Tra Repubblica e Impero: il Principato di Augusto

Augusto princeps

Dopo la vittoria di Azio contro Antonio, Ottaviano cercò di consolidare il suo potere, evitando atti che potessero farlo sospettare di aspirare al dominio assoluto. Nel gennaio del 27 a.C. il senato gli confermò le funzioni precedenti e gli conferì un potere militare (imperium) decennale e il governo di un certo numero di province; ricevette inoltre il titolo di Augusto (termine che indicava un'autorità quasi sacra, sottolineandone la dignità) e altre onorificenze simboliche. Dal 31 al 23 a.C. fu ininterrottamente console; non potendo avere il consolato a vita, si fece assegnare, nel 23 a.C., un imperium proconsulare maius et infinitum, cioè un ampio potere senza limiti temporali sulle province e sull'esercito, superiore a quello dei proconsoli, oltre alla tribunicia potestas, cioè la totalità dei poteri dei tribuni, con diritto di veto e facoltà di proporre e far approvare le leggi che egli stesso, come princeps senatus (capo del senato), aveva il diritto di votare per primo. Nel 23 a.C. erano dunque poste le basi costituzionali del Principato; altre connotazioni essenziali del nuovo regime prenderanno corpo in seguito, per esempio il pontificato massimo nel 12 a.C. alla morte di Lepido e il titolo di “padre della patria” nel 2 a.C.

Politica estera e riforme amministrative. In campo militare Ottaviano ridusse il numero delle legioni a 28, dalle 60 delle guerre civili, e costituì una guardia personale del principe (guardia pretoriana) comandata da due prefetti equestri. Il collocamento in congedo dei veterani richiese la fondazione di colonie e l'istituzione di una cassa apposita, l'erario militare (6 d.C.). In politica estera Augusto rafforzò i confini settentrionali dell'Impero con una serie di campagne militari e con l'istituzione di nuove province: il Norico (parte dell'Austria), la Pannonia (attuale Ungheria), la Mesia (tra il Mar Nero e i Balcani) e la Rezia (Trentino Alto Adige e parte della Svizzera). Il tentativo di penetrazione della Germania, fino all'Elba, fu interrotto dall'insurrezione di tribù germaniche (9 d.C.) guidate da Arminio. Il confine fu così stabilito al fiume Reno. In campo amministrativo Augusto riformò il sistema dei servizi (corpi di polizia, riscossione delle imposte, censimenti periodici di tutta la popolazione), l'amministrazione della città di Roma (con a capo il prefetto urbano), dell'Italia (ripartita in undici regioni) e delle province (divise in imperiali, ovvero quelle non pacificate e direttamente dipendenti dal principe, e senatorie, sottoposte al governo del senato).

Senato, cavalieri e funzionari. Il senato, pur avendo perso importanza dal punto di vista politico, fu coinvolto nell'amministrazione dell'Impero. Dal senato provenivano i proconsoli, amministratori delle province pubbliche, i comandanti degli eserciti, gli addetti alle opere pubbliche (curatores) e il praefectus urbi (prefetto urbano) che esercitava poteri di polizia. Solo i senatori più ricchi o i loro figli potevano percorrere la carriera politica (cursus honorum) fino alle cariche più alte, dalla questura al consolato. Generalmente i consoli, dopo sei mesi o meno, abbandonavano la carica, cedendo il posto a sostituti (suffecti), garantendo un ricambio che accontentava un gran numero di aspiranti. Coloro che possedevano almeno 400 000 sesterzi, per diritto di famiglia o per concessione dell'imperatore, potevano aspirare alla carriera equestre. I cavalieri potevano diventare governatori (praefecti) e amministratori del fisco delle province imperiali. Potevano inoltre aspirare alla carica di “prefetto del pretorio” (capo della guardia personale del princeps) o alla prefettura in Egitto, provincia considerata dominio personale di Augusto. I comizi persero tutto il loro potere, limitandosi ad acclamare i candidati scelti dal senato a sua volta influenzato dalle decisioni del princeps. Augusto creò anche una fitta rete di funzionari con i quali controllava l'attività degli organi repubblicani e governava le province imperiali. Essi erano nominati e dipendevano direttamente da Augusto che dava loro anche una retribuzione, a differenza di quanto avveniva per i magistrati della Repubblica che svolgevano i loro compiti gratuitamente. La carriera dei funzionari prevedeva promozioni per i più meritevoli che potevano anche aspirare a diventare membri del senato.

L'organizzazione del consenso. Ottaviano riuscì a creare attorno a sé un clima di consenso e di riconoscenza per la pace che era finalmente tornata dopo anni di lotte intestine, di persecuzioni tra avversari politici e di instabilità amministrativa. Tale consenso fu anche frutto di una incisiva attività propagandistica. Augusto si presentò come il restauratore del vecchio ordine, degli antichi valori morali e religiosi. Tali messaggi venivano ampiamente diffusi attraverso tutti i canali della comunicazione allora disponibili (epigrafi, monete, oggetti d'arte e monumenti), oltre che dall'attività del circolo di Mecenate che raccoglieva i massimi artisti e letterati del tempo, come Virgilio, Orazio, Livio, Tibullo, Properzio. La restaurazione religiosa, oltre che dal ritorno ai culti arcaici (Augusto fece restaurare vecchi templi in rovina e riorganizzò i collegi sacerdotali di cui egli stesso fece parte), fu caratterizzata dalla nascita di forme di culto alla persona del principe che, spontanee in Oriente, furono associate in Occidente e in Italia alla dea Roma. Il nuovo equilibrio garantì una ripresa generale della vita civile e dell'economia; furono restaurati vecchi edifici e ne furono costruiti di nuovi per abbellire la città di Roma. Sorsero numerosi templi, basiliche, piazze e portici (il Pantheon, il teatro di Marcello, l'Ara pacis).

La questione della successione. Augusto si preoccupò di assicurare una trasmissione pacifica del suo potere. Teoricamente sarebbe spettato al senato designare il successore, ma grande importanza avevano ormai acquisito anche i cavalieri e i funzionari imperiali. Augusto pensò a una successione ereditaria e, non avendo figli maschi, individuò possibili successori che via via adottò (in particolare i nipoti Marcello, Gaio e Lucio), ma ai quali egli sopravvisse. Fu pertanto indotto ad adottare, nel 5 d.C., Tiberio, appartenente alla potente famiglia dei Claudi e figlio di primo letto della seconda moglie Livia e a conferirgli riconoscimenti istituzionali quali la potestà tribunizia e l'imperium proconsulare maius associandolo al governo imperiale e preparandolo ad accogliere la sua eredità.