Il periodo delle origini

La prosa: diritto, cronaca e oratoria

La prosa dei secoli delle origini, pur non facendo parte della comunicazione letteraria, contribuì all'evoluzione linguistica e, pertanto, a creare l'ambiente adatto alla nascita della letteratura.

Il diritto

Non si possiede nulla purtroppo di molti documenti storicamente importanti: è questo il caso dei trattati (foedera) di alleanza, di pace, di commercio con i vari popoli con cui i romani di volta in volta venivano in contatto, come quello commerciale con Cartagine del 509 a.C. e il patto con la Lega Italica del 493 a.C. Gli storici romani riportano un arido elenco di trattati, che non riferisce nulla sulla sostanza dei patti conclusi, né sui principi del primitivo diritto internazionale.

Anche delle leges regiae (leggi regie), che si facevano risalire a Romolo e ai suoi successori, non sono rimasti che pochi frammenti riportati da giuristi posteriori. Sicuramente non erano scritte ma tramandate oralmente all'interno della classe dominante; si basavano probabilmente su norme consuetudinarie riguardanti il rituale sacrale e il diritto privato. Secondo la tradizione sarebbero state raccolte da un pontefice, Sesto Papirio, all'epoca di Tarquinio il Superbo in un libro, lo Ius civile Papirianum.

Enorme importanza storica e giuridica hanno le Leggi delle XII Tavole, la prima legislazione scritta del diritto romano, che Livio, secoli più tardi, definì "la fonte di ogni diritto pubblico e privato". All'epoca di Cicerone costituivano ancora un importante testo scolastico. Dietro le richieste sempre più impellenti della plebe, che esigeva una maggiore certezza del diritto, vennero redatte da una commissione di dieci magistrati, i Decemviri legibus scribundis, nel 451-450 a.C. e scritte su dodici tavole di bronzo esposte nel Foro. Hanno anche grande rilevanza dal punto di vista letterario: pur non essendo l'originale ma versioni posteriori in cui è stato modificato qualche vocabolo, sono il primo documento di prosa organizzata del periodo delle origini. Lo stile è conciso: Se un ladro ruba di notte, e il derubato lo uccide, venga ritenuto ucciso legalmente. Oppure: Nei riguardi di uno straniero vale il diritto di rivendicazione. O ancora: Se un padre avrà venduto il figlio per tre volte, il figlio sia libero dalla patria potestà. Pur non escludendo un'influenza greca, le leggi sono chiaramente il frutto delle consuetudini dei romani e del loro senso pratico. Le XII Tavole non costituiscono un complesso sistematico di tutto il diritto privato e pubblico, sono un importante passo in avanti verso la parificazione dei diritti dei cittadini romani. La sostituzione del diritto consuetudinario con uno scritto rappresentava una grande conquista della plebe; era stato, infatti, interesse dei ceti dominanti, che detenevano il monopolio del potere giudiziario, mantenere una legislazione affidata alla memoria dei giudici.

La cronaca

Grande importanza avevano per i romani i "fasti", un vero e proprio calendario civile, redatto dai pontefici. Riportava i giorni dell'anno in cui era lecito dedicarsi alle attività pubbliche (fasti), e quelli in cui non era lecito per motivi religiosi (nefasti). Vi erano inoltre annotati le cerimonie, i mercati, le calamità naturali, gli spettacoli, gli avvenimenti astronomici, i prodigi. In seguito la parola fasti (fasti consulares; fasti pontificales; fasti triumphales) indicò anche gli elenchi dei magistrati in carica annuale, gli atti ufficiali, le vittorie militari.

Più tardi, il collegio dei pontefici pubblicò ogni anno sulla Tabula Dealbata (tavola bianca), esposta presso la Regia (sede del pontefice massimo e del rex sacrorum), non solo i nomi dei magistrati, ma anche gli avvenimenti di pubblica importanza, civile, religiosa, commerciale e militare. Questi documenti, scritti e consultabili con il nome complessivo di annales, registravano il ricordo di avvenimenti fondamentali e perciò fornivano una storia del popolo romano.

Nel sec. II a.C., riuniti in 80 volumi per ordine del pontefice Publio Muzio Scevola, presero il titolo di Annales Maximi. Sfortunatamente un incendio aveva in gran parte distrutto le annate anteriori al 390 a.C.: per questo sono poche le notizie attendibili dei primi secoli della storia di Roma.

Tutti i più importanti magistrati, come i consoli, i questori e i censori, redigevano diari, i commentarii, in cui registravano accuratamente i fatti salienti della loro magistratura e i provvedimenti presi. Era una memorialistica del tutto privata, che però poteva diventare pubblica quando i commentarii venivano depositati presso il collegio dei pontefici. Anche i vari collegi sacerdotali annotavano i loro atti nei Libri pontificum, nei Libri augurum, nei Libri saliorum.

L'oratoria e Appio Claudio Cieco

Fin dalla nascita della repubblica, l'oratoria ebbe importanza rilevante, in quanto l'arte del parlare e del convincere dava fama, successo, potere ed era base necessaria della carriera politica. Adatta all'indole pragmatica dei romani, essa costituiva l'unica attività intellettuale degna di un cittadino di ceto elevato. Non si conosce nulla degli oratori precedenti Appio Claudio Cieco, il primo di cui si hanno notizie storiche sicure. Patrizio di origine (sec. IV-III a.C.), molto aperto ai problemi sociali della sua epoca, nel 312, da censore, introdusse uomini nuovi in Senato, persino figli di liberti. Fece costruire il primo acquedotto (Aqua Appia) e dette inizio ai lavori della via Appia (regina viarum), la prima grande strada militare che conduceva a Capua. Fu console nel 307 e nel 296; partecipò alle guerre sannitiche e, ormai vecchio e cieco, persuase il Senato a respingere la pace offerta da Pirro, re dell'Epiro, pronunciando (280) un famoso discorso cui Cicerone alludeva come al primo discorso ufficiale mai pubblicato a Roma. Scrisse un Carmen de moribus, raccolta di massime moraleggianti in versi saturni fra cui, delle tre rimaste, la celebre: "Ognuno è artefice del proprio destino" è la più famosa. Non si sa se nei suoi scritti subì il fascino della cultura greca. Si interessò anche di diritto, facendo raccogliere e pubblicare dal suo segretario, Gneo Flavio, il cosiddetto Ius Flavianum, la prima opera latina di procedura giudiziaria. La tradizione gli attribuisce anche una riforma ortografica, con l'introduzione della consonante r intervocalica, al posto della s, e l'abolizione della z.