Lessico

sf. [sec. XVII; da estruso]. Atto ed effetto dell'estrudere. Con accezioni specifiche: A) nella tecnica, processo di formatura di semilavorati metallici, di manufatti in materie plastiche o elastomeriche, di prodotti argillosi (mattoni, tubazioni, ecc.) realizzato mediante deformazione plastica. B) In geologia, fuoruscita alla superficie di materiale solido, fluido e gassoso in conseguenza di attività vulcanica; si contrappone a intrusione. Per estensione, corpo eruttivo costituito da materiale lavico molto viscoso che, incapace di espandersi lateralmente, si solidifica parzialmente già entro il condotto dal quale viene lentamente estruso, in forma di grossa guglia, da altro magma in ascesa, mentre ai fianchi i gas si liberano violentemente formando nubi ardenti. Esempio classico è stato la belonite della montagna Pelée (Martinica, 1902-04). C) In tettonica, l'inserimento di un nucleo di rocce più rigide, appartenenti al substrato, nella soprastante copertura meno resistente, sotto l'azione di forze deformanti.

Tecnica: semilavorati metallici

La formatura di semilavorati metallici (barre, fili, profilati, tubi, pezzi continui, pezzi singoli) mediante estrusione si realizza con presse nelle quali un punzone o pistone comprime un massello contro una matrice (o una filiera), attraverso cui è costretto a fluire, per effetto della pressione, il materiale di cui è composto il massello. L'estrusione è detta diretta "Per lo schema A vedi il lemma dell'8° volume." "Vedi schema A vol. IX, pag. 196" quando il materiale estruso fluisce nella stessa direzione del movimento del punzone, indiretta "Per lo schema B vedi il lemma dell'8° volume." "Vedi schema B vol. IX, pag. 196" se il materiale fluisce in senso contrario; nell'estrusione indiretta il punzone stesso, opportunamente sagomato o forato, funge, da solo o con il concorso di apposito utensile, da matrice. L'estrusione può essere effettuata a freddo o a caldo, secondo la plasticità del metallo che viene trattato e dei risultati che si vogliono ottenere. Nel caso di estrusione a caldo il massello da estrudere deve essere portato a una temperatura superiore a quella di ricristallizzazione. Tutti i metalli adatti alla lavorazione plastica, dalle leghe non ferrose agli acciai, possono essere sottoposti a estrusione. I prodotti ottenuti per estrusione sono caratterizzati da una struttura compatta e a grana fine e hanno proprietà meccaniche superiori a quelle dei pezzi ottenuti per fusione; inoltre l'orientamento delle fibre li rende adatti a resistere a sollecitazioni elevate. Notevole importanza riveste il trattamento preliminare del massello o dello spezzone da estrudere, che deve essere disincrostato, sottoposto a decapaggio e reso esente da difetti superficiali. Per diminuire l'attrito causato da eccessiva aderenza tra la barra e la matrice, si devono usare opportuni lubrificanti: si evitano così lacerazioni sulla superficie esterna dell'estruso e una troppo rapida usura della matrice. A tal fine è spesso necessario che la preparazione preliminare della superficie venga completata con la deposizione di un opportuno supporto per il lubrificante (nel caso degli acciai si può usare uno strato di fosfato): i lubrificanti più usati sono grafite, sali, borace, vetro fuso. La forza necessaria per l'estrusione, che dipende essenzialmente dal materiale da estrudere, può arrivare a 2000÷2500 t. Le matrici, i punzoni, le filiere, ecc., date le elevate sollecitazioni a cui sono sottoposte, vengono costruite in acciaio per utensili resistente al calore, con eventuali rivestimenti di stellite. Per le matrici delle presse usate nell'estrusione a caldo possono essere previsti dei sistemi di raffreddamento a circolazione di acqua.

Tecnica: materiali plastici ed elastomerici

L'estrusione di materiale plastico ed elastomerico, basata sulla forzatura del materiale fuso attraverso idoneo orifizio, viene utilizzata per: formatura di manufatti a sezione costante, soffiatura di corpi cavi (per mezzo di aria compressa) in stampi collegati alla matrice, ricopertura di cavi metallici, produzione di film plastici e loro accoppiamento a strati metallici, accoppiamento di due estrusi per ottenere manufatti bicolori, e per la filatura dei prodotti sintetici. L'estrusione si realizza in apparecchiature (estrusori) costituite da un cilindro orizzontale, cavo all'interno, riscaldato a olio o con resistenze elettriche dall'esterno, in cui ruota una vite che trascina il materiale introdotto attraverso una tramoggia; a un'estremità è posta una matrice portante un orificio calibrato (o una filiera) che impartisce una sezione costante al pezzo in produzione. Nel tragitto fra la tramoggia e la matrice, lo spazio tra la vite e il cilindro diminuisce, per cui il materiale plastico, fuso dal calore, sottostà a una progressiva pressione che, associata al movimento rotatorio della vite, favorisce l'omogeneizzazione del fuso e la sua fuoruscita attraverso l'orificio. All'esterno, un sistema di raffreddamento ad acqua o aria stabilizza l'estruso nella forma impartita. La tecnica, di per sé semplice, diviene in realtà molto complessa a causa della sensibilità al calore dei materiali plastici i quali, sottoposti a notevoli sforzi di taglio tra vite e cilindro, tendono a degradarsi. Per ovviare a tali inconvenienti è studiata per ogni tipo di plastica o di elastomero una vite opportuna che realizza contemporaneamente il più alto grado di miscelazione, la più alta portata e la minor degradazione possibili. Se tali caratteristiche non possono essere soddisfatte con un estrusore a una vite, si ricorre a varianti quali il tipo bivite, formato da due viti controrotanti ad assi paralleli (usato soprattutto per materiali in polvere) o da due viti in cascata, in pratica due estrusori accoppiati in un'unica carcassa. Se inoltre durante la fusione si originano gas, questi possono essere eliminati attraverso un'apertura (vent), posta sottovuoto, al fine di eliminare soffiature e bolle nel prodotto. Lungo il cilindro la temperatura è regolata a zone, in modo da fornire il calore a diversi livelli di temperatura: inferiore nella fase di alimentazione, più elevata nella zona di fusione, intermedia in quella di omogeneizzazione, più alta nella matrice, anche per impartire lucentezza al manufatto. In linea con l'estrusore vi sono apparecchiature secondarie come il calibratore, sotto vuoto o in pressione (che serve a far aderire l'estruso a una superficie della stessa forma al fine di stabilizzarlo), il traino, la taglierina, le bobine di avvolgimento per fili e film, la centralina termica, la pompa a vuoto o compressore, le vasche di raffreddamento, ecc. Particolarmente importante è la tecnica della coestrusione-soffiaggio, per la produzione di film plastici con l'accoppiamento, al momento del soffiaggio, di materiali aventi diverse caratteristiche fisiche, e, soprattutto, per il riciclo di materie plastiche recuperate. Più estrusori (fino a 5) alimentano contemporaneamente altrettante filiere concentriche: dal materiale estruso vengono poi ottenuti, con le tecniche tradizionali, il film plastico accoppiato, o contenitori industriali di varia forma e capacità. Con questa tecnica si possono ottenere, per esempio, contenitori a tre strati: quello interno (circa il 15% del totale), che resta a contatto col contenuto, è costituito da materiale vergine non colorato; quello centrale (circa il 60%) è costituito da materiale plastico riciclato; lo strato esterno, infine (25%) è quasi sempre colorato, per motivi estetici.

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora