in terza rima in cui sono vagheggiate e celebrate le belle donne dell'aristocrazia napoletana.

Assai maggiore l'impegno riversato nella composizione del Filocolo (1336-38?), romanzo in prosa che narra un'avventurosa ed edificante storia d'amore: è la prima consistente testimonianza di un vitale bisogno espressivo. In esso appare per la prima volta, in veste di ispiratrice e dedicataria, una Fiammetta (Maria d'Aquino, figlia illegittima di re Roberto d'Angiò), che rimarrà privilegiato punto di riferimento della sua ideale autobiografia sentimentale. Attorno al 1335, o forse al 1339, Boccaccio lavorò al Filostrato, romanzo sentimentale in ottave sull'amore tradito di Troiolo per Criseida. Del 1339-41 è il più sofisticato Teseida delle nozze d'Emilia: un poema in 12 canti in ottave, che narra una vicenda d'amore sullo sfondo delle gesta guerresche di Teseo e delle Amazzoni.

Il ritorno a Firenze e le opere della maturità

Tra il 1340 e il 1341 Boccaccio ritornò a Firenze. Gli anni subito dopo il rimpatrio risultarono fecondi per lo scrittore che si avviava alla piena maturità. La Comedia delle ninfe fiorentine (1341-42), formata da testi poetici in un quadro di prosa, narra l'elevazione all'amore spirituale di un rozzo pastore, Ameto, da parte di sette ninfe. Un tragitto di avvicinamento all'amore e alla virtù si può riscontrare anche nell'Amorosa visione (1342-43), poema allegorico di 50 canti in terzine, architettato su modelli danteschi e intessuto di reminiscenze ovidiane. D'impianto essenzialmente realistico è invece il romanzo Elegia di madonna Fiammetta (1343-44), storia di travagli amorosi raccontata in prima persona dalla protagonista, in cui all'ambientazione nella Napoli dei suoi tempi risponde la continua evocazione del mondo esemplare della mitologia classica. Punto d'arrivo della produzione precedente il Decameron è il poema in ottave Ninfale fiesolano (1344-46?) che, partendo dalla narrazione dei tragici amori del pastore Africo e della ninfa Mensola, giunge a celebrare le leggendarie origini di Fiesole e Firenze; in esso alterna abilmente il realismo della letteratura popolare e il tono alto della poesia lirica.

Nell'epidemia di peste del 1348 gli era morto intanto il padre, oltre a vari amici e conoscenti. Subito dopo, tra il 1349 e il 1353, scrisse il suo capolavoro, la raccolta di novelle Decameron. Alla fine del decennio gli nacque Violante, illegittima, come gli altri figli, amorevolmente ricordata nelle epistole e nell'egloga XIV. Gli anni '50 e '60 lo videro onerato d'incarichi pubblici e missioni diplomatiche e attivissimo nello studio, nella scrittura e nelle relazioni con amici intellettuali. Di straordinaria importanza l'incontro, nel 1350, e l'amicizia con Petrarca. A questi anni risalgono le opere umanistiche in latino, destinate ad alimentare considerevolmente la sua fama in Europa. Ambizioso repertorio dei miti antichi, rivalutati come veicolo di verità morali e religiose, la Genealogia degli dei gentili (Genealogia deorum gentilium) culmina nell'appassionata difesa della poesia. Repertorio di conoscenze geografiche classiche e medievali è il Monti, selve, laghi, fiumi, stagni o paludi e nomi del mare (De montibus...). Un programma moralistico (il tema è quello del favorito dalla fortuna ridotto in miserevole stato da superbia e stoltezza) informa l'opera Delle sventure degli uomini illustri (De casibus virorum illustrium), compilazione di profili biografici che spazia da Adamo a Giovanni il Buono, re di Francia. Complementare, seppure non del tutto affine, è lo scritto Delle donne illustri (De mulieribus claris). Nel 1367 pubblicò le 16 egloghe del Bucolicum carmen, di ispirazione virgiliana e petrarchesca.

Risale forse agli anni 1354-55 la composizione del Corbaccio, libello in prosa volgare ispirato da una forte misoginia. Scosso da una lettera del beato Pietro Petroni che lo ammoniva ad abbandonare la poesia e a meditare invece sulla morte imminente, fu incoraggiato dallo stesso Petrarca a perseverare negli amati studi. A questo periodo (1361) risalgono l'Epistola consolatoria a Pino de' Rossi e forse la Vita di san Pier Damiani (Vita sanctissimi patris Petri Damiani heremite). Nel 1365 fu inviato in ambasceria presso la corte papale ad Avignone. Boccaccio fu grande ammiratore di Dante (nel 1351 aveva scritto un Trattatello in laude di Dante) e venne perciò invitato dal Comune di Firenze a dare pubblica lettura della Commedia dantesca; iniziate nell'ottobre del 1373, le lezioni (Esposizioni sulla Commedia di Dante) s'interruppero all'inizio del 1374 quando ritornò, malato, a Certaldo. Qui si spense il 21 dicembre 1375.

"Il Decameron"

Scritto negli anni immediatamente successivi alla peste del 1348, tra il 1349 e il 1353, il Decameron reca l'impronta dell'evento luttuoso. È infatti per sottrarsi all'epidemia e al degrado morale della vita fiorentina a essa conseguente, che i 10 giovani protagonisti della storia portante (Pampinea, Filomena, Elissa, Neifile, Emilia, Lauretta, Fiammetta, Panfilo, Filostrato, Dioneo) decidono, nel corso di un incontro casuale nella chiesa di Santa Maria Novella, di rifugiarsi nel contado. Nel salubre regime di vita comunitaria instaurato in villa, trova luogo, accanto a giochi, danze e gradevoli escursioni, anche il racconto di novelle, il cui tema è giornalmente imposto, per un totale di dieci giornate (da qui il titolo) dal re o dalla regina di volta in volta eletti dalla brigata. Da questa, che viene chiamata la "cornice" e giustifica la produzione narrativa, risulta così una compagine di 100 novelle, alle quali si aggiungono dieci canzoni a ballo intonate a turno dai giovani in fine di giornata.

Amplissimo è il catalogo dei materiali cui Boccaccio attinge, spesso modificando liberamente i contenuti del testo di partenza, talvolta dando vita a vere e proprie parodie. Nel Decameron trova artistica celebrazione la classe borghese-mercantile venuta alla ribalta in Italia tra Duecento e Trecento, una classe che a Boccaccio piacque contemplare nei suoi tentativi di nobilitarsi alla luce degli ideali cortesi. Fulgido modello umano risulta alla fine quel messer Torello da Pavia che, pur se "cittadino e non signore", appare dotato d'animo e modi splendidamente signorili, esibiti nel corso di una gara di cortesie con il Saladino, sultano del Cairo.

 

Una "Umana commedia"

Osservazione comune a lettori di ogni secolo, è che nel Decameron si concretizzi un progetto narrativo d'inusitata ambizione. E certo Boccaccio, nel pensare all'opera come quadro grandioso della vita, di tutta la vita, con le sue luci e le sue ombre, nella sua infinita capacità di coinvolgere chi la contempla, occasione continua di meraviglia ed emozione, di riflessione psicologica e giudizio morale, teneva presente il grande modello della Commedia dantesca. Quella di Boccaccio è dunque una "Umana commedia", caratterizzata da un deciso concentrarsi dell'interesse sull'umano agire nel mondo per il mondo, piuttosto che nella prospettiva dell'eterno.

Il realismo del Decameron è da intendere, tra l'altro, come predilezione per vicende collocate nel presente, in luoghi individuati con precisione, rappresentazione non esclusivamente a fini comici di personaggi che incarnano i più bassi strati sociali. Boccaccio adotta dunque una poetica in cui non hanno più luogo l'esibizionismo erudito e il gusto mitologico, abbandona le sovrastrutture allegoriche, si fa avvocato dei diritti all'appagamento sessuale, propone continuamente all'ammirazione del lettore le risorse pragmatiche dell'individuo, il valore azione in quanto azione. Se è giusto riconoscere che sul Decameron il Medioevo accampa diritti non indifferenti, è perciò quasi impossibile non vederlo anche come vivido ed esaltante preludio alla grande stagione del pensiero e della letteratura rinascimentali.

Vita e opere di Giovanni Boccaccio in sintesi

La vita Nasce nel 1313 a Firenze, figlio illegittimo di un ricco uomo d'affari. Trascorre il periodo della formazione a Napoli, dove frequenta gli ambienti signorili e la corte di Roberto d'Angiò e scrive le prime opere. Nel 1340-41 ritorna a Firenze. Qui svolge importanti incarichi pubblici e diplomatici e scrive le opere della sua maturità. Muore a Certaldo nel 1375.
Le opere giovanili del periodo napoletano Filocolo (1336-38?), romanzo sentimentale in prosa; Filostrato (1335 o 1339), poema narrativo in ottave la cui materia è l'amore tradito di Troiolo per Criseida; Teseida delle nozze d'Emilia (1339-41?), composto da 12 canti in ottave sullo sfondo delle gesta guerresche di Teseo e delle Amazzoni.
Il ritorno a Firenze e le opere della maturità Amorosa visione (1342-43), poema allegorico di 50 canti in terzine, architettato su modelli danteschi e intessuto di reminiscenze ovidiane. L'Elegia di madonna Fiammetta (1343-44) narra una storia di travagli amorosi raccontata in prima persona dalla protagonista. Il Ninfale fiesolano (1344-46?), poema in ottave, parte dalla narrazione dei tragici amori del pastore Africo e della ninfa Mensola, per giungere a celebrare le leggendarie origini di Fiesole e Firenze: è la sua opera più matura prima del Decameron.
Il "Decameron" Il Decameron, raccolta di 100 novelle inquadrata in una "cornice" narrativa (1349-53), è il capolavoro del Boccaccio. Un realismo attento alla definizione di un'umanità reale, e al tempo stesso votata a una profonda dignità, rende quest'opera l'esempio narrativo di una straordinaria commedia umana.