La specie umana

L'evoluzione

Secondo le teorie evoluzionistiche, gli antenati degli esseri umani sarebbero dei primati, cioè scimmie, dall'andatura eretta, da cui col passare del tempo sarebbero derivati i diversi tipi di ominide, cioè di esseri affini ai primati e ormai appartenenti alla famiglia umana. Dai ritrovamenti dei paleontologi sappiamo però che questi esseri, pur somaticamente assai simili all'attuale specie umana, se ne differenziavano per l'inferiore livello intellettivo. A lungo si è ritenuto che l'evoluzione abbia man mano modificato alcuni caratteri di questi antichi nostri progenitori sino a dar vita a un genere di ominidi caratterizzati da una massa cerebrale più grande, assai più intelligenti dei predecessori, capaci di creare utensili: l'Homo sapiens. In realtà, dalle scoperte compiute nella seconda metà degli anni '50 in Tanganica, è emerso che l'utilizzo di utensili precede la comparsa dell'uomo attuale: già nel Pleistocene (ossia almeno un milione di anni prima della comparsa dell'Homo sapiens) venivano forgiati utensili di pietra.

Gli studiosi sono attualmente concordi nel ritenere che la comparsa dell'uomo derivi non tanto da un processo biologico ­ che aumentando la massa cerebrale avrebbe consentito ad alcuni individui l'invenzione di utensili e di forme comunicative più elaborate ­ quanto piuttosto da uno sviluppo culturale che in qualche modo è stato antecedente all'evoluzione della specie umana. L'uso di strumenti e l'elaborazione di codici linguistici, insieme alla formazione di comunità sociali, svolsero quasi certamente un ruolo di rilievo nel processo evolutivo. Tali elementi conferirono agli antenati della specie umana capacità di sopravvivenza superiori a quelle di altri animali. I gruppi che ne disponevano erano in grado, rispetto a quelli che ne erano privi, di esercitare sull'ambiente un controllo molto più incisivo: gli ominidi capaci di costruire e utilizzare armi e dotati di migliori sistemi di comunicazione ebbero maggiore probabilità di organizzare spedizioni di caccia efficaci, riuscendo a prevalere anche su predatori che da un punto di vista fisico erano certamente più dotati. Quel primo embrione di cultura rese così alcuni ominidi dei soggetti adatti alla sopravvivenza, malgrado la loro natura debole e destinata altrimenti a soccombere. Con l'apparizione della specie umana vera e propria (Homo sapiens sapiens), lo sviluppo culturale divenne sempre più intenso, tanto da rendere tale specie infinitamente distante anche dagli antenati a lei più prossimi e somaticamente simili e consentirle la realizzazione di imprese del tutto impraticabili da un punto di vista puramente naturale. La produzione culturale ormai inscindibile con l'essere umano fa sì che non siamo più vittime indifese dell'ambiente: creiamo il nostro ambiente sociale inventando e condividendo le regole e i modelli di comportamento che disciplinano la nostra vita e utilizziamo la nostra conoscenza appresa per modificare l'ambiente naturale. Ciò che rende possibile un tale prodigio è la trasmissione culturale e la vita sociale che ne deriva. Se non ci fosse una cultura trasmessa dal passato, ogni nuova generazione dovrebbe risolvere i problemi più elementari ricominciando ogni volta da zero: sarebbe costretta a escogitare un sistema sociale, a inventare un linguaggio, a scoprire il fuoco, la ruota e così via.