Catullo

Una vita breve

Gaio Valerio Catullo (Verona 87/84-Sirmione 57-54 a.C.) ebbe una vita breve ma molto intensa, perché trascorsa negli ambienti raffinati e decadenti dell'alta e colta società romana. Le notizie biografiche su di lui sono scarse e per lo più ricostruibili dai cenni contenuti nelle sue liriche. Nacque nella Gallia Cisalpina e sulla data esistono incertezze: san Girolamo, infatti, che si servì di Svetonio come fonte, riferisce che nacque nell'87 e che morì a trent'anni, nel 57 a.C.; questa data però non può essere accettata perché alcuni versi del poeta contengono allusioni indiscutibili a vicende degli anni 55-54; la sua morte avvenne pertanto intorno al 54 a.C. e la nascita va pertanto posticipata all'anno 84, se si vuole mantenere la notizia della morte a trent'anni, oppure la sua esistenza va ritenuta più lunga di tre anni, se si fa fede alla data di nascita tramandata da san Girolamo. Era di famiglia aristocratica e facoltosa, che possedeva una villa a Sirmione, una dimora a Roma, beni in Sabina e una villa a Tivoli, e che si poteva permettere di ospitare personaggi di primo piano della vita politica contemporanea, come Quinto Cecilio Metello Celere, governatore della Gallia Cisalpina o come lo stesso Cesare quando, proconsole nelle Gallie, sostava nella città dell'Adige. Ricevette un'ottima educazione letteraria, che approfondì in seguito nella capitale, e incominciò da giovanissimo a comporre poesie d'amore.

Poco più che ventenne si trasferì a Roma, con ambizioni solo mondane e intellettuali, non politiche. Per la sua origine fu accettato facilmente dalle famiglie aristocratiche e trascorse una vita di agi, brillante e dissoluta. Si legò in amicizia con alcuni giovani poeti, definiti con disprezzo da Cicerone neóteroi (poeti nuovi), come Elvio Cinna e Licinio Calvo, condividendo con loro una vita d'amore e di spensieratezza. Si tenne lontano dagli impegni politici e dall'oratoria forense, che pure erano sempre l'attività privilegiata dei ricchi intellettuali romani. Predilesse quindi la tranquillità degli studi e degli affetti, in sintonia con il clima di crisi dell'ultima età repubblicana, in cui si andavano sgretolando gli ideali austeri dei costumi degli antenati.

L'amore per Lesbia

Conobbe lo storico Cornelio Nepote, l'oratore Ortensio Ortalo, il politico Gaio Memmio. E, soprattutto, si innamorò perdutamente di Clodia, moglie di Q. Cecilio Metello e sorella del tribuno della plebe P. Clodio Pulcro, una dama del gran mondo, affascinante, elegante e coltissima, ma di vita e costumi spregiudicati, che passava da un amante all'altro, e che Cicerone bollò con espressioni di sarcasmo nella sua orazione Pro Caelio. Per lei bruciò la sua breve esistenza e divenne il primo poeta d'amore della letteratura latina, e anche il primo poeta romantico. Nelle sue liriche chiamò Lesbia la donna amata, in ricordo della poetessa Saffo, nata appunto nell'isola di Lesbo. Oltre alle vicende legate a questa lacerante passione tra odio e amore, che coinvolse interamente l'esistenza e la poesia di Catullo, poco altro si sa di lui. Si allontanò poco da Roma per andare nelle ville di Tivoli e di Sirmione; tra il 58 e il 57 compì un viaggio in Bitinia, al seguito del propretore G. Memmio (a cui Lucrezio dedicò il suo poema), nel tentativo di risanare la propria situazione economica e per visitare, nella Troade, la tomba del fratello. Al ritorno si rifugiò, cercando pace e riposo, nell'amata Sirmione, dove morì.