La poesia

Pervigilium Veneris

Della Anthologia Latina fa parte il Pervigilium Veneris (La veglia sacra di Venere), uno dei più notevoli esempi di poesia lirica dell'ultimo periodo della letteratura latina. Anonimo, databile tra il II e il IV secolo e attribuito ora a Floro, ora ad Apuleio, ora a Nemesiano, è un grazioso carme in 93 settenari trocaici, in cui i versi, suddivisi in strofe irregolari, sono intercalati dal ritornello "chi non ha mai amato, domani amerà, chi amò già, amerà", chiaro invito all'amore nei giorni dedicati alla dea. È infatti un inno a Venere, dea dell'amore e forza vivificatrice della natura; forse doveva essere cantato da un coro di fanciulle in occasione della festa notturna (pervigilium) che si celebrava a Ibla, in Sicilia, ai piedi dell'Etna, per festeggiare l'arrivo della primavera. In questa occasione si celebravano le nozze di tutti gli esseri, di cui restano famose quelle delle rose che "sono nate dal sangue di Venere e dai baci d'Amore". Il carme si chiude con un vivace quadro degli animali che sono lieti delle loro recenti unioni e con il desiderio espresso dal poeta: "Quando viene per me la primavera?" Suggestivo nella sua apparente semplicità, il carme nasconde nel tono popolare tratti di arte raffinata e motivi di chiara derivazione greca, echi lucreziani e virgiliani. La lingua, postclassica, non è esente da volgarismi. L'opera è stata considerata talvolta un canto popolare, talvolta una produzione dotta.