La crisi della Repubblica

Dalla Guerra sociale alla dittatura di Silla

Il partito degli ottimati governò da allora incontrastato per una decina d'anni. Nel 91 a.C. ottenne il tribunato Livio Druso (figlio del precedente). Le sue proposte (promozione di alcuni cavalieri a senatori e concessione della cittadinanza agli Italici) provocarono l'ostilità del senato che lo fece uccidere. Dopo questo fatto i soci (da cui il nome Guerra sociale) Italici si ribellarono per ottenere l'indipendenza da Roma. Molte popolazioni, guidate dai Marsi e dai Sanniti, crearono uno stato federale italico con capitale Corfinio (che fu detta Italica). I Romani richiamarono Mario per combattere contro i Marsi, mentre le altre operazioni furono condotte da Pompeo Strabone e Cornelio Silla, eletto console nell'88 a.C. Quando Roma decise di concedere la cittadinanza a coloro che non si erano ribellati o avessero deposto le armi, la lotta si affievolì ma l'esercito romano piegò definitivamente la resistenza dei Sanniti solo nell'80 a.C. Nel frattempo, il re del Ponto Mitridate si preparava a guidare alla ribellione tutti gli stati greci e asiatici soggetti a Roma. Il senato decise di inviare in Asia Silla. Nello stesso tempo, il tribuno Sulpicio Rufo, che proponeva di dividere gli Italici nelle 35 tribù già esistenti e non di crearne delle nuove, fece votare questa proposta, insieme a quella di mandare Mario in Asia, da senatori e cavalieri, i quali, non gradendo Silla, le approvarono entrambe. Silla, contrariato, dopo aver sconfitto i seguaci di Mario (che fuggì), marciò su Roma impadronendosene. Nell'87 a.C. ottenne di nuovo il comando delle truppe dirette in Oriente. In Grecia saccheggiò ed espugnò Atene alleata di Mitridate. Mario, aiutato dal console Lucio Cornelio Cinna, a capo di un esercito entrò in Roma massacrando i nemici del partito popolare. Un anno dopo, nell'86 a.C. morì. Silla, in Asia, vinse Mitridate e, nell'83 a.C., tornò in Italia. Con l'aiuto di Gneo Pompeo, combatté i seguaci di Mario e gli Italici, sconfiggendoli entrambi. Si fece quindi nominare dittatore e iniziò una serie di feroci repressioni a danno di tutti gli avversari. Confiscò diverse terre che andarono ai suoi soldati e si arricchì a spese dei perseguitati. In politica interna restaurò il potere del senato, limitò quello dei tribuni e dei cavalieri. Infine, nella sorpresa generale, abdicò alla dittatura e si ritirò a Pozzuoli dove morì nel 78 a.C.